Per Israele il lancio di sassi è più grave di un omicidio
La condanna a 18 mesi a un soldato dell’IDF (Israeli Defence Force) per l’uccisione di un palestinese ferito ha sollevato numerose critiche perchè ritenuta troppo lieve per la gravità del crimine. Elor Azaria, infermiere,19 anni all’epoca dei fatti, è stato ritenuto colpevole di omicidio per aver sparato alla testa di Abdel Fatah Sharif, un assalitore palestinese armato di coltello che giaceva ferito per strada. L’episodio è accaduto ad Hebron l’anno scorso.
Il video dell’omicidio, filmato col cellulare da uno spettatore, è stato ampiamente diffuso da B’Tselem, il gruppo israeliano per la difesa dei diritti umani.
L’accusa riteneva che Azaria avrebbe dovuto scontare una pena compresa fra 3 e i 5 anni, invece è stato condannato a 18 mesi di carcere, un anno di libertà vigilata e degradato da sergente a soldato semplice. Secondo la legge israeliana l’omicido è punibile fino a 20 anni di carcere.
La sentenza ha rappresentato un caso senza precedenti. Negli ultimi 12 anni nessun membro dell’IDF era mai stato perseguito per azioni compiute in divisa.
Tuttavia, i palestinesi e gli attivisti per i diritti umani hanno ritenuto la pena troppo leggera.
È probabile che Azaria venga rilasciato dopo aver scontato solo 12 mesi di carcere. Ci sono state pressioni dall’alto affinchè la giovane recluta venisse graziata.
Secondo un sondaggio condotto nell’agosto 2016 da Israel Democracy Institute, il 65% degli israeliani ebrei sostiene la tesi dell’ autodifesa propugnata dai legali difensori.
La famiglia, ha dichiarato Yusri, padre di Al-Sharif’s nella sua casa a West Bank ai giornalisti, sapeva che il processo farsa nel Tribunale militare di Tel Aviv non avrebbe reso giustizia al defunto.
“Nonostante il soldato sia stato ripreso in video e sia evidente che è stata un’uccisione a sangue freddo, è stato condannato per omicidio colposo e non assassinio, e la pubblica accusa aveva chiesto una condanna di solo tre anni. La sentenza che ha ricevuto è meno di quanto un ragazzino palestinese prende per il lancio di pietre”.
I commenti della famiglia non sono esagerati. Nel 2015, il governo del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu stabilì una pena minima di 4 anni per “chi avesse messo a rischio la vita di un essere umano lanciando sassi, bombe incendiarie o esplosivi”.
La misura temporanea, in vigore fino al 2018, venne applicata dopo che un israeliano morì in un incidente stradale provocato dal lancio di pietre.
Secondo la legge militare, dichiara Addameer, l’Associazione palestinese per la Difesa dei Diritti umani, il lancio dei sassi è punibile fino a 20 anni di carcere.
Tra le vittime di questa nuova legislazione ci sono anche cinque bambini residenti a Gerusalemme Est. Furono condannati a marzo dello scorso anno a una pena maggiore di quella ricevuta da Azaria per aver lanciato dei sassi a delle macchine:
• Saleh Ashraf Ishtayya, 16: 3 anni e 3 mesi di prigione
• Muhammad Ahmad Jaber, 14: 3 anni di prigione
• Murad Raed Alqam, 14: 3 anni di prigione
• Muhammad Na’el Tayeh, 17: 2 anni e 4 mesi di prigione
• Zaid Ayed al-Taweel, 16: 2 anni e 4 mesi di prigione
Oltre a questi 5 ragazzini, nello stesso processo fu condannato un ragazzo di 14 anni, Omar Rani Yaseen, a un anno di prigione e Yazan Hani Ayoub, età sconosciuta, a un anno e due mesi di prigione.