Media e giornalismo: la sfida della trasformazione digitale
Sono intervenuti:
- Valentina Vivona, CCI/OBCT: qual è il ruolo del giornalista in un contesto iperconnesso?
- Ornaldo Gjergij, CCI/OBCT: come i dati stanno cambiando il giornalismo e perchè non ne risolveranno i problemi?
- Federico Caruso, CCI/OBCT: come rimodulare il ruolo del giornalista rispetto al peso sempre maggiore delle grandi piattaforme digitali?
- Dimitri Bettoni, CCI/OBCT: come un'emergente cultura della sorveglianza sta cambiando il modo di fare giornalismo?
Moderatore: Marco Oberosler, CCI/CSG
Maggiori informazioni sul progetto e sui materiali prodotti: https://dttools.eu
L'incontro analizza l'impatto della digitalizzazione nell'ambito della sfera del privato e del sociale.
Infatti il giornalismo è influenzato dai processi di digitalizzazione nell'attivare percorsi di cittadinanza democratica e educazione ai diritti umani.
Questo evento webinar si inserisce in un progetto di trasformazione digitale nell'apprendimento degli adulti e nell'ambito della cittadinanza attiva.
L'associazione PeaceLink - Telematica per la pace si è avvicinata al tema della trasformazione digitale con un focus su formazione e giornalismo.
In vista di questa convergenza di intenti, si è deciso di unire le forze e le competenze.
La digitalizzazione ossia il passaggio dall'analogico al digitale è una questione essenzialmente tecnica che tuttavia innesca una trasformazione profonda che produce cambiamenti a livello sociale, economico, culturale.
L'analisi della trasformazione digitale è anche un argomento educativo. L’educazione alla trasformazione digitale è lo stimolo alla comprensione di come la tecnologia impatti sui processi sociali, economici, culturali. Particolarmente rilevante è la comprensione di quale influenza eserciti sui processi democratici.
Nelle democrazie liberali contemporanee la presenza di media di informazione indipendenti rappresenta un elemento fondamentale per la possibilità di partecipare in modo consapevole alla vita pubblica. Tuttavia la sola presenza di un’informazione indipendente e plurale non è sufficiente se i cittadini non hanno gli strumenti per accedervi, interpretarla, compararla e crearsi una propria idea.
La nostra analisi vuole proprio indagare l'impatto della trasformazione digitale sui media e il giornalismo, una dimensione essenziale per tenere vivo il fuoco della democrazia nella nostra vita quotidiana.
Un'altra questione esposta durante l'incontro: il ruolo del giornalista nei contesti iperconnessi.
Come la stampa reagisce all'avvento del web in Europa?
Tra gli anni 1990 e 2000 le testate giornalistiche fanno finta che non esista la rivoluzione digitale.
Nel 2001 l'attacco alle torri gemelle porta a fame di notizie e traffico sul web.
Il web diventa luogo dove trovare notizie aggiornate. Ma a livello organizzativo le redazioni non cambiano. Solo la crisi del 2008 porta a cambiamenti. Quindi siamo adesso in un contesto iperconnesso con varie fonti disponibili e analizzabili. Le testate giornalistiche devono convivere con la sovrabbondanza di notizie, che può portare a un'avversione verso di esse. Le ragioni della repulsione verso le cattive notizie comporta un impatto depressivo e un senso di impotenza.
La viralità delle false notizie dipende non tanto dai portali che le creano quanto dalla condivisione di queste notizie da parte delle principali testate. Questo genera un vortice negativo, un circolo vizioso che alimenta la sfiducia nei media.
La diffusione di cattive notizie (misinformazione) provoca più fuga dalle notizie di quanta non ne provochi la diffusione di notizie false (disinformazione). Questo provoca una infodemia, ossia una diffusione generalizzata di opinioni contrastanti, dati non contestualizzati che contribuiscono a far crescere l'avversione alle notizie. La pandemia da covid ha amplificato questi temi.
Il ruolo del giornalista nell’era digitale, dapprima passivo o addirittura negativo, può diventare positivo anche grazie a nuove forme di slow journalism che si concentrano sull’informazione più che sulla notizia, che hanno lo scopo di informare piuttosto che di aggiornare.
È opportuno concentrarsi su temi quali la migrazione, la disuguaglianza economica, il razzismo, il disarmo con un giornalismo lento atto a informare e a fornire il contesto. Il pessimismo delle notizie è scavalcato dalla potenzialità del dare una visione completa dell'esistente. Quindi non semplicemente buone notizie, ma approfondimenti, tramite un giornalismo basato sui dati: raccontarli e analizzarli per spiegare l'esistente.
Il giornalismo di dati è un modello nuovo e innovativo nel mondo dell'informazione ed è entrato alla ribalta con la pandemia perché i temi sono legati all'analisi di cosa sta succedendo: l'analisi dell'esistente. Quindi il giornalismo non è recepire dati, ma elaborarli e analizzarli. Subentra un boom di dati con la digitalizzazione degli archivi e delle informazioni, con una quantità di nozioni ora disponibili.
Altro quesito: come rimodulare il ruolo del giornalista rispetto alle grandi piattaforme digitali?
E ancora: come una cultura della sorveglianza cambia il modo di fare giornalismo?
La sorveglianza imposta dal sistema di potere stabilisce l'autodisciplina. La sorveglianza è dominante in tutte le istituzioni pubbliche come entità che sorvegliano in un atto di controllo. La società moderna ormai perde queste caratteristiche.
È una società liquida come sostiene il filosofo Bauman. Infatti questi caratteri sono meno vincolanti, perché le nuove tecnologie a disposizione di tutti hanno un potere di veglianza che compensa quello calato dall'alto, dallo Stato.
PeaceLink si trova nei contenuti di questo webinar?
La questione dei dati è estremamente rilevante e oggetto di attenzione.
Infatti le iniziative di denuncia della presenza di diossina a Taranto sono basate su analisi di realtà di dati trasformati in notizia. L'associazione PeaceLink nasce e è sempre attiva per l'impegno sulle questioni della pace e del disarmo, ma per una serie di motivi noi attivisti di PeaceLink ci siamo imbattuti anche in problematiche ambientali e ci siamo addentrati nella questione scottante della diossina a Taranto.
Infatti dal 2005 in poi abbiamo fornito i dati alla magistratura e da questo atto è nato il maxiprocesso 'Ambiente svenduto' contro Ilva, che ha portato alla sentenza di condanna.
Quindi l'educazione alla cittadinanza attiva, con l'utilizzo dei dati da noi rilevati e l'educazione alla gestione di essi è una questione davvero importante e rilevante per PeaceLink.
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