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Salute e diritti umani a Gaza: una vergogna mondiale

10 dicembre 2019
Richard Falk

Salute e Diritti Umani a Gaza

[Nota preliminare: questo testo è dedicato alla salute e ai diritti umani a Gaza. E’ basato su una presentazione video di alcune settimane fa a una conferenza su questo tema tenuta a Gaza. Non fa alcun tentativo di aggiornamento con riferimento al più recente ciclo di violenza scatenato dall’assassinio mirato di Baha Abu-Ata, un comandante militare jihadista islamico, il 12 novembre 2019. Provo sentimenti forti riguardo ai temi trattati in questo articolo non solo perché ho assistito alle condizioni di vita a Gaza e ho amici a Gaza che hanno sopportato avversità e ingiustizie così a lungo senza perdere il loro calore e nemmeno la loro speranza. I miei contatti con Gaza e con i suoi cittadini nel corso di molti anni sono stati a un tempo di ispirazione e profondamente demoralizzanti, una profonda visione delle carenze della condizione umana accoppiate a uno sguardo confortante al coraggio spirituali di quelli resi così gravemente vittime.

Riflettendo sul destino terrificante imposto alla gente di Gaza ho provato vergogna per gli assordanti silenzi, specialmente di quei governi e dei loro leader nella regione e di quei paesi con una responsabilità storica (il Regno Unito) e con una lega geopolitica (gli Stati Uniti). Noto anche con allarme il rifiuto dei media prevalenti di dedicare attenzione alla miseria così a lungo sopportata dalla gente di Gaza. Se mai la norma della “responsabilità di proteggere” fosse applicata secondo le necessità umanitarie, Gaza sarebbe in testa alla lista, ma naturalmente non esiste una lista, e se mai ce ne fosse una, considerata l’attuale atmosfera internazionale, Gaza non vi comparirebbe! Questo ignorare la gente di Gaza è tanto acuto da estendere la rete della complicità criminale ben oltre i confini di Israele].

Salute e diritti umani a Gaza: una vergogna mondiale

Voglio cominciare porgendo i miei saluti a tutti qui oggi. Auguro di tutto cuore che le condizioni a Gaza siano diverse, consentendomi di condividere l’esperienza della conferenza direttamente con voi prendendovi parte direttamente e attivamente. Il tema della conferenza tocca le politiche e la pratica della violenza israeliana che ha reso vittima la gente di Gaza così a lungo. La popolazione di Gaza ha già subito una situazione deprecabile fin dall’inizio dell’occupazione nel 1967, ma le cose sono molto peggiorate dopo le elezioni del 2006 a Gaza, rafforzate dai cambiamenti dell’amministrazione politica verificatisi l’anno successivo. Le politiche di Israele sono state sistematicamente crudeli e violente, ignorando gli standard legali e i valori morali applicabili al comportamento di una Potenza Occupante. Questi standard e valori sono incarnati nella Legge Umanitaria Internazionale (IHL) e nella Legge Internazionale sui Diritti Umani (IHRL).

Sostenere il diritto alla salute è tra i diritti umani più fondamentali, articolato per la prima volta nello Statuto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1946: “Il diritto di tutti a godere del massimo livello ottenibile di salute fisica e mentale”. Questo diritto è ulteriormente articolato nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, specialmente nell’articolo 25, e poi inserito in forma di trattato dalla Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali nel 1966. L’interferenza deliberata con il diritto alla salute è tra le violenze collettive peggiori immaginabili contro un popolo soggetto a un’occupazione belligerante. Israele, che si affida a un regime di apartheid per mantenere il controllo sul popolo palestinese nonostante il suo diritto internazionalmente protetto alla resistenza, è stato particolarmente colpevole di un comportamento che ha invaso e violato in modo flagrante, coerente e intenzionale il diritto alla salute dell’intera popolazione civile di Gaza in una varietà di modi.

La Grande Marcia del Ritorno esemplifica le brutalità della politica israeliana di occupazione, che include uno sconvolgente disprezzo della salute fisica e mentale della popolazione civile palestinese che partecipa alle dimostrazioni. Ci offre anche una metafora delle violazioni del diritto alla salute e di altri diritti della popolazione di Gaza considerata come entità collettiva. Questo andamento di violazioni si verifica nel contesto di persistenti e coraggiosi atti palestinesi di resistenza a sostegno del loro diritto al ritorno nella propria patria, un diritto affermato presso l’ONU e chiaramente stabilito nella legge internazionale, che Israele ha rifiutato di rispettare per sette decenni, cioè sin dalla Nakba. Di fronte a un simile fallimento delle procedure internazionali di sostenere i diritti dei palestinesi, un ricorso a una politica di autosostegno pare ragionevole, e in realtà la sola via attualmente in grado di produrre risultati positivi. La gente di Gaza ha atteso abbastanza a lungo, in verità troppo a lungo, senza veder protetti i propri diritti internazionali più elementari dalla comunità organizzata mondiale.

Una questione preliminare è se, come afferma, Israele sia sollevato da tutti gli obblighi legali internazionali nei confronti della gente di Gaza in conseguenza del supposto “disimpegno” da Gaza del 2005. Dal punto di vista della legge internazionale, l’allontanamento fisico delle truppe occupanti dell’esercito israeliano (IDF) dal territorio di Gaza e lo smantellamento di insediamenti israeliani illegali non ha modificato lo status legale di Gaza quale “territorio palestinese occupato”. Israele ha mantenuto uno stretto controllo su Gaza, che ha incluso grandi attacchi militari nel 2008-09, 2012 e 2014, nonché con l’uso frequente di una forza eccessiva, di armi e di tattiche illegali, e con disprezzo degli obblighi della legge. Nonostante il “disimpegno”, Israele mantiene un controllo effettivo e generale dei confini di Gaza, del suo spazio aereo e delle sue acque marittime al largo.  Di fatto, in conseguenza del blocco in vigore dal 2007, l’occupazione è più intensa e violenta di quanto era la forma oppressiva di occupazione esistente a Gaza prima del disimpegno. Dal punto di vista di IHL e IHRL, Israele è pienamente obbliato in base alla legge internazionale a esercitare il suo ruolo di potenza occupante, e le sue affermazioni circa il contrario sono legalmente irrilevanti. Purtroppo, a causa di realtà geopolitiche e della debolezza dell’ONU, queste affermazioni di Israele continuano ad avere una rilevanza politica mentre gli obblighi di Israele non sono fatti valere e sono prevalentemente ignorati, creando una situazione inaccettabile in cui Israele gode in un’impunità di fatto ed elude tutte le procedure di chiamata a rispondere previste dal ricorso alla legge internazionale e alle istituzioni giudiziarie internazionali.

E’ anche importante, secondo noi, comprendere il significato dei risultati del rapporto ESCWA 2017 preparato da Virginia Tilley e da me. Abbiamo concluso, dopo aver esaminato prove, che Israele mantiene una struttura di apartheid di controllo del popolo palestinese nel suo complesso, il che ovviamente include la popolazione di Gaza. Il nostro punto principale è che Israele usa una varietà di mezzi per assoggettare e vittimizzare i palestinesi in modo da stabilire e sostenere uno stato ebreo esclusivista in cui, secondo la Legge Fondamentale di Israele del 2018, concede solo agli ebrei l’autorità di reclamare il diritto all’autodeterminazione. Circoscrivere il diritto all’autodeterminazione mediante criteri razziali escludenti è un virtuale riconoscimento di un’ideologia di apartheid.

Deve essere più diffusamente compreso che l’apartheid è un Crimine Contro l’Umanità, secondo l’Articolo 7(j) dello Statuto di Roma che disciplina le attività della Corte Penale Internazionale. Il carattere criminale dell’apartheid era stato in precedenza confermato della Convenzione ONU sulla Soppressione e la Punizione del Crimine di Apartheid del 1973. Se l’apartheid è effettivamente presente, allora tutti i governi hanno obblighi legali e morali di unirsi nello sforzo di sopprimere e punire. Così come nel caso di IHL e IHRL, la criminalizzazione dell’apartheid non è attuata da meccanismi intergovernativi formali a causa di blocchi eretti dalla geopolitica e dalla relativa debolezza dell’ONU, ma questo non significa che la designazione sia politicamente e moralmente priva di significato. Poiché i governi si rifiutano di agire, la responsabilità e l’opportunità di imporre la legge ricade sui popoli del mondo che devono fare ciò che il quadro formale dell’ordine mondiale è incapace di fare.

Una tale ondata di base contro l’apartheid si è verificata rispetto al regime di apartheid del Sudafrica, producendo un’inversione totalmente inattesa dell’approccio da parte della dirigenza afrikaner del paese, determinando la liberazione dal carcere di Nelson Mandela dopo 27 anni di detenzione, seguita dalla transizione largamente pacifica a una democrazia costituzionale multirazziale con diritti umani promessi a tutti indipendentemente dalla razza. Un simile risultato era considerato impossibile nell’interno spettro politico in Sudafrica, fino a quando non è stato concretamente realizzato nel 1994.

Naturalmente non possiamo garantire che la storia si ripeterà e libererà il popolo palestinese dal suo calvario secolare, ma neppure possiamo escludere la possibilità che la combinazione di resistenza palestinese e solidarietà globale abbia un effetto emancipativo, liberatorio. In parte il movimento nazionale palestinese è l’ultima lotta non completata contro il colonialismo europeo d’insediamento. Visto così, il progetto sionista attraverso la creazione di Israele ha temporaneamente invertito il corso della storia in Palestina per una serie di motivi complicati, ma il destino finale della Palestina resta in dubbio fintanto che la resistenza palestinese è sostenuta e la solidarietà è solida. A questo riguardo, la Grande Marcia del Ritorno è un segno forte che la resistenza palestinese qui a Gaza continua a offre un’energia ispiratrice a quelli di noi in tutto il mondo che credono che questa particolare lotta per la giustizia individuale e collettiva di un popolo oppresso sia ciò di cui fondamentalmente si tratta quando si parla di diritti umani.

La Grande Marcia è una metafora perfetta sia del tema di questa conferenza sia della lotta che ha motivato gli indifesi residenti di Gaza a rivendicare questo diritto, tra i più fondamentali, al ritorno nella loro patria da cui sono stati ingiustamente e forzatamente cacciati. Questa rivendicazione è stata riaffermata in modo impressionante ogni venerdì per più di un anno di fronte al ricorso vendicativo di Israele alla forza eccessiva sin dal suo inizio nel marzo del 2018. Israele, fin dall’inizio stesso delle proteste, ha adottato un approccio di forza eccessiva basato su terrorizzare i dimostranti ricorrendo alla violenza letale in un aspro sforzo di punire e distruggere questa formidabile sfida creativa al controllo coloniale/da apartheid di Israele. Lo scopo di Israele sembra essere un tentativo vano e illegale di indebolire la volontà palestinese di resistere che è sopravvissuta a decenni di cattività, scoraggiamento e violenze indicibili.

Al tempo stesso, tale reazione criminale di Israele a questa angosciata affermazione di un diritto da parte della gente di Gaza è stata anche l’espressione culminante dell’aggressione israeliana alla salute fisica e mentale della popolazione civile di Gaza. Non è certo sorprendente che il fardello creato da 20.000 abitanti feriti di Gaza abbia soverchiato le capacità mediche già stressate di Gaza. Molti dei colpiti hanno ricevuto feriti da arma da fuoco che hanno messo in pericolo la loro vita e i loro arti, causando gravi infezioni e richiedendo frequentemente amputazioni. Questa situazione di crisi dell’assistenza sanitaria è stata aggravata dalla penuria di farmaci antibiotici necessari e dalle tetre esperienze degli abitanti feriti di Gaza che avevano bisogno di attenzioni specialistiche che potevano essere ottenute solo fuori da Gaza. Quelli così disperatamente bisognosi di cure mediche fuori da Gaza hanno incontrato difficoltà quasi impossibili nell’ottenere i prescritti permessi di uscita e ingresso che Israele spesso ha negato persino in circostanze normali. In relazione ai feriti negli eventi della Grande Marcia la situazione è stata molto peggiore. Israele è stato più indisposto a concedere permessi d’uscita ai feriti nella Grande Marcia, discriminando ogni palestinese che aveva osato protestare pacificamente contro la negazione dei diritti cui ha titolo ogni essere umano sulla terra. Una tale violenza si è criminalmente intensificata in relazione agli abitanti di Gaza che dovrebbero essere protetti in misura speciale in virtù della Quarta Convenzione di Ginevra e della IHL più in generale. Invece di proteggere, l’approccio israeliano è consistito nell’imporre una prolungata punizione collettiva non solo ai resistenti palestinesi, ma anche all’intera popolazione di Gaza in diretta violazione dell’articolo 33 della Quarta Convenzione di Ginevra, e non per un breve intervallo associato a circostanze speciali, bensì nel corso di decenni.

Oltre a queste condizioni eccezionali associate alla ricaduta sanitaria della Grande Marcia, Israele, non avendo protetto la popolazione civile di Gaza in condizioni di ingiusta occupazione prolungata, è colpevole di numerose altre forme di punizione collettiva ciascuna delle quali ha un impatto negativo sulla salute degli abitanti di Gaza. Queste conseguenze avverse derivano dal mantenimento di un blocco vendicativo, dalla periodica applicazione di forza eccessiva ben oltre qualsiasi ragionevole giustificazione di sicurezza e dall’applicazione di politiche e pratiche che riflettono il carattere coloniale/da apartheid dell’approccio israeliano al popolo palestinese, che ha a lungo assunto una forma sinistra a Gaza. Le conseguenze per la salute sono disastrose, come confermato da misurazioni statistiche affidabili della condizione fisica e mentale della popolazione, dome dimostrate dall’indisponibilità di acqua potabile sicura, dall’esistenza di fogne a cielo aperto non trattate, dalla frequenza di lunghi blackout elettrici che interferiscono con l’attività degli ospedali e delle attrezzature mediche e da studi che documentano l’elevata incidenza di gravi traumi vissuti da molti residenti di Gaza, tra cui giovani e bambini particolarmente vulnerabili. Quelli di noi che hanno visitato Gaza anche in condizioni che potrebbero essere definite “normali”, sono venuti via chiedendosi come si possa sopportare uno stress simile senza subire una reazione traumatica.

Questa grave violazione del diritto alla salute del popolo di Gaza dovrebbe essere occasione di indignazione nella comunità internazionale e ricevere un’attenzione mediatica appropriata, ma le deliberate e massicce violazioni israeliane della IHL e della IHRL sono difese dalla geopolitica dalla censura e da sanzioni di governi e dell’ONU, una realtà ulteriormente oscurata da media prevalenti occidentali compiacenti che sono fuorviati e manipolati da campagna israeliana di propaganda attentamente orchestrata che presenta la sua condotta criminalmente illegale come un comportamento ragionevole assunto per difendere la sicurezza nazionale di uno stato sovrano, un aspetto del suo diritto legale di difendersi contro quello che definisce un nemico terrorista. Tale propaganda israeliana falsifica la realtà della situazione in molti modi, ma crea fuori da Gaza un confusione sufficiente a distrarre l’attenzione dalla sofferenza imposta al popolo palestinese nel suo complesso e alla popolazione civile di Gaza in particolare.

Su questo sfondo diventa chiaro che gli sforzi di solidarietà di base di denunciare queste verità ed esercitare pressioni non violente su Israele mediante la campagna BDS e altre iniziative sono contributi essenziali alle continue lotte del popolo palestinese. E diversamente dalla reazione sudafricana, Israele, con la sua sofisticata rete globale ha cercato in ogni modo di screditare tale opera globale di solidarietà, spingendosi persino a usare la sua leva all’estero per criminalizzare la partecipazione all’attività del BDS incoraggiando l’approvazione di leggi punitive e l’adozione di politiche amministrative restrittive in Europa e in America del Nord.

Lasciatemi concludere queste osservazioni affermando che, nonostante l’apparente squilibrio di forze sul campo, la storia resta fortemente dalla parte della lotta palestinese contro il regime di apartheid israeliano. Gran parte del mondo si rende conto che il coraggioso popolo di Gaza è da lungo tempo nell’occhio di un ciclone spaventoso e apparentemente interminabile. E’ mio onore appoggiare meglio che posso la vostra lotta per la realizzazione del diritto all’autodeterminazione. Nonostante l’apparenza attuale sia contraria, ho fiducia che la giustizia prevarrà, che i palestinesi otterranno i loro diritti e sorprenderanno il mondo come fecero gli oppositori dell’apartheid sudafricano una generazione fa. Spero di vivere abbastanza a lungo da visitare in futuro Gaza in un tempo di liberazione e festeggiamenti. Nel frattempo auguro il successo di questa conferenza.

 

Note: Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivowww.znetitaly.org
Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/health-and-human-rights-in-gaza-shame-on-the-world/
Originale: RichardFalk.com
Traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2019 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

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