L’altra faccia degli aiuti umanitari a Gaza
La Striscia di Gaza, secondo le stime della Banca mondiale, è la regione che dipende maggiormente dagli aiuti esteri a causa della mancanza di infrastrutture produttive. Con l’inizio della guerra questi aiuti sono praticamente raddoppiati in pochi giorni. Shir Hever, economista israeliano dell’Alternative Information Center sostiene che il sistema degli aiuti finanziari ed umanitari a Gaza e in Cisgiordania, rappresenti un business particolarmente remunerativo per Israele e parla delle conseguenze economiche del conflitto scoppiato lo scorso 27 dicembre.
“L’assedio militare ha fatto impennare in pochi giorni la quantità di aiuti economici diretti a Gaza che passano per la frontiera israeliana. Perciò Israele trae profitto dalle tasse doganali mentre le compagnie private guadagnano sul trasporto e sullo stoccaggio dei beni. Inoltre, la maggior parte dei prodotti (cibo, petrolio, gas,
Quindi ci sarebbero delle ragioni economiche dietro questo conflitto?
“Il fattore economico non credo sia il motivo principale, ma di fatto Hamas stava danneggiando il sistema di profitto di cui parlavo prima trasformando i fondi esteri in importazioni libere dal dazio israeliano e questo grazie ai famosi tunnel che collegavano la Striscia con l’Egitto. Questi passaggi rappresentavano un canale di importazione attraverso i quali la valuta israeliana veniva scambiata in moneta egiziana. Secondo me, non a caso sono stati tra i primi obiettivi dei bombardamenti”.
Qualcun altro trae profitto da questa guerra?
“Anzitutto le compagnie che producono armi sfruttano questo tipo di operazioni per testare i nuovi prodotti e, inoltre, usano le immagini girate durante le battaglie per promuoverli. L’incertezza causata da un conflitto in Medio Oriente fa crescere il costo del petrolio e ciò è determinante per le compagnie petrolifere proprio quando la crisi economica ha causato una forte riduzione della domanda di carburante”.
Qual è il costo di questa guerra per Israele?
“Il governo israeliano ha già speso circa 400 milioni di dollari per le spese militari. Bisogna anche considerare i costi di compensazione di coloro che vivono al confine con la Striscia e che a causa della minaccia dei razzi hanno perso giorni di lavoro o hanno subito danni alla proprietà per circa 120 milioni di euro. Infine, gli ufficiali dell’esercito, ad esempio, chiedono sempre un aumento di stipendio dopo ogni guerra, con un conseguente incremento del costo della difesa”.
E per i palestinesi della Striscia di Gaza?
“Per quanto riguarda la parte palestinese non parlerei di costi ma piuttosto di ‘danni’. Questo calcolo è più complesso e impossibile da fare mentre è in corso la guerra. Basandosi unicamente sull’aspetto economico senza considerare la perdita di vite umane possiamo parlare dei danni alle infrastrutture. Serviranno anni e miliardi di euro per ricostruire strade, case, scuole, strutture sanitarie e impianti idrici e elettrici. Poi ci sono le conseguenze di lungo periodo. Basti pensare alla riabilitazione dei feriti e delle centinaia di migliaia di bambini traumatizzati dai bombardamenti e che hanno vissuto per molto tempo senza cibo, acqua, cure mediche e naturalmente senza andare a scuola. La ridotta produttività di questa generazione influenzerà negativamente la futura crescita economica della Striscia di Gaza”.
Israele pagherà i danni di questa guerra?
“E’ presto dirlo. Certamente l’attacco è stato riconosciuto dalle Nazioni unite come illegale. Solo quando la comunità internazionale mediante la minaccia di pesanti sanzioni economiche pretenderà da Israele un risarcimento, forse questo comincerà a compensare una popolazione che ha colpito così duramente”.
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