Principi generali per un consumo (critico) ragionato
Consumo e consumismo
Consumare significa logorare più o meno rapidamente quello che si adopera, cosicché dopo l'uso non ne resta più niente, niente di utilizzabile.
Vivendo noi dobbiamo necessariamente consumare: cibo, oggetti, energie. C'è un consumo che possiamo chiamare fisiologico, cioè necessario alla vita. Ma oggi, tutti sono d'accordo nel ritenere che si è creato un "consumismo" cioè un consumo fine a se stesso, inutile anzi dannoso, che non porta alcun vantaggio alla nostra sopravvivenza e alla nostra felicità, ma è solo funzionale agli interessi delle grosse imprese industriali e commerciali: un consumo patologico.
È dunque sempre più urgente sforzarsi di cambiare, avvicinarsi ad un consumo più adatto a noi, più razionale.
Cinque livelli di consumo
Possiamo, grosso modo, individuare cinque tipi o livelli di consumo.
1. Un consumo di pura sopravvivenza: cioè il cibo necessario a mantenerci in vita, abiti per coprirci, un tetto, legna o combustibile per scaldarci, cucinare ecc.
2. Un consumo che aggiunga alla vita un certo benessere, una certa comodità, ci liberi cioè da sofferenze fisiche e dalla fatica eccessiva, ci lasci tempo ed energie per altre attività: ricreative, culturali, spirituali.
Questi due primi livelli sono utili e benefici e vanno mantenuti ed estesi a tutti per quanto possibile. Ma ci sono altri tre tipi o livelli di consumi da rifiutare perché dannosi.
3. Consumo da "status symbol": il possesso di certi oggetti ha il solo scopo di affermare il nostro rango sociale, di renderci importanti agli occhi altrui.
4. Consumo da vuoto interiore: l'acquisto e il possesso di oggetti (l'iperattività o lo spreco di energie) servono solo ad ottenere un piacere psicologico a distrarci dalla noia, dall'angoscia, che derivano dalla non cura di valori spirituali e di senso della vita.
5. Consumi indotti: la pubblicità, le novità creano bisogni non spontanei ma funzionali alla produzione e al mercato, cioè all'arricchimento della classe industriale.
Cause del consumismo
Questo ci porta a capire meglio le cause di questo consumo in eccesso specificatamente odierno: da una parte interi gruppi industriali e commerciali ricavano molti guadagni e potere dalla produzione e la vendita e diffondono in tutti i modi questa cultura del consumo, dall'altra il pubblico degli acquirenti, come inebriato dal possesso di questi oggetti sempre nuovi, sempre stuzzicanti, che nei secoli passati non si potevano avere o costavano tanta fatica, cerca di riempire il vuoto di una vita falsa, lontana dalla natura, priva di valori morali e religiosi. Ma poiché si cerca nel possesso di oggetti o nell'iperattività fine a se stessa, una soddisfazione che queste non possono dare, si resta inappagati; allora si aumenta la dose ,si cerca un altro oggetto più costoso, una maggior quantità di cose, per uno stordimento momentaneo senza via di uscita.
Danni del consumismo
Questo tipo di consumo esagerato e deviato non solo non ci dà la felicità promessa, ma porta invece gravi danni. Innanzitutto l'inquinamento degli ambienti naturali e la distruzione delle risorse. Le fabbriche, che producono più del necessario, e cercano i bassi costi ci inondano di rifiuti tossici, gli oggetti usati costituiscono poi una gran quantità di rottami che non sappiamo dove mettere. A livello personale si danneggia la salute col cibo industriale e in eccesso, si lavora troppo in ambienti insalubri, per produrre, o per procurarsi denaro per gli acquisti. Non si sviluppano i rapporti interpersonali, la buona organizzazione, la crescita culturale e spirituale della gente, tutta occupata a "consumare". A livello sociale e internazionale si sviluppano conflittualità e guerre per il possesso delle materie prime e le risorse (petrolio ecc.), e soprattutto si sfruttano in maniera indegna i popoli non ancora industrializzati — il cosiddetto terzo mondo — ,gli si tolgono le materie prime, si fanno lavorare con bassissimi salari, vengono ridotti in miseria, la loro economia più primitiva viene distrutta, affinché il mondo occidentale ricco possa consumare e sprecare. Mentre con le conquiste della tecnica odierna se il consumo fosse equilibrato, tutti i popoli del pianeta potrebbero avere una vita dignitosa.
Perché cambiare?
Sono evidenti allora i motivi e i vantaggi di una produzione ed un consumo più saggio e più aderente ai nostri veri bisogni.
• Un minor inquinamento e un riequilibrio economico (gli sprechi non possono mai migliorare l'economia generale, ma solo arricchire pochi).
• Liberare energie e attenzione, risorse economiche, assorbite ora dalla iper produzione, trasporti, commerci che ci stordiscono ecc. per dedicarci a ciò che veramente può dare serenità e felicità: dalla lotta alla miseria alla prevenzione delle malattie, dal miglioramento dell'istruzione alla costruzione di abitazioni per tutti (infatti le case, non essendo bene di rapido consumo e non prodotte dalle industrie, mancano nel nostro paese dove invece c'è sovrabbondanza e spreco di tutto il resto: abiti, strade, auto ecc.).
• Prevenire conflitti futuri. (Le ditte saranno almeno in parte condizionate dalle nostre scelte a produrre in modo diverso...).
• Avviarci a colmare l'abisso tra paesi ricchi e paesi poveri, (e anche fra classi ricche o almeno benestanti e la miseria degli emarginati).
• Liberarci dal disagio della coscienza, o del senso di peccato di fronte a Dio, che tutto questo non può non provocare.
Sarà il primo passo per recuperare il senso della solidarietà e della fraternità.
Certo, per avere grossi e visibili risultati occorrerebbe un cambiamento a livello di massa, ma intanto, se anche pochi cominciano, saranno più serene ed equilibrate le loro singole vite, si tenterà un esperimento, si darà un esempio, altri seguiranno.
Narra una favoletta che i cacciatori africani fanno uno stretto buco in un albero e lo riempiono di noccioline. Le scimmie vanno, mettono dentro la mano e le afferrano, ma il pugno chiuso pieno di noccioline non può più uscire dal buco. Così le scimmie restano lì prigioniere finché il cacciatore viene e le uccide. Anche noi sembriamo prigionieri della nostra avidità, basterebbe aprire la mano per essere liberi e in salvo.
Come cambiare
Prima di tutto bisogna prendere coscienza del problema, perché ogni cambiamento esteriore comincia con un cambiamento del modo di pensare. Bisogna capire la necessità attuale di porre limiti al consumo e allo sviluppo puramente materiale e anche il grande potere che i consumatori stessi hanno con le loro scelte di condizionare la produzione: acquistare una coscienza critica e autonoma.
Il consumo va cambiato sia nella quantità che nella qualità. Sia ben chiaro che non si chiede alla gente di fare sacrifici enormi, cambiare di colpo completamente il proprio stile di vita.
Per farlo occorrerebbe una forte spinta morale o religiosa, ognuno in questo si regolerà secondo la propria coscienza e le proprie capacità.
Ma richiede almeno un autocontrollo, un ridimensionamento graduale, una riconquista della autonomia di scelta, una rinuncia ai capricci, gli eccessi per uno stile di vita più razionale, meno dannoseo a sé e agli altri, giungere ad abitudini più sane. E dovrebbero cominciare le persone più ricche per dare il buon esempio ...
L'autoregolazione
Prima di fare un acquisto occorre chiedersi se è proprio necessario, se possiamo aggiustare e usare ancora quello che abbiamo già, se è una nostra vera scelta o siamo stati pervasi dal di fuori o dalle ansie. Stabilire in anticipo la cifra, avere le idee chiare su quello che ci serve. Non acquistare subito, sotto l'influsso delle parole suadenti del venditore, ma tornare dopo un giorno o due dopo averci riflettuto. Non lasciarsi incantare dagli involucri colorati. Stare sulle difensive quando si entra nei supermercati: tutto, la musica l'esposizione dei prodotti ecc. è fatto per tentarci. Poiché anche l'acquisto superfluo o divertente fa parte della vita, limitarlo ad una occasione annuale, una festa, un compleanno, ad una cifra già decisa ecc.: un'evasione controllata insomma.
Una volta ridotta la quantità, possiamo dedicare più tempo ed attenzione alla scelta della qualità degli acquisti. La scelta della ditta indicata in certi manuali, le Botteghe del Commercio Equo e Solidale ecc.
In linea generale possiamo dire che è bene preferire oggetti di buon materiale, i materiali naturali sono più sani, durano di più e mantengono bellezza e valore. Chi più spende, meno spende, diceva un proverbio. Spesso un oggetto che costa di più, perché di qualità migliore (non perché di lusso) dura molto di più e ci fa risparmiare. Scegliere oggetti riparabili semplici, non stravaganti, solidi. Evitare "l'usa e getta" che è solo funzionale alla produzione. Riciclare l'usato, scambiare. In generale preferire ditte piccole, locali, più controllabili che non implicano sfruttamento e violenza sui più deboli.
La pubblicità
Una volta si diceva: "non chiedere all'oste se il vino è buono!".
Non si può pensare che chi ti vende una cosa e guadagna su questa vendita ti dica la verità su ciò che ti vende, cercherà solo di persuaderti in tutti i modi per il suo esclusivo interesse. Il semplice buon senso dovrebbe dirci che la pubblicità ordinata e pagata da chi ci vende il prodotto è solo una trappola e non dobbiamo ascoltarla ("la liturgia demenziale della religione del progresso", l'ha definita un filosofo francese, Garaudy).
Pubblicità spesso di una stupidità esilarante o di una arroganza irritante (il tale prodotto... è fatto con amore... Già — si potrebbe rispondere — l'amore per il guadagno ,ecc. ecc.).
E pensiamo che questa pubblicità fastidiosa ed ingannatrice e costosa è pagata in realtà dal consumatore, perché il suo costo deve esser compreso nel prezzo del prodotto. Dunque la prima cosa da fare è non ascoltarla, non riservarle alcuna attenzione, anzi si dovrebbe creare una reazione tale che il prodotto più reclamizzato ci metta in sospetto e venga rifiutato. Se ci promettono omaggi, regali ecc. state alla larga. Le ditte non sono istituti di beneficenza, non possono regalare nulla, è solo un trucco, uno specchietto per le allodole. Se c'è il regalo scartate quel prodotto. Non comportiamoci come gli ingenui paesani di fronte agli imbonitori da fiera.
Basterebbe che le ditte si accorgessero che il pubblico non abbocca più, non ascolta più la pubblicità, anzi rifiuta i prodotti più reclamizzati, perché il martellamento pubblicitario a poco a poco si sgonfiasse e le ditte puntassero invece sulla qualità del prodotto.
Dunque tutto dipende da noi.
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