Non esistere per resistere. La scuola di copertoni dei beduini di al Khan al Ahmar
Le buone idee corrono sulle strade del mondo senza chiedere permesso. È cosi anche nel campo profughi dei beduini Jahalin nel villaggio di Al Khan al Ahmar, sulla strada che congiunge Gerusalemme e Gerico, territorio in cui sorgono le colonie israeliane di Mishor Adumim e Kfar Adumim. In questi giorni il piccolo paese in cui vivono accampati circa 200 beduini è in festa: il 1° febbraio sono infatti terminati i lavori per la costruzione della prima scuola per i 70 bambini del villaggio. Nelle pareti delle due classi elementari s'intravede il colore nero dei copertoni di auto. La ragione è semplice: il villaggio si trova in area C, zona dei Territori occupati palestinesi che – secondo gli accordi di Oslo – rientra sotto pieno controllo israeliano e in cui è proibita la costruzione senza l'autorizzazione d'Israele. Ad essere concesse sono unicamente “collocazioni provvisorie”. Come costruire allora una scuola che aggirasse il divieto israeliano?
L'associazione di Milano Vento di terra, in collaborazione con la Cooperazione italiana, ha scelto una formula eco-sostenibile e semplice: realizzare un edificio con copertoni di auto e argilla. “La scuola dei copertoni è un modello di ciò che si può realizzare con materiali riciclati. Pensiamo di proporre progetti simili anche nella Striscia di Gaza”, spiega Massimo Rossi, presidente della ong. Mohammed abu Suleiman, presidente del Comitato cooperativo beduino di Gerusalemme, racconta che “i nostri bambini sono molto contenti: prima non potevano andare a scuola a Gerico perché non c'era nessun autobus che li accompagnasse. Adesso in cinque minuti sono a scuola”. Ai piedi del villaggio dei beduini Jahalin si snoda la superstrada che congiunge Gerusalemme e Gerico: in passato quattro bambini sono stati investiti e uccisi in questo tratto di autostrada.
Nonostante il completamento dei lavori, il futuro della scuola resta incerto: alcuni coloni degli insediamenti vicini hanno denunciato i costruttori del progetto e la prossima udienza è fissata per il 22 febbraio. Inoltre i lavori dell'impresa israeliana Maat per l'ampliamento dell'autostrada stanno penetrando la collina dove sorge il villaggio e minacciano di cancellare le tende della comunità Jahalin, originaria del Negev e già costretta al trasferimento forzato nel 1948, nel 1967 e nel 1997. Le porte della scuola restano però aperte. E il sogno di Nidaa Katib, insegnante d'inglese, è che “la scuola diventi più grande, i bambini possano studiare e imparare e un giorno diventino insegnanti. Come me”.
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