Grazie al calcio mi sento viva
In un periodo oscuro e segnato dalla guerra per il Medio Oriente c’è ancora spazio per le buone notizie e queste vengono ancora una volta dal mondo dello sport.
Stasera al Gran Gala Fifa 2009, in Svizzera fra i grandi del calcio internazionale salirà sul podio anche la Federazione Calcio Palestina che verrà premiata come migliore lega calcistica emergente.
“E’ la prima volta che riceviamo questo premio”, afferma entusiasta Samar Araj, 46 anni, presidente della Sport University Federation in Cisgiordania e fondatrice della prima squadra di calcio femminile palestinese. L’uomo del miracolo è Jibril Rijab, ex generale e membro dell’ANP, che in soli quattro mesi, attraverso finanziamenti governativi e sponsor è riuscito dal nulla a costruire un piccolo impero calcistico. Ultima sua creatura è lo stadio ad Al-Ram, a Ramalla, finanziato dalla Fifa ed inaugurato nel dicembre 2008 dallo stesso presidente della lega Joseph Blatter.
“Non vedo l’ora di incontrare campioni come Cristiano Ronaldo o la calciatrice brasiliana Marta” – commenta Honey Talijeh, capitano della nazionale femminile di calcio palestinese che parteciperà stasera alla premiazione.
Samar Araj che ha seguito la lega femminile sin dagli esordi, parla della condizione precaria in cui gli atleti palestinesi praticano lo sport: “I nostri risultati oggi sono ottimi, considerata la situazione. Non appena riusciamo a raggiungere un discreto livello agonistico succede qualcosa, come ciò che accade a Gaza in questi giorni, per cui dobbiamo sempre ricominciare daccapo. Ci vuole tenacia e costanza”.
Proprio a causa della guerra a Gaza tutte le attività sportive, campionato compreso, hanno subito uno stop: “E pensare che avevamo organizzato anche partite con squadre israeliane. Tutte cancellate, naturalmente, a causa di questa terribile situazione”.
Tre anni fa la nazionale palestinese di calcio aveva anche tre giocatrici provenienti da Gaza:“ E’ incredibile, ma ci siamo incontrate per la prima volta in Egitt oper il campionato della Lega Araba perché noi non possiamo entrare a Gaza né loro venire qui. Oggi purtroppo sono state escluse dalla squadra”. Anche la Araj, dopo 5 anni sta lasciando il mondo del calcio: “Da quando è entrata in gioco la politica, con l’arrivo di mr. Rijab, questo ambiente non mi piace più. Ha perso di umanità. Ma non abbandonerò mai lo sport – aggiunge l’atletica professoressa palestinese - Soltanto, da ora in poi preferisco lavorare direttamente con i ragazzi e con l’università”.
In un ambiente caratterizzato da spazi chiusi, restrizioni di movimento e precarietà lo sport è un elemento fondamentale per la crescita e lo sviluppo dei giovani. Lo sa bene il capitano della ‘team rosa’ che a soli 24 anni si occupa di progetti sportivi per i ragazzi di strada.
“Credo che lo sport rappresenti un messaggio universale di pace per tutti, soprattutto in termini di fairplay e onestà. – conclude Honey - Questa disciplina mi mette alla prova ogni giorno come donna e come palestinese. E’ grazie al calcio che mi esprimo, resisto e mi sento viva”.
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