Palestina

Una bimba in braccio al padre, tredici ore di vita: Zina incontra l’IDF

Amira Hass

Zina ha sentito il primo sparo 13 ore dopo che sua madre l’aveva partorita. E’ successo quando ha incontrato il suo primo APC (armed personnel carrier, trasporto personale armato -ndt). Due ore prima era partita per la prima avventura della sua vita, un viaggio dall’ospedale di Nablus, dov’e’ nata la sera di domenica 23 marzo, fino a casa dei suoi genitori nel villaggio di Dir al-Hatab, a est di Nablus. Un taxi li ha portati al nuovo campo profughi di Askar, su una collina che guarda la pianura dei tre villaggi di Salem, Dir al-Hatab e Azmout.

Sul taxi c’erano sua madre, suo padre, dottore, e suo fratello di due anni, Abdallah. Zina non poteva ancora sapere che la vecchia strada per il villaggio -un viaggio di circa sette minuti- era bloccata da una cancellata di ferro, mucchi di sporcizia e due fossati.

Un portavoce dell’esercito: “Negli utimi mesi ci siamo resi conto di come i terroristi facciano uso per le loro azioni dei passaggi sguarniti in questa zona. In qualunque momento, una persona qualsiasi potrebbe passare senza problemi per i frutteti e i campi verso Askar. Tutti passavano dappertutto in mezzo ai frutteti. Si sono verificati diversi casi di terroristi infiltrati negli insediamenti ebraici di Elon Moreh e Itamar passando da questi villaggi. Nelle ultime due settimane sono riusciti a entrare due volte. Per esempio un pazzoide di 16 anni: da Askar, attraverso Azmout, e’ arrivato a Elon Moreh. L’hanno preso proprio la’, ha ammesso di volere compiere un attacco”.

La mattina di martedi’ 24 marzo, usciti dal taxi sopra la collina di Askar, Zina, i suoi genitori e suo fratello hanno cominciato a trascinarsi giu’ per il pendio est della collina, lungo un percorso scivoloso e fangoso, in mezzo ai sassi. La madre di Zina teneva la bambina in braccio, avvolta in una coperta; il padre teneva Abdallah insieme a un pacco con i vestiti della moglie; sua moglie urlava spaventata ogni volta che stava per cadere.

Zina non poteva sapere che alla fine della discesa avrebbe trovato un’unita’ dell’IDF. L’unita’ era di pattuglia insieme ad un APC, non lontano da quella strada asfaltata, distrutta circa un anno prima dai bulldozer dell’IDF, che portava ai tre villaggi dove vivono 11.000 persone. E nemmeno aveva modo di sapere come tra settembre e ottobre 2002 l’IDF aveva scavato due profondi fossati, lungo i campi ai piedi della collina di Askar. Uno dei fossi e’ profondo due metri e largo tre.
L’altro e’ pieno di acqua fognaria: gli abitanti del villaggio dicono che quando la strada e’ stata distrutta e i fossi sono stati scavati, una condotta fognaria che arrivava a Nablus e’ stata danneggiata.

Quando i genitori di Zina sono arrivati alla fine della discesa uno dei soldati ha fatto loro cenno di aspettare. Stava sbraitando contro un uomo che, con un po’ di pacchi in spalla, voleva andare a ovest, per la strada di terra battuta. Nel frattempo erano stati fermati altri passanti. Il padre di Zina, un dottore, cercava di spiegare ai soldati che sua moglie aveva partorito meno di 24 ore prima. Alla fine, “non dopo molto, forse un quarto d’ora” dice il padre di Zina, il soldato li ha fatti passare senza nemmeno controllare i loro documenti. Quando hanno voltato le spalle al soldato hanno sentito uno sparo: il soldato aveva sparato, probabilmente a qualcuno che voleva approfittare del momento per passare.

La madre di Zina si e’ contratta per la paura, e per un po’ si e’ dimenticata dei dolori che ancora si sentiva addosso. Prima si sono arrampicati su una montagna di fango e pezzi d’asfalto sul lato ovest della strada, poi si sono incamminati cautamente sull’asfalto sdrucciolevole e sono arrivati al mucchio di fango, al fossato e ai pezzi d’asfalto sul lato est. Si sono bagnati un po’ con l’acqua di scolo mista a pioggia.

Un portavoce dell’esercito: “Il fossato e’ stato scavato tra novembre e dicembre 2002, in un’importante operazione dell’IDF a Nablus. Lo scopo: impedire passaggi fuori controllo; nessuna intenzione di impedire i passaggi tout-court. Per questo abbiamo lasciato due strade dove i fossati non arrivano: una strada di terra battuta che raggiunge la zona sud dei villaggi, e un’altra arteria di traffico -bloccata, da ovest.
L’idea e’ di avere uomini a guardia delle strade e lasciare la gente passare liberamente. Un modo per impedire ai terroristi di passare. A causa della pioggia, la strada di terra battuta al momento non e’ utilizzabile. La seconda strada l’abbiamo ostruita. Non c’e’ bisogno di una pattuglia permeanente la’, solo una che faccia la spola col supporto di un veicolo corrazzato. In un caso, quando ancora sul posto si trovava una pattuglia permanente, hanno sparato sui nostri uomini dalla parte di Askar. Era solo una questione di tempo prima che un soldato venisse ferito”.

Le unita’ mobili se ne sono andate ma durante la nostra visita sul posto questa settimana, domenica e lunedi’, gli uomini dell’IDF stavano la’, di pattuglia, per la maggior parte della giornata. Gli abitanti testimoniano che, almeno negli ultimi due mesi, c’e’ stato un drappello appostato la’ regolarmente; se ne vanno “solo per i cambi di guardia”.
Alcuni membri di Phisicians for Human Rights (Medici per i diritti umani -ndt) hanno potuto vedere l’unita’ militare. Hanno anche saputo dai residenti che quasi stabilmente un drappello si apposta alla fine della strada demolita.

Da quando ha incominciato a piovere forte l’unica via percorribile e’ quella della strada distrutta. Tre settimane fa una insegnante e’ scivolata nel fossato pieno d’acqua di scarico ed e’ quasi annegata.

Un portavoce dell’esercito: “Non sono a conoscenza di questo problema, delle acque di scolo. Verificheremo”.

Il padre di Zina dice che la sua paura piu’ grande era che un paziente in gravi condizioni arrivasse alla clinica del villaggio in cui lavora, o che lo chiamassero a visitare qualcuno che stesse male; in teoria si potrebbe far arrivare l’ambulanza da Nablus, ma di solito la trafila dei preparativi richiede cosi’ tanto tempo che, in pratica, e’ una eventualita’ inesistente. In ogni caso il paziente va trasportato oltre i fossati, le montagne di terra e di asfalto e le acqua luride, sotto la minaccia del calcio dei fucili.

A dicembre 2002 il farmacista del luogo, un uomo sui quaranta, e’ morto per un attacco di cuore. A gennaio una donna di Azmout ha dovuto partorire al lato della strada distrutta, e il suo bambino e’ morto. In entrambi i casi c’e’ voluto molto tempo per fare arrivare i soccorsi.

Il cibo deperibile e gli ortaggi vengono portati a Nablus e ai villaggi a dorso di mulo, giu’ per la discesa di Askar. Le difficolta’ di trasporto rendono difficile la vita dei negozianti dei tre villaggi.
Molti preferiscono portare a casa di persona i pochi pacchi che riescono a caricarsi sulle spalle. Dopo aver attraversato la strada smantellata, all’entrata dei villaggi, le automobili e i taxi non hanno il permesso di aspettarli.

Quando qualche autista prova a disobbedire alle disposizioni dell’esercito e si ferma ad aspettare le persone che attraversano la strada, corrono il rischio che all’improvviso arrivino i soldati e la Polizia di Confine. Chi puo’ scappa. Chi non puo’, si mette nei guai.
Alle volte i soldati sfondano i finestrini o gli specchietti. Altre volte li picchiano, o semplicemente li fanno aspettare per ore. M. e’ stato veloce, e qualche giorno fa, all’incrocio, e’ sfuggito alla polizia di confine. Ma lunedi’ i soldati sono tornati. Gli e’ rimasto il segno di una ferita recente alla tempia sinistra. Dice che un soldato lo ha colpito col calcio del fucile. Non ha voluto dare le sue generalita’ e sottoscrivere un modulo di reclamo: “Per cosa? Perche’ tornino e mi pestino un’altra volta?”.

Un portavoce militare: “Qualche volta i soldati vanno a occuparsi dell’incrocio. Occuparsi dell’incrocio significa fare piazza pulita delle macchine. Ovviamente non ci sono ordini di picchiare la gente. E’ vietato. Ma e’ proibito parcheggiare la’ ed e’ proibito trasformare il luogo in una stazione per i taxi. E’ permesso solo passare a piedi.
Perche? Perche’ in caso contrario il posto diventerebbe una stazione “da rimorchio a rimorchio” [il trasporto di merci e persone da un veicolo ad un altro in un area dove il traffico e’ vietato -nda] e non ne avremmo piu’ il controllo. Abbiamo bloccato la strada proprio perche’ non vogliamo un passaggio di veicoli non controllati”.

“Una pattuglia qualche volta si trova sul luogo -per permettere il passaggio di un’ambulanza destinata ad un paziente che non sia in grado di camminare, o di un anziano, o di un disabile o di una persona in pericolo di vita che ha bisogno di passare per la strada chiusa al traffico. In questi casi permettiamo il trasporto “da rimorchio a rimorchio”. Ma deve essere coordinato: una pattuglia dell’IDF arriva per verificare che si tratti di un caso umanitario, cibo, medicine, qualunque cosa necessaria alla sopravvivenza. Ma non per il normale traffico di merci”.

Gli studenti si arrangiano. Molti di quelli che hanno perso il lavoro in Israele o in Cisgiordania provano a cimentarsi di nuovo con l’agricoltura e la pastorizia, insieme ai genitori. Ma le pecore, le capre e i polli hanno bisogno di mangime. Da quando sono stati scavati i fossati, cosi’ che nemmeno un fuoristrada riesce ad attraversare i campi, non c’e’ modo di fare arrivare mangime a sufficienza. E anche quelli che ci riescono non hanno modo di vendere le uova o il latte.

Un portavoce dell’esercito: “Il controllo dei pedoni che attraversano la strada bloccata non risponde ad una legge naturale. Si tratta di una decisione basata su una valutazione: allo stato attuale i maschi tra i 16 e i 40 anni sono considerati individui ad alto rischio. Hanno bisogno di un permesso di transito degli LCO (Liaison Coordination Offices of the Civil Administration, Uffici di Coordinamento Unitario dell’Amministrazione Civile -ndt). Gli abitanti del distretto di Samaria possono passare con un permesso degli LCO, un permesso che ogni civile incensurato puo’ ottenere facilmente, ammesso che non sia convolto in qualcosa di losco. Il lavoro degli LCO ci aiuta a distinguere tra le persone innocue e quelle pericolose. Per quanto riguarda gli altri -donne e bambini- non gli impediamo di passare. Per loro non c’e’ bisogno di un permesso dagli LCO”.

A febbraio alcuni attivisti di Phisicians for Human Rights hanno incontrato circa 20 studentesse che erano state trattenute per ore nei pressi del check point. La settimana scorsa una maestra di Nablus non ha avuto il permesso di passare per la strada e raggiungere la scuola elementare del villaggio dove insegna.

Per avere un permesso dagli LCO bisogna andare agli uffici dell’Amministrazione Civile alla base di Hawara, a sud di Nablus. Ma questa strada e’ chiusa per i palestinesi che non hanno il permesso.

Ci sono persone nel villaggio che non sono a conoscenza di questi ordini. Altri per principio si rifiutano di chiedere a Israele un permesso di transito per un’area all’interno della Cisgiordania. Gli studenti delle scuole superiori di Nablus che rientrano nella categoria ad “alto rischio” si arrangiano come possono: arrivano a Nablus passando per campi fangosi, lontano dagli sguardi dei soldati. A volte, raccontano gli abitanti, i soldati sparano contro i “fuggitivi”, cosi' li chiamano. Tornare indietro e’ piu’ facile. Se la carta di identita’ dimostra che la tua residenza e’ a Salem o ad Azmout, i soldati non insistono per sapere come abbia fatto uno come te, in questa’ eta’ pericolosa, ad arrivare a Nablus. Altre volte la gente viene bloccata per ore, ferma vicino ai soldati.

Un portavoce dell’esercito: “I tempi di attesa dipendono dai servizi di sicurezza dello Shin Bet. Per telefono passiamo il nome e il numero della carta di identita’ allo Shin Bet. C’e’ un enorme carico di lavoro, ci sono molti check point; e questo e’ un fatto che si giustifica da se’, perche’ moltissimi ricercati sono stati catturati da queste parti.
Tempo d’attesa stimato: un ora o due al massimo”.

Una volta ogni tre quattro giorni l’associazione dei medici riceve una chiamata urgente: molte persone, donne comprese, vengono fermate al check point. E quando chiamano e’ gia’ un’ora o due che aspettano. Alla pioggia e al freddo. Agli abitanti sembrano atti punitivi. Cosi’ come e’ sembrato a quattro uomini tra i 29 e i 40 anni, scesi da Askar per andare ai loro villaggi. Una telefonata concitata al portavoce dell’IDF, di stanza coi soldati, ha fatto si’ che i quattro ricevessero l’ordine immediato di prendere i loro documenti e andarsene, dopo che erano stati trattenuti per piu’ di un ora.

La rara comparsa di un giornalista o di un gruppo di attivisti per i diritti umani, dicono nei villaggi, velocizza la procedura del passaggio.

Lunedi’ l’Associzione per i Diritti Civili in Israele, l’associazione dei medici e un abitante di Azmout che lavora per la Mezzaluna Crescente a Nablus hanno firmato una petizione di protesta alla Corte Suprema contro il blocco totale dei tre villaggi. Hanno denunciato le gravi conseguenze di questi blocchi in termini di servizi sanitari, mezzi di sussistenza ed istruzione.
Nella petizione ricordano che circa due anni fa la Corte Suprema ha rigettato tutte le petizioni contro le chiusure interne, dopo aver ricevuto dall’esercito l’assicurazione che per ogni comunita’ palestinese che viene isolata c’e’ almeno una strada destinata al traffico veicolare.

La petizione afferma che questo impegno non e’ stato mantenuto per quel che riguarda i tre villaggi di Azmout, Salem e Dir al-Hatab. C’e’ una strada che gira intorno al villaggio da sud e da est per raggiungere Elon Moreh, ma il passaggio che connette Dir al-Hatab alla strada e’ stato chiuso, e un carro armato e' stato piazzato all’incrocio che conduce dalla strada ad Azmout.

A parte le jeep dell’esercito nessuno passa per questa strada. Una volta ogni due o tre settimane un mezzo della Croce Rossa arriva e, dopo accordi lunghi e cavillosi con l’IDF, porta il cibo ai villaggi. Come se si trattasse di una zona colpita dalla siccita’.

L’IDF ha detto che appena finira’ la stagione piovosa provvedera’ ad asfaltare una strada per il traffico veicolare a sud, al posto di quella di terra battuta che adesso non e' utilizzabile a causa della pioggia e del fango. Dovra’ essere una strada "monitorata", con un drappello di pattuglia al suo sbocco.

Lunedi’ pomeriggio ha comincito a piovere molto forte. Gli abitanti dei villaggi che avevano paura di cadere lungo la discesa o di annegare nel fango sono rimasti chiusi nel campo di Askar. Le maestre di Nablus che temevano di cadere e farsi male (il fondo era scivoloso come ghiaccio) sono rimaste bloccate nei villaggi. I villaggi sono rimasti completamente isolati dalle aree circostanti.

E il padre della piccola Zina, che aveva gia’ tredici ore di vita, ha ringraziato Dio perche' la sua famiglia e’ arrivata a casa prima che cominciasse a piovere.

Note: Amira Hass, giornalista israeliana, e' corrispondente del quotidiano
Ha'aretz. Vive a Ramallah, nei Territori palestinesi occupati.

La traduzione dell'articolo e' a cura del Go'el - Ass. Papa Giovanni XXIII
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