Palestina

Può una democrazia schiavizzare un intero popolo?

Intervista ad Ahmad Jaradat dell'Alternative Information Center, coordinatore del progetto di monitoraggio degli insediamenti israeliani in Cisgiordania.
5 febbraio 2009
Sofia Filocalossi (nostra inviata)
Fonte: progetto Go'El Apg23

Ahmad Jaradat,  47 anni, è di Saer, villaggio palestinese nel distretto di Hebron. Da diversi anni e' il coordinatore del progetto di monitoraggio dlle colonie dell’Alternative Information Center. Collabora anche con la ONG palestinese Al Haq, che promuove l'applicazione del diritto internazionale umanitario e delle convenzioni di Ginevra nei Territori occupati.

Ahmad, qual e' il significato di questo cessate-il-fuoco, cosa implica e ha avuto un significato particolare annunciarlo proprio in quel momento?

Se si prendono in considerazione gli obiettivi ufficiali dell' attacco a Gaza dichiarati dalla leadership israeliana, e' facile riconoscerne il mancato raggiungimento. Il governo di Hamas non e' stato sconfitto, ma al contrario e' stato reso piu' forte. Hamas ha di fatto assunto il ruolo di guida all'interno del movimento di resistenza, rifiutandosi di alzare bandiera bianca e rimanendo in prima linea contro gli attacchi. Altrettanto fallimentare e' stato il tentativo di fermare il lancio di razzi qassam sulle citta' israeliane confinanti con la Striscia. La sicurezza del Paese, leit motiv della campagna propagandistica di questa guerra, non e' stata pertanto raggiunta. Neanche una perlustrazione di strada in strada e di casa in casa avrebbe potuto fermare la resistenza.

Una guerra annunciata come breve e vittoriosa e' di fatto terminata dopo 22 giorni di massacri con una dichiarazione quasi obbligata di cessate-il –fuoco.
Anche l'entrata in carica del neoeletto presidente degli Stati Uniti ha dettato i tempi della guerra: Israele non voleva presentare ad Obama una questione tanto spinosa fin dall'inizio del suo mandato. Inoltre, come mai prima d'ora, in tutto il mondo sono state organizzate manifestazioni contro il massacro dei civili di Gaza: Israele per la prima volta ha dovuto affrontare Casa distrutta dai buldozer israeliani a Rafah, sud della Striscia di Gaza

un'inaspettata pressione da parte dell'opinione pubblica internazionale. In particolare, non aveva previsto una cosi' massiccia reazione da parte dei movimenti popolari arabi. Anche i governi in buoni rapporti con Israele come la Giordania e l'Egitto hanno dovuto affrontare una forte e decisa opposizione agli attacchi a Gaza. La peculiarita' di questi movimenti e' che non si sono limitati ad esprimere solidarieta' a Gaza, ma hanno espresso un loro diretto coinvolgimento negli attacchi. La guerra non aveva per obiettivo  Hamas, ma l'intero mondo arabo. Questa nuova tendenza ad identificare la guerra con un attacco contro la civilta' araba e' stata confermata  dal summit di Doha, durante il quale 13 paesi arabi hanno espresso un esplicito supporto alla resistenza. La nuova realta' che si sta delineando non puo' essere ignorata neanche dall'Unione Europea, sebbene fino ad ora si sia limitata ad una condanna dell'eccessivo uso di violenza ed abbia continuato ad argomentare con  il diritto alla difesa di Israele.
E' lecito iniziare a parlare di una "vittoria di Gaza": la Guerra non solo ha mostrato la palese sconfitta morale e strategica di Israele, ma ha anche coinvolto l'intero mondo arabo, i musulmani, i cristiani, la sinistra e la gente comune di tutto il mondo nella causa palestinese. La lotta palestinese ha assunto la forma di una lotta per la liberta' contro il potere colonialista.
E' importante sottolineare che il cessate-il –fuoco non e' stato raggiunto tramite un accordo, ma e' stato un atto unilaterale di Israele. Un accordo avrebbe di fatto implicato il riconoscimento di Hamas come controparte ed avrebbe portato a concessioni da ambo le parti. Concessioni cui Israele non e' disposto.

Il cessate-il-fuoco portera' qualche risultato o si tratta semplicemente dell'ennesimo tentativo di mettere a tacere la questione Israelo-Palestinese?

Non credo che ne' Israele ne' la resistenza siano intenzionati a pianificare nuovi attacchi a breve termine. E' comunque importante concentrare l'attenzione sul perche' il precedente cessate-il –fuoco sia stato interrotto. La Comunita' Internazionale, Europa e Peasi arabi inclusi, e' ora consapevole del ruolo centrale che gioca l'assedio a Gaza, nonostante Israele continui a focalizzare l'attenzione sulla minaccia rappresentata dal commercio di "armi illegali" attraverso i confini.
I cambiamenti in corso sono evidenti negli ultimi avvenimenti: il governo egiziano e' sottoposto a continue pressioni affinche' il passaggio di Rafah venga aperto a prescindere da qualsiasi accordo tra Israele ed Hamas. Attivisti egiziani e partiti politici si sono rivolti direttamente alla Corte per richiedere l'apertura permanente del passaggio, in quanto si tratta di un passaggio tra Egitto e Palestina.
Forse qualcosa accadra' in Cisgiordania, dove e' in atto una lotta politica interna tra i Palestinesi, i quali richiedono unita' ai loro movimenti di resistenza.
C'e' un altro fattore molto importante. In questi giorni il mondo arabo ha fatto da palcoscenico a significative dimostrazioni di supporto alla Palestina. In Giordania 1000 persone tra cui intellettuali, politici, musulmani, cristiani, attivisti ecc. hanno fatto appello al loro governo affinche' interrompesse le relazioni con Israele e supportasse la resistenza palestinese, escludendo una mediazione con Mahmud Abbas. Un altro esempio e' la richiesta da parte di 25 membri del Parlamento Kuwaitiano di escludere Abbas dal summit  e di non affidare gli aiuti previsti per Gaza all'Autorita' Palestinese.
Quali saranno le reazioni a questa pressione interna?  
 

Qual e' stato il ruolo dell'Unione Europea nel cessate-il fuoco?

L' UE ha posizioni diverse e contrastanti: da un lato vorrebbe l'apertura dei passaggi, dall'altro vorrebbe che Mahmud Abbas ottenesse il potere politico a Gaza. L' Unione Europea e' consapevole di non poter ignorare Hamas, ma continua a ribadire la necesita' di garantire sicurezza ad Israele. Al momento l'Europa sta adottando la strategia politica americana, gia' miseramente fallita 4 mesi fa. Per questo qualcosa di nuovo deve essere pianificato. Non sono ottimista riguardo a quello che accadra': finora sono stati tutelati e perseguiti solo  gli interessi di Israele a discapito di quelli palestinesi. Fino ad ora la Comunita' Internazionale ha lasciato carta bianca alla politica colonialista israeliana nella regione, permettendo che riducesse in schiavitu' il popolo palestinese.
Un vero processo di pace dovrebbe implicare profondi cambiamenti. Rabin lo aveva capito, ma e' stato ucciso. 

Barak Obama, il "Presidente del cambiamento", modifichera' la strategia politica degli Stati Uniti in Medio Oriente? 
 

Ci saranno alcuni cambiamenti, ma non credo che la condizione palestinese migliorera'. D'altro canto credo anche che Israele sara' obbligato a rivedere le sue aspettative rispetto agli Stati Uniti. E' importante sottolineare le dichiarazioni di Obama riguardanti la politica Americana in Medio Oriente. Ha espresso l'intenzione di risolvere la questione siriana e quella iraniana tramite vie diplomatiche. Non bisogna dimenticare che la Siria ha in sospeso la questione del Golan, mentre l'Iran rappresenta il "nemico" di Israele nella regione oltre ad essere una potenza in crescita. Quando gli Stati Uniti inizieranno le negoziazioni inevitabilmente ci saranno concessioni che danneggeranno Israele. Obama ha anche annunciato il ritiro delle truppe dall'Iraq ed ha parlato di una nuova politica in Afghanistan.
Di sicuro Obama non ridara' ai palestinesi il loro stato, ma non credo che permettera' lo scoppio di altre guerre. E' consapevole del fallimento della politica di Bush.

 
Possiamo definire questa Guerra una "Guerra elettorale"? Come ha condizionato l'opinione pubblica israeliana?

La campagna elettorale e' solo uno dei motivi scatenanti. La guerra a Gaza e' diventata un mezzo che i partiti di destra utilizzano per ampliare il loro elettorato: i politici che adottano le misure piu' dure contro i palestinesi riscontrano un maggiore consenso all'interno della societa' israeliana.


Qual e' la sua analisi della reazione della classe politica e della societa' civile in Palestina?

Palestinesi e arabi di tutto il mondo considerano la guerra contro Gaza come una guerra contro il progetto nazionale palestinese, non contro Hamas. Ora la resistenza e' in prima linea. Il PLO ha fallito nell'assumere il ruolo di leader politico: non e' stato capace di rappresentare i palestinesi e non ha saputo guidare le negoziazioni per il processo di pace. Al contrario, dagli Accordi di Oslo le colonie si sono moltiplicate, la confisca di terreni e' drammaticamente aumentata, cosi' come le restrizioni legate allo stato di occupazione.
Il popolo palestinese ora esige una nuova classe politica che combatta la sua lotta per la liberazione, lontano da corruzione e codardia. Attraverso quanto successo a Gaza, Hamas ha potuto presentarsi come un movimento di resistenza che lotta per e con i palestinesi per la liberta'. Le persone hanno bisogno di eroi fra loro.

Israele affrontera' mai un tribunale internazionale per i crimini di guerra che ha commesso?

Durante la guerra sono stati istituiti piu' comitati atti al monitoraggio degli attacchi israeliani in modo da poter raccogliere le prove necessarie per un processo internazionale. Se mai affrontera' una Corte di Giustizia, sara' veramente difficile per Israele giustificare i crimini commessi. E' per questo che fin dall'inizio Israele si e' rivolto ad esperti legali: per affrontare le accuse mosse dall'opinione pubblica mondiale.
Non sono sicuro che si riuscira' a portare Israele davanti a un tribunale, ma come si dice in arabo "se un proiettile non uccide, fa rumore". Anche se rimarra' impunito, avra' comunque perso credibilita'. Come si puo' difendere l'uccisione di bambini? Qual'e' il significato di autodifesa? Uccidere bambini?
Le prove sono talmente evidenti che non c'e' bisogno di parlare di fosforo bianco.

Come ha fatto Israele a ritagliarsi il ruolo di "unico paese democratico del Medio Oriente"?

Se consideriamo uno stato democratico solo perche' ha piu' partiti eletti tramite elezioni, allora Israele e' abbastanza democratico. Ma e' corretto definire democratico uno stato che si autodefinisce uno stato per ebrei? E' corretto definire democratico uno stato che costruisce le sue fondamenta sulla rovina di un'intera popolazione? A mio avviso la democrazia e' qualcosa di diverso. E' uno stile di vita. Non puoi considerarti libero se schiavizzi gli altri. Non sei libero quando hai degli schiavi. Casa palestinese dopo i bombardamenti
I governi occidentali considerano Israele uno stato democratico perche' hanno bisogno di Israele:  rappresenta un mezzo attraverso il quale l'Occidente implementa il suo piano colonialistico in Medio Oriente, Israele e' chiamato a seguire le direttive politiche di Europa e Stati Uniti.
Quando nel 1948 Ben Gurion anuncio' l'istituzione di Israele, il Primo Ministro inglese gli disse "ora avete raggiunto il 50% del vostro scopo. Il restante 50% sara' raggiunto quando verrete accettati in questa regione". Quando l'Autorita' palestinese ha firmato gli Accordi di Oslo, Shimon Peres ha chiamato il rappresentante israeliano nelle negoziazioni ed ha detto "ora abbiamo raggiunto il restante 50%".
Ma con una simile classe politica e con una simile mentalita' Israele non sara' mai accettato. Affinche' il processo di pace sia effettivo, Israele deve avere un ruolo positivo nella regione, abbandonando definitivamente la sua ideologia sionista e sviluppando una societa' realmente democratica. Israele dovrebbe diventare parte della Regione, piuttosto che giocare un ruolo per parti terze. 

Cosa vogliamo dire quando parliamo di "pace" e "processi di pace"? E' possibile la pace in questo pezzo di mondo?

Innanzi tutto un processo di pace non puo' prescindere dall'applicazione e dal rispetto delle risoluzioni ONU. Paradossalmente, questo e' piu' importante per Israele che per la Palestina: in caso contrario, quale credibilita' avrebbe Israele?
Credo sia possible vivere insieme in modo pacifico, ma la condizione basilare e' che le domande politiche palestinesi trovino risposta. Nessuna pace sara' possibile fino a quando ci sara' l'occupazione e fino a quando persistera' una distinzione tra padroni e schiavi.

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