Taranto come l'Aquarius
LA MIA VITA CON VOI
Tutta la mia azione sull'ILVA è stata sempre basata sull'indignazione verso chi poteva soccorrerci ed è rimasto indifferente. In questi anni avrebbero potuto salvare vite umane e non lo hanno fatto. Taranto è un caso evidente di razzismo ambientale, hanno scaricato su di noi quello che Genova non voleva più subire. E così ci hanno fatte affondare nella malattia e nella disperazione. Nessun governo ci ha offerto un porto sicuro dove poterci salvare. Ci hanno abbandonato come città alla deriva, senza protezione e senza tutele. Chi ci ucciderà avrà anche lo scudo penale.
Adesso potrete capire perché oggi provo la stessa indignazione verso Salvini che provavo ieri verso Riva. L'indifferenza mi indigna, l'arroganza mi spaventa.
Taranto come l'Aquarius: quando ho visto quelle persone lasciate a se stesse - ebbene sì - ho subito pensato a Taranto. E' scattata una molla che non so descrivervi, non ho dormito la notte. E mi sono detto: sacrificabili quelli dell'Aquarius, sacrificabili noi a Taranto. Ma io non lotto solo per Taranto, per il mio interesse personale, per quanto giusto. E così ho difeso con tutto me stesso gli uomini, le donne e i bambini dell'Aquarius, cittadini del mondo, di cui non conosco né il nome né il volto. Perché i miei ideali sono ideali universali e non cambiano a seconda delle città, delle nazioni, delle circostanze e del colore delle persone.
Sono stato educato alla solidarietà. Se mi avete conosciuto così testardo e combattivo sull'ILVA è perché nei dieci anni precedenti io mi sono occupato dell'Africa, di chi moriva perché mancava un antibiotico dal costo di pochi dollari. Forse non lo sapete, ma PeaceLink negli anni Novanta ha portato a Nairobi i primi modem per i computer, facendo le connessioni dati con i cerotti, ponendoci al servizio dei missionari comboniani che accolgono i bambini di strada, quelli che vivono per strada nei cartoni e sniffano colla per calmare la fame.
PeaceLink ha collegato quel grido di dolore alla rete, esperienza unica e bellissima, raccontata in due libri (Telematica per la Pace e Apri una finestra sul mondo)che molti di voi non conoscono.
Abbiamo maturato così un'esperienza nella comunicazione globale delle emergenze umanitarie che poi abbiamo messo a disposizione della città di Taranto. Se si è parlato di Taranto per le prime volte sui giornali nazionali e in TV è perché abbiamo attirato l'attenzione dei mass media con le stesse tecniche di comunicazione con cui abbiamo attirato l'attenzione su Nairobi in Kenya (dove abbiamo sostenuto padre Kizito) o su Kimbau in Congo (dove abbiamo sostenuto la dottoressa Chiara Castellani) o nella Foresta Amazzonica (dove abbiamo sostenuto padre Dario).
In tutta questa lotta per dare voce a chi non aveva voce mi ha accompagnato l'incoraggiamento costante di mio padre, uomo mite e combattivo al tempo stesso, capace di sorridere e di indignarsi, di provare per gli altri gli stessi sentimenti di bontà che provava per i suoi figli. E così mio padre (romagnolo di nascita, attivo nella Brigata Garibaldi contro l'occupazione tedesca, scampato con una fuga rocambolesca alla cattura e alla prigionia nei campi di concentramento) mi ha educato a resistere, ad essere di aiuto agli altri e a lottare contro ogni forma di ingiustizia. Mi ha educato a non voltarmi dall'altra parte. Mi ha aiutato a fare della mia vita un'esperienza di cui anche lui potesse andare fiero.
Vi ho raccontato in poche righe la mia storia, la mia vita e la ragione per cui sono stato con voi in tutti questi anni.
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