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I movimenti internazionali rompono l'assedio di Gaza

1 agosto 2009
Suzanne Morrison
Tradotto da per PeaceLink

A partire dal giugno 2007 il governo israeliano ha sottoposto la striscia di Gaza ad un isolamento quasi totale. L'assedio impedisce di fatto qualsiasi spostamento, sia di persone che di merci da e per la regione costiera e solo sporadicamente viene permesso l'ingresso a quote minime e insufficienti di aiuti umanitari.
Dal 2007, di fatto, è praticamente vietata l'esportazione di merci di qualsiasi tipo, con l'eccezione di una minima quantità di fiori, garofani, nei primi mesi dell'anno. (1)

Volendo dare una rapida valutazione socio-economica della situazione di Gaza, possiamo calcolare le perdite totali nel settore agricolo in 30 milioni di dollari e 40.000 posti di lavoro nella stagione 2007/08, la sospensione del 98% delle attività industriali, con oltre l'80% della popolazione di Gaza ormai dipendente dagli aiuti umanitari provenienti da varie associazioni e agenzie internazionali. (2)

In realtà, la chiusura dei confini è stata periodicamente imposta a Gaza ed alla Cisgiordania a partire dal 1991. Mentre Israele impedisce i movimenti e gli accessi in nome di misure di sicurezza temporanee, la regolarità e l'entità di questi meccanismi, facendo riferimento in particolare al processo di Oslo, rappresentano una politica di isolamento istituzionalizzata. L'attuale assedio di Gaza da parte di Israele è la messa in atto di una applicazione durissima e senza precedenti della politica di isolamento.

Negli anni passati molti cittadini stranieri hanno tentato di rompere l'assedio, portando medicinali ed altri aiuti umanitari nel territorio di Gaza.

Mentre le nazioni più potenti ed influenti del mondo rimangono a guardare il crollo totale dell'economia del paese e dell'aspettativa di vita della popolazione, cittadini da ogni parte del mondo stanno venendo in aiuto dei Palestinesi, in modi diversi, per pore fine all'assedio.

Nell'agosto del 2008, il Free Gaza Movement fece salpare verso il porto di Gaza la prima nave dopo 41 anni. Da allora, il Free Gaza Movement ne ha inviate altre sette, con aiuti ed approvvigionamenti di prima necessità, personale sanitario, giornalisti e personaggi di primo piano come Lauren Booth, cognata di Tony Blair, la vincitrice del premio Nobel per la Pace nel 1976 Mairead Corrigan, il membro del Consiglio Legislativo palestinese Mustafa Barghouti ed una altra vincitrice di premio Nobel, Mairead Maguire. Il Movimento ha in progetto molte altre navi per Gaza, per il prossimo futuro.

Per oltre 30 giorni l'International Movement to open Rafah Border ha mantenuto una presenza costante sul confine tra Egitto e Gaza, per chiedere l'apertura della frontiera e la fine dell'assedio, appellandosi a chiunque, persona o gruppo, voglia raggiungerli "fino a che la frontiera non verrà dichiarata definitivamente aperta".

Viva Palestina è un convoglio di aiuti umanitari, nato su iniziativa di un membro del parlamento britannico, George Galloway. Nel marzo di quest'anno, Viva Palestina è riuscita a portare 100 veicoli carichi di rifornimenti dalla Gran Bretagna a Gaza. Galloway, insieme al veterano del Vietnam ed attivista per la pace Ron Kovic, hanno di recente organizzato un convoglio per la Palestina, a guida statunitense. Il convoglio è entrato a Gaza passando attraverso la frontiera di Rafah, con 200 cittadini americani, tra i quali la parlamentare Cynthia McKinney ed il mebro del consiglio cittadino di New York Charles Barron. Viva Palestina sta progettando un nuovo convoglio dalla gran Bretagna nell'ottobre 2009.

Dopo la riuscita visita di una delegazione nel marzo scorso,lo stesso giorno della festa della donna, Code Pink ha organizzato altre due 'missioni' all'inizio dell'estate, una che è entrata nel paese da sud, attraverso la frontiera di Rafah e l'altra da nord, attraverso Erez, riuscendo a portare rifornimenti di prima necessità alla popolazione.
La Coalition to End the Illegal Siege of Gaza, coordinata da Norman Finklestein ed altri accademici/attivisti di primo piano, sta organizzando una marcia a Gaza per il 1 gennaio 2010. Secondo il sito web dei promotori "quando gli stati non applicano la legge, quando i leader del mondo infrangono la legge, allora è il popolo che deve fare qualcosa!"

Oltre a queste iniziative importanti di resistenza popolare e internazionale contro l'assedio israeliano, ne contiamo innnumerevoli altre di minore portata, guidate da Palestinesi, Israeliani e cittadini di ogni nazione.

Considerata l'entità dell'opposizione messa in campo dai governi israeliano ed egiziano (e dalle potenze che li supportano), è risultato difficile per ognuno di questi gruppi ottenere un risultato di assoluto successo. I loro membri hanno dovuto affrontare enormi difficoltà, in termini di impedimenti burocratici, arresti, detenzioni ed espulsioni. Così Egitto ed Israele sperano di reprimere e intimidire le persone di coscienza.

Se l'interruzione dell'assedio di Gaza richiede più della sola consegna di aiuti umanitari, i movimenti popolari internazionali rappresentano una minaccia estremamente reale alla politica di isolamento praticata dallo stato di Israele.

Più a lungo dura l'assedio, più ampio sembra diventare il fronte della resistenza popolare e, a distanza di due anni dall'inizio delle operazioni, il movimento si sta espandendo e diventando sempre più forte. Quello che tutte queste iniziative di resistenza popolare rendono assolutamente evidente è che cittadini di ogni parte del mondo sono pronti a fare quello che gli stati non sono riusciti a fare, per indisponibilità o semplice inettitudine: mettere fine all'assedio di Gaza!


(1) PALTRADE ""Gaza Strip Crossings Monitoring Report," rapporto mensile (giugno 2009)

(2) Banca Mondiale "Moving Beyond the ‘Movement and Access' Approach" West Bank and Gaza Update (Ottobre 2008), 15 e OCHA Special Focus, "The Closure of the Gaza Strip: The Economic and Humanitarian Consequences" (dicembre 2007)."

Suzanne Morrison ha vissuto a Gaza nel 2005-2006 ed è attualmente impegnata in un master presso l'Università Americana del Cairo. Sta lavorando ad una tesi sul ruolo delle istituzioni internazionali nel processo di formazione dello stato palestinese. Può essere contattata al seguente indirizzo email: suzanne_m@aucegypt.edu .

  

Tradotto da Patrizia Messinese per Peacelink

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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