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Ilva di Taranto:

Memoria, lotta e resistenza sociale nella narrazione di Piero Mottolese

La tesi di Monia Torre, basata su un’approfondita ricerca antropologica, analizza la percezione del rischio legate all’Ilva di Taranto. Attraverso le testimonianze di operai come Piero Mottolese, attivista di PeaceLink, emergono le dinamiche tra fabbrica, ambiente e comunità.
14 gennaio 2025
Redazione PeaceLink

Alcuni camini dell'Ilva a ridosso della città di Taranto

La tesi di Monia Torre esplora il complesso intreccio tra ambiente, lavoro e società nel contesto dell’Ilva di Taranto, focalizzandosi sulla vulnerabilità sociale e sulla percezione del rischio. Attraverso le voci di lavoratori, cittadini e attivisti, il lavoro offre una lucida analisi del disastro sociale e ambientale che ha segnato profondamente il territorio ionico, adottando una prospettiva antropologica che mette al centro le esperienze vissute.

Un elemento cruciale è rappresentato dalla narrazione di Piero Mottolese, ex operaio dell’Ilva, che ricostruisce il suo percorso lavorativo e umano all’interno della fabbrica. I suoi ricordi non solo gettano luce sulla quotidianità del lavoro in un contesto industriale così complesso, ma rivelano anche le ferite, le lotte e le speranze di chi ha vissuto in prima persona l’impatto della siderurgia. Il racconto di Piero, carico di memoria e significato, diventa simbolo delle molteplici sfaccettature della vulnerabilità sociale: quella vissuta in fabbrica e quella esperita nella vita fuori dalle mura industriali. Piero Mottolese

Con uno sguardo antropologico, l’autrice mette in luce come le narrazioni individuali e collettive, intrecciate con le iniziative associative come quelle di PeaceLink, siano fondamentali per comprendere l’impatto devastante dell’inquinamento e la sfida di immaginare un futuro oltre la siderurgia.

Questo lavoro rappresenta un contributo unico per chi vuole approfondire il legame tra giustizia ambientale e diritti umani, invitando a riflettere su come le politiche industriali e le scelte collettive possano ridefinire le comunità, il loro rapporto con il territorio e, soprattutto, la loro umanità. Una lettura che ispira e arricchisce il dibattito sul futuro del nostro modello industriale e sociale. Un racconto che intreccia memoria e denuncia, evidenziando il ruolo cruciale delle associazioni cittadine nella costruzione di un dibattito pubblico sul disastro tarantino.

Indice commentato degli argomenti trattati

  1. Introduzione
    Una panoramica sul contesto tarantino, con il racconto iniziale di un dialogo familiare che introduce il tema della percezione del rischio e delle dinamiche sociali legate all’Ilva. L’autrice spiega il suo approccio antropologico e il motivo per cui ha scelto di approfondire il caso di Taranto.

  2. L’Ilva non esiste
    Un’analisi del complesso industriale siderurgico, descritto non come un’entità monolitica, ma come un insieme di microcosmi con storie, problemi e dinamiche differenti. Le narrazioni di operai come Piero Mottolese introducono il tema della pluralità delle esperienze umane all’interno della fabbrica.

  3. Il campo
    Descrizione dell’esperienza sul territorio durante la ricerca, con il coinvolgimento nelle assemblee pubbliche e nelle attività delle associazioni ambientaliste e cittadine, tra cui PeaceLink. Il rapporto diretto con gli abitanti del quartiere Tamburi e con gli attivisti offre una prospettiva privilegiata sul dibattito pubblico.

  4. Il pianeta acciaio
    Una retrospettiva storica sull’origine e l’espansione dell’Ilva di Taranto, evidenziando il peso della retorica industriale e le sue ripercussioni ambientali e sociali. Si analizzano le strategie economiche e politiche che hanno portato alla costruzione e all’ampliamento dello stabilimento, nonostante le criticità note fin dagli anni ‘70.

  5. Vulnerabilità sociale e antropologia del rischio
    Approfondimento sul concetto di vulnerabilità sociale, analizzando come le politiche industriali abbiano condizionato il territorio e la popolazione di Taranto. Viene discusso il significato antropologico del “disastro” e la percezione del rischio tra cittadini e lavoratori.

  6. Microcosmi di fabbrica: narrazione e costruzione della vulnerabilità
    Le testimonianze di Piero Mottolese e altri operai illustrano come il lavoro in fabbrica abbia plasmato non solo la loro esistenza, ma anche la loro percezione del rischio. La narrazione diventa uno strumento di resistenza e di denuncia, intrecciando memoria personale e impegno collettivo.

  7. Fuori dalla fabbrica
    Esame delle forme di resistenza e partecipazione nate al di fuori dei confini industriali. PeaceLink e altre associazioni vengono analizzate come luoghi di mediazione tra il vissuto degli operai e il dibattito pubblico, contribuendo alla costruzione di una coscienza collettiva sulla questione ambientale e sociale.

  8. Cittadini e lavoratori
    Analisi delle relazioni complesse tra operai e cittadini nel dibattito sull’Ilva. Viene messa in evidenza la frattura sociale tra chi difende il lavoro in fabbrica e chi lotta per un ambiente più sano, cercando di superare la dicotomia tra occupazione e salute.

  9. Considerazioni conclusive
    Riflessioni finali sull’esperienza tarantina, con una critica alle politiche industriali e alla gestione del rischio. L’autrice sottolinea l’importanza di narrazioni come quella di Piero Mottolese per comprendere il disastro umano e ambientale e per immaginare alternative sostenibili.

  10. Bibliografia e Appendice
    Elenco delle fonti utilizzate e trascrizioni di interviste e dialoghi raccolti sul campo, che arricchiscono il quadro narrativo e analitico della tesi.

Note: Vedi anche

Taranto - Il dolore non muore mai. L’ho visto negli occhi di Piero Mottolese, un ex–operaio dell’Ilva
https://www.italiachecambia.org/2013/11/ilva-a-taranto-il-dolore-non-muore-mai/

Allegati

  • Tesi di laurea su Piero Mottolese

    Monia Torre (Università Ca' Foscari Venezia)
    Fonte: http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/4979/835295-1164382.pdf?sequence=2
    1337 Kb - Formato pdf
    Disastro Taranto: «Poi ho capito che ci stavano ammazzando a tutti»

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