Un muro "politico"
Dott. Nassar, a che serve il muro, secondo lei?
Il muro è stato costruito per molte ragioni, ma il motivo principale è esclusivamente politico: con questo muro si stabiliscono nuove frontiere, molto più favorevoli a Israele, dalle quali sarà impossibile prescindere nei futuri negoziati di pace. Stanno cambiando le cose direttamente sul terreno, e non diplomaticamente.
Come vede lei la situazione attuale nei territori occupati?
Israele controlla lo stato palestinese attraverso tre poteri:
- il potere militare
- il potere economico
- la trasformazione geografica e demografica del territorio
Col potere militare cercano di contenere la reazione dei palestinesi e un'altra delle ragioni del muro è controllare con più facilità i movimenti in modo da tentare di diminuire gli attacchi suicidi.
Da un punto di vista economico, per gli israeliani i palestinesi sono come poveri schiavi. E per mantenere il potere anche da questo punto di vista, metteranno alcune porte al muro per permettere agli abitanti dell'interno (bantustans) di andare a lavorare, mantenendo così la manodopera a basso costo.
Infine, io credo che firmeranno gli accordi di pace. Ma ora si stanno chiedendo: "come possiamo firmare l'accordo facendo in modo che l'accordo sia di nostro gradimento?" Per far questo devono cambiare il terreno sul quale si stabiliranno i patti. Controllano già l'acqua e le frontiere e le colonie dentro il territorio palestinese si stanno espandendo. Costruire il muro significa modificare le frontiere, spostandole di gran lunga da quelle della linea verde del 1967. Dato che possono contare sull'appoggio USA stanno cercando di costruire l'accordo a partire da un livello più alto.
Dunque si tenta di alzare il prezzo della pace, in un certo senso...
Si', stanno rendendo la vita molto dura ai palestinesi ora, in modo da cedere "apparentemente" negli accordi di pace, ma in realtà contrattando a partire da una situazione più privilegiata. Ma questo privilegio in più significa creare un muro sta per ripetere alcune condizioni già viste nella storia: le zone palestinesi diventeranno come i Bantustans sudafricani, mentre le colonie israeliane (anch'esse circondate da protezioni) diventeranno nuovi ghetti.
Ma perchè gli israeliani vorrebbero rinchiudersi in ghetti?
Per mantenere unita le comunità, come diceva Marx, c'è bisogno di un nemico comune di cui avere paura. E gli israeliani sono una comunità molto frastagliata, provengono da tutto il mondo. Dunque un ghetto è un modo di unire le persone, sotto un'unica paura, e di fare in modo che si sostengano a vicenda, come è sempre stato nel tempo. Chi pensa al muro vede la pace come un processo per la salvaguardia della sicurezza, piuttosto che come un processo politico.
Ma chi lo ha voluto, questo muro?
Il Likud, storicamente, è contro la guerra. Il partito laburista è democratico-socialista, non religioso, costituito per lo più di Ashkenaziti, ebrei provenienti dall'Europa. E difatti, la motivazione religiosa, per questa guerra, non è reale, ma fa da ombrello per coprire altre cose. I laburisti sono razzisti, vogliono separare oriente da occidente, si sentono migliori e diversi dai palestinesi. I sionisti, invece, sostengono, per motivi religiosi, che la terra è degli ebrei, tutta, e che non si può dividere. Per questo essi appoggiano le colonie. Ma alla fine, il muro fa comodo a entrambi.
Che ne pensa della decisione di Sharon di ritirare dei coloni dalla striscia di Gaza?
Sharon, ultimamente ha iniziato a spostare, anche sotto la pressione dei laburisti e dell'Europa, alcuni coloni dalla Striscia di Gaza, da colonie che considera politiche. Come diceva Rabin, le colonie sono di due tipi: politiche o di sicurezza. Le seconde sono necessarie (ad esempio Ar-Omar è situata su una collina e di là si può controllare la situazione militarmente), mentre le prime non servono, esistono per motivi ideologici (come Hebron, dove dentro al territorio palestinese e a una città palestinese vivono 400 coloni protetti da 4000 soldati). Forse Sharon ritiene che in questo momento una apertura sia utile, sempre in vista di futuri accordi.
Beh, speriamo che questo possa essere un segnale positivo...
Inshallah... noi comunque continuiamo a lavorare per la cultura e la vita.
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