Catena di SanLibero n. 275
Ancora giu' in Sicilia. I nostri lettori hanno il privilegio, rispetto
a quelli di altri giornali, di conoscere la storia di Carlo Ruta, un
giovane giornalista siciliano (della Sicilia piu' profonda: Ragusa)
che, su un miserabile sito di provincia, ha fatto tre cose proprio da
giornalista.
1) Ha riaperto le indagini sull'assassinio di Giovanni Spampinato, il
locale corrispondente de L'Ora che proprio a Ragusa venne assassinato
per quel che scriveva, molti anni fa, mentre stava indagando sui
rapporti fra mafia e estrema destra terrorista. A ucciderlo fu un
fascista, di una delle principali famiglie della Ragusa-bene.
Gl'inquirenti indagarono poco e male, le complicita' e i legami
rimasero inesplorati. Il caso fu pero' ripreso da Luciano Mirone (dei
Siciliani) nel suo libro "Gli insabbiati" e, piu' di recente, da Ruta.
Scatenando reazioni violentissime nel ceto notabilare - che e' sempre
lo stesso - della lontanissima e tranquilla citta' siciliana.
2) Ha aperto un'inchiesta sui collegamenti e le amicizie di alcune
grosse banche del ragusano. Non solo siciliane ma anche nominalmente
"continentali". E' stato - giustamente - querelato: l'istituto della
querela serve proprio a stabilire, davanti alla legge e in un giudizio
imparziale, chi ha torto e chi ha ragione in questi casi. Il processo
pero' e' cominciato in modo abbastana eccentrico: a richiesta
dell'avvocato delle banche - dunque una delle parti che teoricamente
dovrebbero essere uguali - il sito di Ruta e' stato senz'altro
sequestrato e il suo contenuto distrutto, prima di una qualsiasi
sentenza in qualsiasi direzione. Un provvedimento "strano", senz'altro
molto inusuale e comunque passato inosservato a causa della lontananza
e al fatto che Ruta non e' Enzo Biagi ne' Santoro.
3) Ha accumulato nel sito alcune migliaia di documenti - giudiziari e
giornalistici - sulla storia della mafia siciliana. Questi documenti
sono stati tranquillamente distrutti, insieme al resto, con la chiusura
del sito. Pazientemente, gli amici di Ruta ne hanno ricollezionato la
maggior parte, e li hanno riofferti a un pubblico su un nuovo sito. La
partita si e' dunque riaperta. Una partita pericolosa, per
l'establishment locale, dal momento che i materiali di Ruta sono
difficilmente contestabili e hanno ricevuto l'approvazione, oltretutto,
di storici e giornalisti storici della sinistra siciliana: Fidora,
direttore de L'Ora, Casarrubea, storico del caso Giuliano, e altri
amcora. "A dispetto di tutto, le inchieste aperte sulle banche, le
istituzioni forti, i potentati, gl'insoluti giudiziari dell'isola,
verranno continuate e portate a termine senza dover rinunziare a una
virgola. Si insistera' a lavorare con la disposizione consueta con il
dovuto rispetto per le persone, la verita', le cose".
* * *
La notte fra il 4 e il 5 marzo, sotto casa di Ruta, gli viene rubata
l'automobile (di non grande valore: i ladri evidentemente erano di
bocca buona) contenente alcune centinaia di copie di "Morte a Ragusa",
il libro sul caso Spampinato, che erano attese per l'indomani dalla
distribuzione. Io considero quest'episodio assolutamente esplicito: ai
miei tempi, nelle provincie piu' tradizionalmente mafiose, si sarebbe
chiamato "un avvertimento".
* * *
Delle due grandi inchieste di Ruta una, quelle sulle banche, ha un
carattere classicamente giornalistico e come tale dovrebbe essere
difesa, al di la' delle opinioni politiche, da chiunque abbia
minimamente a cuore la liberta' d'informazione. L'altra, quella sul
caso Spampinato, non solo ha un carattere giornalistico "freddo" ma
anche, con ogni evidenza, un carattere "politico" e - scusate la
desueta parola - antifascista.
Di che si tratta, infatti? Dell'assassinio di un giovane compagno,
redattore del giornale del Pci, perpetrato da estremisti fascisti nel
quadro di un establishment baronale e di una mafia diffusa. Certo, non
un argomento simpatico per i partiti di destra che oggi in Sicilia
godono di un potere non da poco. Ma come mai i partiti della sinistra
(specie quelli ex-Pci: Ds, Rifondazione, Comunisti italiani) non
sentono il bisogno *morale* di intervenire sulla vicenda? Stavolta non
c'e' la "scusante" del caso Catania, in cui venivano
"qualunquisticamente" inchiestati destra e sinistra. Stavolta tutte le
vittime - vive e morte - sono incontestabilmente di sinistra, e tutti i
violenti sono esplicitamente di destra. Cos'e', anche Ruta "fa di
tutt'erba un fascio"? E' "qualunquista"? O i segretari e deputati di
Ds, Rifondazione e Comunisti italiani sono ormai tanto privi di
sensibilita' civile, hanno tanto gettato via la loro memoria storica,
da non percepire nemmeno la drammaticita' umana e politica di un simile
caso?
* * *
Io non faccio piu' appello al sindacato dei giornalisti, che in Sicilia
non esiste (per documenti e moduli ci si rivolge direttamente
all'addetto stampa di Cuffaro) e che a Roma e Milano e' ben lontano da
queste povere e periferiche cose. Non faccio appello alla liberta' di
stampa, che in Italia vale ormai quanto vale, ne' alla coscienza civile
e democratica - come si diceva una volta - di chi sta nelle
istituzioni. No, faccio appello esclusivamente all'interesse di partito
piu' egoistico (visto che altro ormai non intendono) dei segretari
regionali di Ds, Rifondazione Comunista e Comunisti italiani e ai
rispettivi deputati e senatori. S'incontrino, pensino per un momento a
cio' da cui discendono - a Licausi, a Miraglia, ai sindacalisti
antimafiosi - e facciano il loro dovere in questa incredibile storia
sostenuta finora dal solo Carlo Ruta.
Bookmark: http://www.leinchieste.com
Info: carlo.ruta@tin.it
Solidarieta': c.c.p. 52625597 intestato a Edi.bi.si., via Ungaretti 46,
97016 Pozzallo (RG).
* * *
(Appendice. Elenco dei giornalisti assassinati in Sicilia dal
dopoguerra in poi: Alfano Giuseppe, Cristina Cosimo, De Mauro Mauro,
Fava Giuseppe, Francese Mario, Impastato Giuseppe, Rostagno Mauro,
Spampinato Giovanni. L'elenco e' tratto dall'unico libro finora apparso
sull'argomento, "Gli insabbiati" di Luciano Mirone - ovviamente anche
lui disoccupato e senza redazione).
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Fede contro Giuliana. I non-giornalisti attaccano i giornalisti.
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Iraq. Check point. Fosse passato il papa, avrebbero sparato lo stesso.
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Soluzione finale. Benzina e fuoco: e' accaduto alla periferia di
Foggia, dove un ghetto di zingari e' stato ripulito cosi' dai
volenterosi carnefici locali. Per errori nell'esecuzione tecnica, i
quattrocento zingari si sono salvati: solo una decina di bambini
all'ospedale.
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Tempi. Dicono i commercianti che da un po' gl'italiani hanno cominciato
a risparmiare il piu' possibile sugli alimentari: scuola e medicinali
non lasciano piu' spazio alla gastronomia raffinata.
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Politica. "Vota Cuffaro" in Sicilia puo' essere uno slogan, un'opinione
politica, o anche un'affettuosa raccomandazione del boss Bernardo
Provenzano. Che i siciliani, educatamente, hanno accolto.
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La Cina e' vicina 1. Il sindacato in fabbrica e' una iattura. Le
fabbriche senza sindacato, come in Veneto, ai tempi sono sembrate il
non plus ultra. Poi i cinesi hanno inventato la fabbrica non solo senza
sindacato ma anche con la polizia dentro. E i padani ora protestano:
concorrenza sleale.
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La Cina e' vicina 2. Dice che siamo troppo pesanti per reggere la
concorrenza, che paghiamo troppo. Bene. Ma paghiamo troppo Tanzi, o
paghiamo troppo l'operaio?
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La Cina e' vicina 3. Quattro marchi di latte sequestrati perche'
mettevano in circolazione latte scaduto. Bene. Ma quali erano,
precisamente questi marchi? Distrazione mia che non li ho trovati sui
giornali o attenzione del Partito che - per non danneggiare
l'Imprenditoria Nazionale - ne ha vietato la pubblicazione?
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"Bombe sangue anarchia" 1. A Siracusa trovato il responsabile di alcuni
attentati a Cgil e televisioni locali rivendicati da "nuclei comunisti
combattenti". E' un certo Andrea Acquaviva, 40 anni, espulso pochi mesi
fa "per indisciplina" dal movimento di estrema destra Forza Nuova (di
cui era stato candidato sindaco l'anno scorso).
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"Bombe sangue anarchia" 2. In giro per l'Italia diversi attentati (per
ora fortunatamente leggeri: ma una volta tendevano a intensificarsi in
tempo d'elezioni) rivendicati da una "federazione anarchica informale"
di cui si sente parlare per la prima volta in queste occasioni.
Repubblica e Corriere pero', sicuramente per distrazione, li
attribuiscono invece alla Fai (Federazione Anarchica Italiana) che
esiste da piu' di cent'anni. E' la sigla ufficiale ufficiale degli
anarchici italiani e ovviamente non ha mai fatto attentati.
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Zapatero fa un anno. In Italia gli zapateri sono due, uno professore
simpatico l'altro sindacalista-gentiluomo. Come nascono gli zapateri?
In Spagna, per colpa di un governo tanto citrullo da raccontare balle
evidenti al pubblico proprio il giorno prima delle elezioni. In Italia
piu' o meno allo stesso modo, ma diluito nell'arco di tre anni.
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Perche' scioperano i ferrovieri. Nei traghetti Messina-Villa hanno
abolito l'ufficiale di coperta (quello che si occupa della sicurezza) e
l'ufficiale di macchina (che si occupa anche di anti-incendio).
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Cronaca. Torino. Crolla la palazzina fatiscente in cui "abitano" gli
immigrati in via Veronese.
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Cronaca. Napoli. Crolla la palazzina fatiscente in cui "abitano" i
napoletani al rione Sanita'.
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Spubblicita'. Per favore, non comprate - nel caso abbiate i soldi - Bmw
nuova serie. E' quella che ci rompe le scatole - aprendo un maleducato
popup copritutto - ogni volta che apriamo le news di Repubblica.it.
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Stampa libera e free-press. A differenza della maggior parte dei paesi
europei, l'Italia non ha una grande tradizione di lettura dei
quotidiani. I lettori, proporzionalmente, sono circa un terzo di quelli
inglesi, tedeschi o olandesi, sono poco piu' della meta' di quelli
francesi e in alcune zone del paese (in particolare il sud, oggetto
negli ultimi anni di totalitarie concentrazioni editoriali) superano di
poco quelli greci o turchi. Questo non e' un problema di vita o di
morte per gli editori (i cui profitti sono andati crescendo nonostante
la flessione delle vendite) ma e' certamente un indicatore non
ottimistico sul culturale del paese. Nessun giornale e' mai riuscito a
mantenere a lungo in Italia una rappresentativita' o un'autorevolezza
pari a quella dei loro omologhi francesi o inglesi. L'opinione
pubblica, da noi, passa quasi esclusivamente per le televisioni e il
vecchio "l'ha detto la tivvu'" e' ancora sostanzialmente l'ideologia
informativa corrente.
In questa situazione strutturalmente malsana, e in coincidenza con una
crisi verticale della professione giornalistica (una quota crescente di
giovani colleghi lavora ormai regolarmente senza un contratto di lavoro
che ne garantisca l'indipendenza) l'arrivo della free-press ha segnato
probabilmente il punto di non ritorno.
La tendenza a sottovalutare il dato dell'edicola e a puntare le carte
maggiori sulla pubblicita' adesso viene razionalizzata e
ufficializzata: la scelta del lettore pagante e' niente, la pubblicita'
e' tutto. Il lettore, che una volta bisognava corteggiare per
convincerlo a tirar fuori il famoso resto del caffe' (che costava un
carlino meno, appunto, gli spiccioli per il giornale) adesso e'
semplicemente un numero nella statistica dei contatti pubblicitari, un
frammento di audience: in questo senso e' del tutto analogo,
strutturalmente, allo spettatore televisivo. Di cui pero' non possiede
il telecomando.
La qualita' dei free-press italiani non e' generalmente eccelsa.
Notizie-flash, molto (o moltissimo, secondo i casi, enterteinment)
taglio da notiziario televisivo. Alcuni prodotti (ad esempio Metro)
sono, entro questi limiti, abbastanza civili; ad altri (ad esempio
Leggo Roma) invece mancano solo le veline - intese come ragazze, non
come Minculpop - per essere la versione stampata di un varieta'. Gli
altri si collocano fra questi due limiti, ma sempre e comunque con
un'ideologia rigorosamente televisiva. Col che la funzione di
riflessione e dibattito della carta stampata, quella su cui abbiamo
costruito tutto il nostro modo di essere negli ultimi due secoli, se ne
va tranquillamente a farsi benedire.
Pero', non e' il concetto di free-press in se' quello che crea
l'effetto-televisione. Sono le tre particolari caratteristiche con cui
esso si concretizza qui ed ora.
1) Siccome nessun gruppo di giovani giornalisti, e nessun impreditore
"progressista" ha mai preso in seria considerazione la free-press
quando si era in tempo a imprimerle un volto diverso, essa e' diventata
una creatura o di grandi gruppi multinazionali o di editori italiani
preesistenti che la portano avanti essenzialmente per ragioni
"politiche", alimentandola con i residui di lavorazione dei propri
quotidiani tradizionali;
2) Siccome, per motivi di agevolazioni politiche ecc., e' risultato
piu' semplice individuare il target della free-press negli utenti dei
mezzi di trasporto urbano, i prodotti sono stati progettati
strutturalmente per un tempo di lettura assai breve. Tempo breve non
vuol dire necessariamente notizie-slogan. Ma certo, non vuol dire
nemmeno l'opposto.
3) In conseguenza del primo e del secondo punto (e anche per la mancata
assimilazione delle lezioni ricevute, sul piano della tempistica, dalla
web-communication) la periodicita' del nuovo prodotto e' stata
automaticamente assimilata a quella del quotidiano. Ora, in Italia il
quotidiano e' tradizionalmente, fra tutti i paesi del mondo, quello che
meno si basa sull'approfondimento, delegato senz'altro (con poche e non
mai abbastanza lodate eccezioni) al mondo dei magazines anzi, come da
noi si dice, dei "maschili".
* * *
Nell'arrivo sul mercato - sia pure cosi' distorto - della free-press
c'e' pero' una straordinaria riscoperta, un ritorno alle radici. La
comunicazione e' a pagamento solo da un tempo relativamente recente. Lo
Spectator si paga, e in questo senso seleziona sul piu' moderno terreno
possibile (quello dello strumento-denaro, da poco giunto a piena
maturazione in quello scorcio di Settecento) una nuova classe di
lettori, che e' quella a cui fino a una generazione fa appartenevamo.
Ma prima, la comunicazione era "gratuita". Lo era la cattedrale
medievale con le sue storie e le sue vetrate, lo era il cartello
d'avviso, lo erano i graffiti... Tuttora, ci sembrerebbe strano dover
pagare per la comunicazione che ci fornisce un segnale di divieto di
sosta. La comunicazione, cioe', oltre che una merce, puo' essere un
servizio.
Da chi fornito? Dal vescovo della cattedrale, dallo stregone della
tribu' col suo nerofumo, dal sindaco-notabile del paese. Oppure, colla
sua pera a carboncino sul muro, da un Gavroche. Da pochi soggetti, in
passato, pochi e coincidenti in genere col potere.
Ma oggi c'e' XPress, c'e' Html, ci sono le laserwriter, c'e' la
scolarizzazione di massa; c'e' la Rete. Siamo sicuri che la
comunicazione, in una societa' postindustriale, sia ancora solo, o
prevalentemente, una merce? Che non possa tornare ad essere un
servizio, proveniente stavolta da un'infinita' "democratica" di
punti-sorgente?
La free-press, naturalmente, non e' ancora questo. Ma denuncia gia' la
possibilita' di ottenerlo, e la difficolta' d'accontentarsi, in
prospettiva, di meno di questo.
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Tu-tu-tuuu. "Vo'dafon. Il telefono della Persona Amata non
risponde...".
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Spot. "Mi mangiassero i grilli": e' bello, e' un romanzo, di sicuro e'
breve. Vi venisse voglia di leggerlo, potete: 1) ordinarlo al libraio;
2) chiederlo in prestito a qualcuno che ce l'abbia gia'; 3) ordinarlo
via internet all'editore Fernandel che ve lo spedisce a casa.
Bookmark: http://www.fernandel.it/cgi-bin/select.cgi?action=show&art=Libri&all=1
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alessandro.paganini@cheapnet.it wrote:
< Istanbul, la polizia carica, pesta e arresta le donne in
manifestazione. L'Europa si indigna, ma loro volevano solo fare come i
"nostri" al G8, per sano spirito di emulazione. Una legge facilissima,
realizzabile immediatamente con minima spesa, che dovrebbe essere ai
primi posti nel programma elettorale di qualsivoglia partito eccetto
quelli di estrema destra: numeri di matricola ben visibili su elmetti,
schiena, petto e maniche dei poliziotti mandati a "tutela" dell'ordine
pubblico. PS. grazie ancora ai giornalisti, quelli che rischiano
manganellate o la pelle per permetterci di conoscere con chi abbiamo a
che fare >
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ernesto@math.jussieu.fr wrote:
< Cari amici, esasperati dalla marea di strafottente incivilta' che sta
travolgendo l'Italia berlusconiana, come un'onda anomala di insulti e
volgarita', ma consci anche del fatto che non vi e' alcuna resistenza a
questa ondata da parte dei partiti della sinistra, che anzi sembrano
disposti ad accogliere a braccia aperte questo nuovo stile e
linguaggio, abbiamo deciso di muoverci contro cio' che sembra
rappresentarla meglio: l'amore sfrenato che la nostra classe politica
nutre verso Bettino Craxi. Che Berlusconi si ispiri a Craxi sembra
naturale. Ma che Fassino dichiari che Craxi deve essere considerato
come uno dei padri fondatori del partito che lui sta riformando sembra
veramente troppo! Almeno, troppo per votarli. Comunque, diamogli
un'ultima possibilita': firmiamo questa petizione in cui gli si
chiedono spiegazioni e speriamo che possa servire a qualcosa >
Bookmark: http://www.petitiononline.com/craxi/petition.html
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pierluigi.baglioni@fastwebnet.it wrote:
< "Noi con l'Iraq non c'entriamo niente, non abbiamo alcun interesse a
intervenirci in qualsiasi modo... > Io non considero l'Iraq affar suo
ma anche nostro. Se non abbiamo interessi nazionali economici da
salvaguardare, abbiamo quello umano di aiutare un paese ad uscire dai
guai >
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gandini@wema.it wrote:
< Ci si abitua a tutto, diceva Heinrich Boell, quando i carri armati
sovietici stazionavano sotto il suo albergo di Praga. "Sono vent'anni
che non vedevo piu' un carroarmato per strada e sono bastati due giorni
a farmici riabituare." A distanza di quarant'anni, i morti nelle citta'
non fanno piu' le prime pagine dei giornali, erano mille a novembre
dopo 15 mesi di Iraq, 4 mesi dopo sono 1500. Un'accelerazione
allucinante. Ma ci ci si abitua.
E allora tu sei uno di quei GI alla cui morte tutti sono abituati e
magari senti pure il senso di colpa di non essere dei loro; di quelli
che si sono abituati; ti senti in colpa che tu alla morte tua e di
quegli otto, non mille, non millecinque, solo quegli otto che hai
conosciuto e che sono crepati, non ti ci sei abituato. Ti senti in
colpa perche' quello e' il tuo mestiere, quello di crepare e di veder
crepare, e tu sei un professionista, ma insomma ci hai anche provato,
ma proprio di abituartici a sto fatto di schiattare non ci riesci.
E te ne stai teso e disabituato al tuo posto di blocco e vedi arrivare
una macchina, una scatola di latta, e nelle mani non hai un grilletto,
un pulsante, una cosa che spara, no, in mano, tra le braccia ci hai un
peso allucinante, un peso incredibile, il peso di otto compagni morti,
il peso di sedici occhi prima vivi e poi di sedici occhi morti che ti
guardano dal basso del grilletto. Trentadue occhi che ti appartenevano
come un tuo passato, come compagni di scuola, morti pero', compagni di
scuola morti e diventati proprio quel tuo cagnaccio al guinzaglio, quel
tuo cerbero-grilletto a guardarti e a strillarti, a urlarti a
squarciagola: Campa!
E allora tu sei quello li e per non saper ne' leggere ne' scrivere, hai
sguinzagliato quei trentadue occhi, hai sguinzagliato quel cerbero e
hai sparato. Hai sparato e basta. E per quel giorno sei vivo ed e'
andata bene cosi', anche se a morire e' stato il contenuto sconosciuto
di una macchina: l'equivalente bambino di una scatoletta di latta.
Il fatto e' che li, tu e gli altri otto, non ci dovevate proprio stare
e manco la scatoletta di latta ci doveva stare. Manco per mestiere >
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linarena@yahoo.it wrote:
< Quando scrivi di Calipari cerca di riflettere anche su un aspetto
molto inquietante: la sinistra ha lanciato sempre sospetti su tutto e
su tutti perche' vive di sospetti e di insulti. Ebbene, il Sismi era
formato da gente come il Calipari e non si debbono dimenticare le
accuse che la sinistra ha lanciato contro il Sismi deviato. Ricordi?
Doveva essere un tizio come Nicola Calipari l'agente deviato? E poi non
ti viene il sospetto che gli amici della Sgrena che avevano inscenato
il rapimento non si siano anche venduti l'auto dei servizi segreti e
provocato il fuoco degli americani per non aver fatto passare
l'avvertimento? >
* * *
"Gli amici della Sgrena che hanno inscenato il rapimento...". Cara
Lina, Lei involontariamente sta facendo dell'ottimo anticomunismo. Non
per cio' che Lei scrive sui servizi (tutti come Caligari? davvero?) ma
proprio per il Suo atteggiamento categorico, di verita' sprezzante e
assoluta. Lo riscontriamo in Lei - ex comunista - e, risalendo la
scala, in Bondi, in Ferrara, in Putin, tutti ex comunisti come Lei e
adesso come Lei difensori del Capitalismo Assoluto. Al che uno si
chiede come sarebbero andate le cose se Lei e i suoi (ex?) colleghi
avessero preso il potere. Putin invaderebbe la Svezia, Ferrara -
direttore dell'Italpradva - ne esalterebbe le gesta, Bondi
organizzerebbe le sfilate di Forza Soviet e Lei, Commissaria del popolo
da qualche parte, a quest'ora mi avrebbe gia' mandato in Siberia per
deviazionismo di destra e di sinistra. Fortuna che invece c'erano
Berlingue' e Peppone.
Va bene. Io ho l'obbligo di pubblicarla ai sensi della Legge Voltaire,
ma forse sarebbe meglio non essere stati comunisti se poi deve finire
cosi', da ci-devant feroci.
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George rwll36-4w16@bigbro.uk > wrote:
< fece sentire con uno scoppio dal grande teleschermo in fondo alla sala.
Era un rumore che faceva drizzare i capelli in capo. I due minuti di
Odio erano cominciati. Durante il suo secondo minuto, l'Odio arrivo'
fino al delirio. La gente si levava e si rimetteva a sedere con gran
rimestio, e urlava per coprire quella voce maledicente che veniva dallo
schermo. La bruna della fila dietro urlo' "Porco, Porco, Porco",
afferro' un pesante dizionario e lo scaglio' sul teleschermo. Una
estasi mista di paura e di istinti vendicativi, un folle desiderio di
uccidere, di torturare, di rompere facce a colpi di martello percorreva
l'intero gruppo degli astanti >
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Pino Balzano (by donaudig@tiscali.it ) wrote:
< Stronzo di un Freud
N'e' mica il sesso
Che condiziona tutto,
la solitudine, e' >
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