Basta, non permettiamo altri crimini
Adam Schapiro, un sociologo americano e Perla Issa, palestinese che vive in Libano, hanno raccolto in un documentario testimonianze sulle condizioni tragiche dei palestinesi in Iraq. Si sono dedicati ad aiutare i palestinesi a lasciare l' Iraq. Perla l'abbiamo invitata al Parlamento Europeo per partecipare ad un incontro con la Delegazione per i rapporti con il Consiglio legislativo palestinese e sensibilizzare l'Europa e il Parlamento sulla condizione dei profughi e chiedere all'Unione e ai governi europei di intervenire. «Il documentario e il nostro impegno hanno una funzione mirata: persuadere i dirigenti dei governi nazionali a concedere asilo politico ai rifugiati palestinesi provenienti dall'Iraq» ha detto Perla. «Adam e io andiamo in giro per il mondo, da un'istituzione nazionale all'altra, per parlare direttamente con i governi, sondare eventuali disponibilità politiche e cercare di aprire così varchi di salvezza per i rifugiati».
«La situazione è molto delicata - ci ha spiegato Perla Issa - dobbiamo trovare il giusto equilibrio nell'esposizione mediatica. Sollevare troppo la questione potrebbe avere come effetto quello di aggravare la situazione dei palestinesi ancora in Iraq. E' giusto che il problema diventi di dominio pubblico, ma crediamo che sia risolvibile solo a livello politico-istituzionale. Stiamo chiedendo a tutti i governi di accettare i palestinesi iracheni. La nostra recente visita in Cile è stata, in questo senso, molto proficua. Il Cile, pur non essendo tradizionalmente un paese aperto ai profughi, ha accettato di accogliere duecento palestinesi come rifugiati. Ed il risultato è che probabilmente il campo di Ruwayshid potrà essere chiuso. Siamo ora in contatto con altri paesi in America Latina e in Europa e la nostra prossima missione sarà in Yemen, dove l'Unhcr sta tentando di costruire un centro di evacuazione temporaneo».
L'Unione europea è chiamata a sostenere quest'ultimo progetto, ma la sua responsabilità principale deve essere quella di fare pressione sui singoli governi nazionali, affinché accolgano gruppi di rifugiati palestinesi. La Comunità internazionale intera deve considerare il caso e riconoscerne la tragedia, innanzitutto chiedendo a Giordania e Siria di aprire le frontiere e ad Israele, responsabile per i profughi del '48 e del '67, di aprire alle vittime palestinesi irachene la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. L'Italia stessa, tra i paesi in Europa piu' sensibili al problema, deve fare il possibile per dare un contributo concreto.
Ad oggi l'azione dell' Unhcr ha trovato una soluzione solo per un totale di 62 rifugiati (54 accolti dal Canada e 8 dalla Nuova Zelanda), mentre Adam e Perla agendo in modo indipendente e andando a parlare direttamente con i governi, sono già riusciti a trovare una soluzione per altri duecento e ad aprire le trattative con Brasile e Sud Africa, ma la soluzione più giusta sarebbe quella di impedire la persecuzione dei palestinesi e chiedere al governo iracheno e alle forze occupanti di difenderli e proteggerli. Ma ancor più giusto sarebbe permettere l'accoglienza dei profughi nella loro terra: i territori occupati palestinesi. Israele si oppone ammantando le solite questioni della sicurezza, i palestinesi iracheni potrebbero essere estremisti pericolosi, e il governo palestinese senza sovranità per poter decidere di accoglierli. Bisogna fare presto, le loro vite sono in pericolo e la comunità palestinese irachena subisce, dopo quella del 1948, una nuova Nakba.
Le nostre responsabilità e quelle della Comunità Internazionale sono immense. Non permettiamo altri crimini, Salviamoli!
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