Buongiorno,
faccio parte della rete ECO, ebrei contro l'occupazione, ma ho scritto questa lettera personalmente e la firmo io.
Il tombale silenzio delle Comunità Israelitiche in questi giorni e della stragrande maggioranza degli ebrei iatliani mi pesa molto e ho risolto di provare a incrinarlo. Spero possiate aiutarmi, aiutarci.
Ringrazio della eventuale ospitalità.
Stefania Sinigaglia, Ancona
mailto:stefania.sinigaglia@gmail.com>
Sono un’ebrea italiana della generazione post-1945, ebrea da generazioni da parte di entrambi i genitori. Sento
il bisogno impellente in queste ore di angoscia e di guerra tra Gaza Palestina e Israele di rivolgermi ad altri ebrei
italiani perché non riesco a credere che non provino lo stesso sgomento e la stessa repulsione per la carneficina che
Israele sta compiendo a Gaza. Non si mira a distruggere un nemico armato, non sono due eserciti ad affrontarsi: si sta
sterminando un’ intera popolazione civile, perché il nemico è ovunque, in un fazzoletto di terra che stipa in 365 km2
un milione e ottocentomila persone, il nemico è sotto la terra sopra la quale c’erano case e scuole e negozi e ospedali
e strade, c’è la gente, e se vuoi colpire chi sta sotto la terra è giocoforza ammazzare chi ci sta sopra a quella terra,
anche un bambino lo capisce:, ma fanno finta di non saperlo gli strateghi sottili di questo orrore infinito che si dipana
Come facciamo a tacere di fronte a questa ingiustizia suprema, noi che per millenni siamo stati costretti a nasconderci
nei ghetti per vivere, che venivamo additati come responsabili di nefandezze mai sognate, obbligati a convertirci a
volte per non essere bruciati sui roghi?
Israele ha fondato uno Stato nel 1948 su terra altrui, sappiamo come e perché, ciò è stato accettato dal consesso
internazionale e nel 1988 è stato accettato dall’OLP. I Palestinesi hanno riconosciuto il diritto di Israele a esistere, ma
Israele dal 1967 occupa terra non sua, e lo sa. Per anni e anni si è detto: quella terra occupata serve a fare la pace:
territori in cambio di pace. Questo è stato il refrain che però è stato nel corso del tempo sepolto da guerre non più di
difesa come nel 1967, ma di attacco, a partire dalla sciagurata invasione del Libano.
Come facciamo a non riconoscere che Israele ha scientemente, e per decenni ormai, rifiutato di addivenire a un
compromesso sulle colonie, non ha mai smesso di costruirne e di avanzare annettendosi di fatto i territori su cui
doveva negoziare, annichilendo la base pur ambigua ma reale che era l’accordo di Oslo. Ha contribuito a creare
Hamas, che in arabo significa “collera giusta”, e poi ne ha tollerato la crescita in funzione anti-OLP, ha reso la vita dei
palestinesi una lotta per sopravvivere anche in Cisgiordania, e ha violato tutte le risoluzioni dell’ONU che gli
imponevano di tornare alla famosa “Linea verde”. Ha rubato altra terra palestinese costruendo la barriera di 700 km,
dichiarata illegale dalla Corte dell’Aia ma tuttora in piedi. E ora con il pretesto dell’uccisione di tre ragazzi di cui Hamas
non ha mai riconosciuto la responsabilità, un’ accusa che non è stata corroborata da prove, ha scatenato una guerra
non a Hamas ma a tutto un popolo. Non si può uccidere, annientare un popolo per sconfiggere un nemico che ha il
diritto di difendersi. E le richieste di Hamas non sono altro che le richieste della popolazione di Gaza: fine dell’assedio
di sette anni, fine dello strangolamento. Israele ha diritto a esistere DENTRO dei confini riconosciuti
internazionalmente, ma dal 1982 è aggressore e viola il diritto internazionale. Per avere la pace deve rinunciare alla
folle idea di avere TUTTA la terra per sé e cacciarne chi ci abitava prima che arrivassero i primi coloni ebrei a fine
ottocento .La guerra di Israele è non solo omicida ma è suicida: guardiamo al Libano che sta insieme ancora per
miracolo, alla Siria distrutta, all’Irak che va a pezzi, ai palestinesi che sono la maggioranza in Giordania, all’avanzare
dell’islamismo salafita e jihadista in Africa settentrionale e occidentale, in Kenya, in Nigeria. Quale avvenire promette
la guerra infinita di uno stato di apartheid? Quali possibilità invece apre il riconoscimento di diritti eguali ai palestinesi
e alle migliaia di rifugiati e immigrati che anche in Israele spiaggiano cercando una vita e un avvenire migliori? Quali
prospettive aprirebbe uno Stato multiculturale, bi-nazionale e veramente democratico in Medioriente? Quale
salutare rimescolamento di carte? Apriamo gli occhi, abbiamo il coraggio di guardare in faccia la realtà, e gridiamo il
nostro rifiuto di questo orrore e di questa politica di distruzione e morte che si ritorce contro chi la persegue.
Stefania Sinigaglia, 31 luglio 2014
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