Sabra e Shatila 25 anni dopo. Per non dimenticare
C'era un vuoto ieri pomeriggio alla testa del corteo che, annunciato da tamburi e cornamuse dei boy-scout palestinesi, ha raggiunto il memoriale delle vittime del massacro di Sabra e Shatila. Mancava Stefano Chiarini, il nostro compagno e collega scomparso il 3 febbraio scorso e che, sette anni fa, con grande determinazione aveva realizzato il sogno cullato da tempo di dare ai profughi palestinesi, e non solo a loro, un luogo dove piangere e ricordare le oltre 3.000 vittime della strage, compiuta 25 anni dalle milizie cristiane alleate di Israele che aveva invaso il Libano e messo sotto assedio Beirut.
Ma il volto sorridente di Stefano era ovunque: sui poster e gli striscioni portati dai profughi e dai componenti della delegazione italiana del Comitato per non dimenticare Sabra e Shatila, accanto alle foto incorniciate dei bambini barbaramente ammazzati in quei giorni di settembre di 25 anni fa quando, rimasti senza protezione per la partenza dei fedaiyyin imposta da Israele, questi due miseri campi alla periferia di Beirut furono trasformati in mattatoi dai miliziani dell'estrema destra libanese, nell'indifferenza dell'esercito di occupazione israeliano.
Erano in tanti ieri alle commemorazioni per le vittime del massacro e di Stefano Chiarini. Almeno 2.000 persone: gente comune, palestinesi e italiani, e alcuni volti noti, come quelli della regista palestinese Mai Masri, l'ex parlamentare arabo-israeliano Azmi Bishara, il rappresentante dell'Olp in Libano Abbas Zaki, il sindaco della municipalità di Gobheiry Abu Said al Khamsa e l'ex astronauta e pilota di Shuttle, l'italiano Umberto Guidoni, ora europarlamentare del Partito dei Comunisti Italiani.
Tanti i discorsi sulla condizione dei profughi palestinesi, rimasti aggrappati con tutte le forze alla risoluzione 194 dell'Onu che sancisce il loro diritto a tornare nella loro terra.
Le parole che hanno toccato a fondo il cuore di ogni persona presente alle cerimonie sono state però quelle di Antonietta Chiarini, la sorella di Stefano, che con la sua presenza ha voluto portare il saluto dei familiari del nostro compagno e affermare la volontà di dare continuità al progetto avviato a sostegno dei profughi palestinesi. «In questo luogo che mio fratello aveva voluto con tutte le sue forze - ha detto Antonietta Chiarini - rimane viva la memoria dell'immensità di questa strage. Non ci vuole grande sapienza politica per capire che questo è stato un eccidio ingiusto e terribile, una vergogna non solo per chi l'ha compiuto, ma per l'intera umanità e di cui tutti, nei confronti dei palestinesi, dovrebbero sentirsi responsabili e lavorare affinché fatti così non avvengano più».
«Nei campi profughi ho visto tante situazioni difficili - ha proseguito Antonietta Chiarini - ma ho visto anche tanti bei bambini, pieni di gioia di vivere, ai quali dobbiamo dare un futuro migliore ma subito, altrimenti non arriveremo alla meta. Mio fratello ai diritti dei palestinesi e al loro futuro aveva dedicato tutta la vita, perché stava sempre dalla parte degli emarginati e di coloro che vedono negati i loro diritti. Aveva nel cuore i palestinesi e l'affetto che provava per questo popolo lo ha portato con sé».
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