Catena di San Libero n. 341
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Storia banale. C'era un ragazzo che voleva fare il giornalista. Cominciò in un quotidiano che c'era allora (stiamo parlando degli anni Cinquanta) e si chiamava il Corriere dell'Isola. Con lui c'era un altro ragazzo che però alla fine cambiò mestiere e finì per avere una normale carriera di funzionario lontano dai giornali. Il primo ragazzo invece il giornalista continuò anche a farlo e lo fece anche bene, tanto che alla fine i padroni della città mandarono dei mafiosi che lo ammazzarono. I suoi amici, però, continuarono a fare il suo giornale.
Qualche giorno dopo al giornale si presentò un anziano signore, che era quello che aveva cambiato mestiere. Aveva suo figlio con sé, che avrà avuto quattordici o quindici anni. “Prendetelo con voi - disse - Credo che vi darà una mano col giornale”.
E così fu. Il ragazzino crebbe, diventò un buon giornalista e buon compagno (in quella città le due cose non si potevano separare), scrisse delle belle cose e molte altre cose belle le organizzò. Poi il giornale chiuse e lui rimase solo. Passarono alcuni anni, poi il giornale riaprì e lui, che ormai era un giovanotto, si rimise a fare il giornalista-compagno. Poi il giornale chiuse di nuovo e stavolta gli anni furono più di dieci. Al dodicesimo anno il ragazzo - che ormai era sulla trentina - ricevette la solita telefonata. “Ehi. Sbrigati ché stiamo rifacendo il giornale”. E lui naturalmente si precipitò. Si rimise al computer, riandò in giro, ed eccoti tre pezzi bellissimi - con le interviste e tutto - ancora meglio di prima.
Fra poco il ragazzo Fabio dovrebbe passare a scrivere qui al giornale. E' quasi mezzanotte e lo aspetto fra una mezz'oretta. Prima non può venire, perché la pizzeria chiude a mezzanotte e lui di mestiere fa (per questa settimana: la prossima, pensa Dio) il cameriere precario. Non ci sono mai stati i soldi, in tutti questi anni, di fargli un contratto qualunque o dargli semplicemente una lira. “Qua siamo volontari, lo sai. Non c'è bisogno di contratti, per scrivere contro la mafia”. “Signorsì”. Ognuno s'arrangia come può. Lui, per fortuna sua, ha trovato quella pizzeria. Fra poco arriva, si leva il cravattino nero, si mette al computer e comincia a scrivere uno di quei bellissimi articoli che gli altri giornalisti della città riescono a scrivere solo una volta ogni tanto, quando hanno fortuna. Loro che non sono dei camerieri. Loro non camerieri da pizzeria.
Ecco, è tutto qua. Noi non ci dimentichiamo l'uno con l'altro. Noi non siamo cambiati. Siamo sempre gli stessi, e sono qui. Noi pochi, noi felici, noi banda di fratelli.
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E' in lavorazione il numero di ottobre di Casablanca. Alla fine del mese faremo il convegno delle testate libere siciliane (Casablanca, Isola possibile, Terrelibere, Primavera, Dialogo, Itaca (speriamo), Radio Aut, Le Inchieste, Girodivite, Città Nuove, Pizzino e qualche altra ancora. Dovrebbero esserci anche Giulietti e dalla Chiesa. Discutere fra di noi, e cominciare a organizzare il dopo-Ciancio. Chi vuole aderire è benvenuto.
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Informazione 1. Il 27 settembre, presso il tribunale di Messina, è stato condannato a otto mesi di carcere lo storico siciliano Carlo Ruta. Era stato querelato dal procuratore della Repubblica di Ragusa Agostino Fera e dall’avvocato Carmelo Di Paola, presidente del collegio dei probiviri della Banca Popolare Agricola di Ragusa, per aver accolto su www.accadeinsicilia.net la versione di un ex funzionario pubblico, Sebastiano Agosta, pure lui condannato a otto mesi, circa una vicenda miliardaria che dagli incartamenti dello stesso procuratore esce come fumosa. Il primo atto, censurato da larghe espressioni della società civile, era stato nel dicembre 2004 l’oscuramento del sito. Il carcere ne è in fondo il seguito “naturale”. Insieme a quello di Marco Benanti (licenziato con sentenza di tribunale per aver scritto su un sito articoli pacifisti: il processo d'appello avrà luogo... nel 2009), il caso di Carlo Ruta rappresenta con una certa evidenza lo stato in cui si trova oggi “l'altro giornalismo” di questa isola, lontano dai riflettori ma vicino alla libertà.
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Informazione 2. Due milioni di euro: è la cifra richiesta, per “risarcimento danni”, alla Voce della Campania dalle Gest Line (gruppo San Paolo) titolare della concessione per la riscossione dei tributi a Napoli e in altre città italiane. Alla Gest non è piaciuta affatto l'ultima inchiesta di Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola e Antonio Menna sulla straordinaria quantità di contenziosi, di proteste popolari, di errori e di problemi creati dal servizio di riscossione dei tributi: cartelle esattoriali “impazzite” e sbagliate, procedure di ipoteche e pignoramenti a pioggia su presunti evasori, spietate e costose procedure di immobilizzo di beni, talvolta nate da evasioni fiscali non correttamente verificate.
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Informazione 3. Dibattito in televisione fra il numero 516 (Maurizio Costanzo) e il numero 626 (Vittorio Emanuele Savoia). S'è parlato di donne, di giudici e di un ragazzo ammazzato. Alla fine, applausi del pubblico per tutti quanti.
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Giustizia. Ordinata dal ministro della Giustizia un'ispezione al tribunale di Messina per verificare eventuali ritardi o inadempienze nel procedimento a carico di Gerlando Alberti junior, nipote dell'omonimo boss palermitano, condannato all'ergastolo per l'assassinio di Graziella Campagna e scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare a causa di una incredibile svista del tribunale. La decisione del ministro fa seguito alla dura campagna di protesta tempestivamente avviata dall'Associazione Rita Atria.
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Altre campane. L'ultima Catena ha suscitato anche critiche abbastanza dure, come questa - su Itacanews - di Claudio Fava. Analoghi concetti sono stati espressi da Walter Rizzo, col quale mi scuso per la mancata pubblicazione: rimedieremo nel prossimo numero, se vorrà essere così cortese da sintetizzare le sue osservazioni in una lunghezza compatibile con le dimensioni del nostro piccolo giornale.
LE BALLE DI SAN LIBERO. Lezioni di cattivo giornalismo. Volete un esempio di cattivo giornalismo? Lo trovate nella nota settimanale che Riccardo Orioles spedisce via mail ai suoi lettori. Si tratta di un buon pezzo sulle miserie del giornalismo catanese, Ciancio in testa, con un commento finale approssimativo e offensivo sul dibattito ospitato dalla festa dell’Unità di Catania qualche giorno. Tema: il ponte. Tra gli invitati, assieme al sottoscritto e ad altri ospiti, c’era anche il cronista della Sicilia Tony Zermo. Com’é noto, la Sicilia é l’house organ della Stretto di Messina SpA: e Zermo è il più zelante sobillatore a favore del ponte. La linea del quotidiano di Ciancio é semplice: ospitiamo solo idee & interventi di coloro che questo ponte vogliono farlo; gli altri sono solo agitatori isterici, malati di pregiudizio ideologico.
Chi scrive ha il privilegio di non veder comparire il proprio nome su quel giornale che una volta l’anno (il 5 gennaio: si commemora il padre, si cita l’esistenza in vita del figlio. Punto). Quando abbiamo dovuto spiegare in questi anni perché il ponte non si deve fare, lo abbiamo fatto nelle piazze, su internet, nei consigli comunali, nelle (poche) radio libere, sui volantini, alle feste dell’unità. Mai sulla stampa (o sulle tivù) siciliana. Per questo abbiamo invitato Zermo: non per offrirgli una ribaltina festosa ma per inchiodarlo alle sue reticenze, alle falsificazioni del suo giornale, alle menzogne che sul ponte (e su molto altro) continua a fabbricare da anni. Sarebbe stata un’occasione preziosa per mettere il caporal maggiore di Ciancio di fronte a cifre e fatti. Ma sarebbe stata soprattutto l’occasione di rivelare le balle, una ad una e in presenza del loro autore, che Zermo scrive su questo argomento.
Naturalmente Zermo non e’ venuto. Le cose che quella sera abbiamo spiegato sul ponte (e contro il ponte) le potete trovare su Itaca. Le cose che avevamo detto, appena ventiquattro ore prima alla Festa, su Mario Ciancio (l’occasione era un dibattito su Catania) ve le potete far raccontare da chi era presente. Questi i fatti. Adesso le menzogne.
La prima menzogna. Orioles (che non c’era quella sera, ne’ la sera precedente) ha liquidato tutto scrivendo che “Ciancio licenzia tre quarti dei suoi redattori (Telecolor ndr) ...senza peraltro incontrare alcuna significativa reazione da parte della sinistra”. Falso, e Orioles lo sa (se non lo sa, si consulti la rassegna stampa degli ultimi sei mesi oppure chieda ai giornalisti licenziati da Telecolor da chi sono stati difesi, con quali argomenti e in quali occasioni).
La seconda menzogna. Aggiunge Orioles che “Zermo viene invitato alle feste dell'Unita' a discutere pensosamente sui problemi del paese insieme ai giornalisti e politici perbene, quelli che in altri tempi si impegnavano contro Ciancio e adesso preferiscono prendere atto della situazione”. Naturalmente sono io uno di quei “giornalisti per bene” che “prendono atto della situazione”. Ora, qualcuno potrà non essere d’accordo che si cerchi di stanare e costringere a un pubblico confronto anche un boiardo de La Sicilia: affar suo. Ma nessuno può essere così fariseo o svanito da ritenere che su Ciancio, su Zermo e sul ponte noi “prendiamo atto della situazione”: questa non è più un’opinione, è semplicemente un insulto. Per di più grossolano. Nella sua intenzionale manipolazione dei fatti, il commento di Orioles richiama i pezzulli che scrive La Sicilia sul ponte o su Santapaola. Anzi: non e’ nemmeno un commento: é cortile, é ginnasio. Insomma, è altro. Dispiace ammetterlo, ma se Giuseppe Fava fosse vivo, quelle due righe di Orioles sul suo giornale non le avrebbe pubblicate mai.
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Che fine hanno fatto le Telestreet? Nel 2003 sono state il fenomeno mediatico dell'anno, e ora sembrano essere sparite dall'orizzonte dell'informazione alternativa: le tv di quartiere, telestreet o "tv di strada" che dir si voglia in realtà stanno solo attraversando una fase più matura del loro percorso. A Senigallia la telestreet "Disco Volante", prima sequestrata dalle autorità giudiziarie e poi dichiarata perfettamente compatibile con il diritto alla libertà di espressione, ha avviato il progetto "Teleschool" coinvolgendo quattro istituti superiori cittadini che hanno offerto ai loro studenti gli strumenti per imparare l'alfabeto televisivo e produrre programmi di buona qualità: l'istituto alberghiero ci ha messo le rubriche di cucina, la scuola professionale di moda ha mandato in onda le sfilate realizzate dagli studenti, il classico ha curato la cronaca e il tecnico industriale si e' fatto carico del montaggio video e degli aspetti tecnici della messa in onda. Il tutto mentre la microtelevisione senigalliese, nata dalla fantasia di uno studio artistico riservato ai disabili, sta concordando con le autorita' locali l'assegnazione di un punto di trasmissione piu' strategico e la trasformazione della tv di quartiere in una tv civica sostenuta dal comune.
A Napoli, invece, Insu Tv sta lavorando con uno staff di tecnici e legali ad una bozza di legge che faccia uscire le Telestreet dal vuoto legislativo in cui si trovano attualmente, esplicitando nero su bianco la natura no-profit, la valenza sociale e l'assenza di pubblicità come requisiti fondamentali per distinguere le tv di strada dai telepiazzisti che spacciano via etere chat line a luci rosse e ogni genere di prodotto. Nel frattempo, alcune emittenti sono ancora oggetto di azioni giudiziarie, come Dream Tv di Solopaca, un piccolo centro nei pressi di Benevento dove la tv di quartiere ha osato sfidare la legge Gasparri trasmettendo le processioni cittadine, i consigli comunali e le sagre promosse dalla Pro Loco. Ma questo sfortunato episodio non ha scoraggiato la libera emittenza campana, e un parroco di Benevento ha contattato i promotori di Dream Tv per trasformare il campanile della sua parrocchia in una nuova telestreet. E il bello deve ancora arrivare. [carlo gubitosa]
Info: http://www.telestreet.it/
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Alfio F. wrote:
< Ma di cosa stiamo parlando? La maggior parte dei tuoi lettori non ha seguito il dibattito sul ponte di Messina al quale è stato invitato Tony Zermo, né il dibattito successivo sul caso dei licenziamenti Telecolor dove hai esposto a voce il tuo dissenso sul suo invito. Per questo credo sia importante permettere ai tuoi lettori di conoscere un'altra prospettiva dell'informazione (opinione?) che hai dato, i motivi veri, a mio parere, dell'invito a Zermo e a Domenico Tempio. Nessuna piacevole discussione pensosa, nessun dietrologico ammiccamento a Ciancio, ma la volontà di stanare dalle loro scrivanie questi giornalisti. Li abbiamo costretti a confrontarsi in un pubblico dibattito, direttamente, senza protezioni, con quella parte della città obbligata al silenzio dal loro direttore-editore. Il risultato è stato evidente: Zermo ha rifiutato l'incontro, adducendo che lui "è un opinionista ed esprime le proprie opinioni soltanto sui giornali", Tempio ha balbettato per tutto il dibattito, concludendo con una tirata protezionistica del suo giornale, fischiata da tutta la platea. Nei giorni successivi la Sicilia ha dovuto scribacchiare qualcosa, dare qualche spazietto. E' un inizio, anzi neanche lo è, ma certamente non è quello che hai scritto sulla Catena.
Io penso che non si possano spacciare elucubrazioni dietrologiche, per informazione evangelica. Ed è assurdo, paradossale confrontarci sul perché si inviti Tony Zermo. Conosciamo tutti Zermo e il suo passato, ma come dire, di che stiamo parlando? Uno di quei “giornalisti e politici perbene, quelli che in altri tempi si impegnavano contro Ciancio e adesso preferiscono prendere atto della situazione” mi ha insegnato due cose interessanti: non disinformare e non utilizzare la scrittura per fini personali. Con stima, Alfio F. >
Caro Alfio,
stiamo parlando del fatto che il signore in questione "ha depistato le indagini sull'omicidio di Giuseppe Fava, scatenando una campagna di stampa contro il pentito che indicava il mandante nell'imprenditore Graci". Se così non è, aspetto smentite. Ma se è così, allora è evidente che un soggetto del genere non va invitato ai dibattiti della gente perbene, indipendentemente dal tema e dalla situazione. Io non ho polemizzato affatto sull'invito a Tempio, che è semplicemente un collega che la pensa diversamente da me. Ho polemizzato sull'invito a Zermo, per la sua situazione morale e non per le sue idee. Una polemica abbastanza isolata, del resto, visto che lo stesso Zermo proprio in questi giorni è stato invitato a Gela... a coordinare un dibattito sulla mafia, per iniziativa dei giovani del Pdci (che evidentemente non hanno alcuna idea di ciò che i giovani comunisti - quelli veri - dicevano contro Zermo, i cavalieri e la mafia in altri tempi).
Ti ringrazio comunque per avermi scritto. Non penso che la tua lettera sia ingenua o dettata: è semplicemente un'opinione difforme dalla mia. Io credo che sia mio preciso dovere segnalare al lettore chi è Zermo, e perché dunque vada responsabilmente isolato. Ma questo non è il vangelo, è semplicemente la mia opinione. Libero chiunque altro di pensarla diversamente e di isolare invece - come accade - quelli come me. Con amicizia, r.o.
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bertolt bb@freheit.de > wrote:
< Generale, la tua tv è una macchina potente.
Spiana la vita umana e la trasforma in reality.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di uno spettatore.
Generale, il tuo sistema mediatico è potente.
Piomba sulla gente comune e la pesta come un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di almeno un buon giornalista.
Generale, l'utente dei media può subire di tutto.
Può assistere al tuo grande fratello e ai tuoi telegiornali.
Ma ha un difetto:
può pensare >
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