Catena di Sanlibero

Catena di SanLibero n. 116

4 marzo 2002
Riccardo Orioles (Giornalista antimafia)


Beh, sarebbe un momento abbastanza divertente per le cose che succedono
in giro (non uno solo, ma addirittura tre movimenti che cominciano a
spuntare tutti in una volta: e chissa' che non si riesca, politici
permettendo, a metterli insieme) e roba da mettere in catena ce ne
sarebbe tanta. Purtroppo proprio in questo momento sia io che il mio
computer abbiamo qualche problema all'hardware, e quindi qualche
difficolta' a lavorare come sempre.
Todavia, non vi lasceremo a becco asciutto. Un pezzo di passato, e un
pezzo di futuro.
* * *
Futuro (prossimo): e' in preparazione una seconda Catena, analoga a
questa che leggete pero' piu' collettiva. L'altro giorno, all'osteria
der Zozzo, ci siamo difatti riuniti in una piccola riunione di
giornalisti, webbisti, casinisti e sfaccendati vari, e arrivati al
caffe' abbiamo deciso che e' giunto il momento di allargare un po' il
tiro e organizzare un'alternativa consistente, giornalisticamente
parlando, a quelle sei o sette televisioni con cui Berlusconi s'illude
di wannamarchizzare l'Italia. Quando il gioco si fa duro, come diceva
il compagno Mao (tse'), i duri cominciano a sghignazzare. Fra un paio
di mesi, pertanto, metteremo fuori 'sta novita' e se la faccenda
v'arrapa sbrigatevi a salire a bordo perche' fra poco si parte.
* * *
Quanto al passato: nella valigia delle robe vecchie, quella sotto il
letto, ho trovato un volantino d'un dieci anni fa, firmato da una
cinquantina di associazioni di allora (centri sociali e parrocchie, un
bel po' in anticipo sui tempi) che e' interessante da rileggere proprio
ora, con le cose che succedono adesso. Anche allora c'erano in giro
diversi movimenti, difficili da mettere insieme ma sostanzialmente,
anche se erano in pochi a vederlo, convergenti.
Date un'occhiata alle firme, in particolare, e vedrete che qualche idea
per il presente forse potrebbe anche esserci. Allora, Mani Pulite non
era ancora un ricordo ma una cosa che stava cominciando a spuntare in
quel momento.
* * *
base provenienti da tutta Italia. Associazioni cattoliche, centri
sociali autogestiti, gruppi di volontariato, nuclei d'immigrati: c'era
di tutto. Storie molto diverse fra loro, con quasi nulla in comune
salvo il fatto di essere tutti impegnati in prima persona e senza
mediazioni "politiche" per cambiare ognuno il proprio angolo di
societa'. Ciascuno dei ragazzi che sono intervenuti (e sono intervenuti
tutti) aveva una sua esperienza da raccontare: quelli di Aversa
l'assistenza agli immigrati, quelli di Capaci la conquista di una
spiaggia libera in un paesino in cui tutte le spiagge sono a pagamento,
quelli del Corto Circuito il lavoro che fanno nel loro quartiere,
quelli di Catania il doposcuola organizzato coi ragazzini del quartiere
"di mafia", e cosi' via. Tutti s'incontravano per la prima volta ma
c'era un'atmosfera di grande fiducia reciproca, di molto lavoro serio
da fare insieme. Nessuno aveva in mente, naturalmente, di fare il
centesimo gruppo/partito/partitino. Ma tutti si rendevano conto che un
collegamento fra tutte queste situazioni male non ne farebbe.
Cosi' sono venute a galla alcune idee. Intanto, di stabilire questo
collegamento sotto forma di agende, di giri di telefonate ecc., senza
nessuna ufficialita'. Vedere se questo collegamento puo' avere bisogno
di una spece di foglio da fare e far girare nelle varie situazioni.
Poi, di stabilire delle iniziative da fare insieme in autunno. Quali
iniziative? Bisognera' definirle tutti insieme. Intanto, pero', alcuni
punti su cui riflettere, quelli che eravamo all'incontro, siamo
riusciti a stabilirli:
- Quelli che venivano dalla Sicilia hanno parlato di mafia e antimafia.
Non e', hanno spiegato, una faccenda di polizia. E' una faccenda che
riguarda tutta la gente e che puo' essere affrontata solo se il
movimento antimafia diventa nazionale e riesce a togliere dalla scena i
politici e i cavalieri mafiosi. Questo significa meno Maurizio Costanzo
show e piu' organizzazione di base contro i potenti mafiosi.
- La faccenda di Di Pietro e delle tangenti. Chi deve "fare pulizia",
oltre ai giudici? I personaggi perbene (Rotary, La Malfa, leghisti
vari) oppure i semplici cittadini che pagano per tutti e non vengono
mai consultati? Ci piace "viva Di Pietro", ma non dev'essere una cosa
da spettacolo: dev'essere un movimento serio, di gente di base, che si
colleghi fraternamente con coloro che contemporaneamente lottano contro
la mafia a sud.
- Il mestiere piu' diffuso in Italia e' ancora l'operaio. L'operaio, e
in genere quello che vive di stipendio, a dicembre si vedra' portar via
mezza tredicesima, per pagare le tasse dell'"emergenza" (lasciamo
perdere l'aumento delle tasse all'universita'). Questo e' immorale. La
lotta contro il potere mafioso e contro le tangenti non deve
significare "paga Pantalone". Diritti e doveri, tutti uguali. Non ci
dimentichiamo degli operai.
Tutto qui. Non abbiamo moltissime idee, come vedete, non siamo i
maestri di nessuno. Pero' vogliamo discuterle, unirle con le idee degli
altri, mettere in moto un processo. Con umilta' e pazienza, ma anche
con moltissima fiducia e determinazione.
Chiediamo a tutti, ma soprattutto a tutti i gruppi, di qualsiasi tipo,
che fanno una qualunque attivita' di base, di contribuire a questo
processo. Di portare ognuno la propria esperienza, le proprie idee, con
altrettanta fiducia, con altrettanta serieta'.
NON vogliamo fare un partito! Ma vogliamo smetterla di essere delle
isole ognuna per se'. Non c'e' niente, profondamente, che ci divide.
Dobbiamo solo imparare a rispettarci reciprocamente, a parlare con
persone diverse da noi, a lavorare insieme.
Le firme: Centro sociale Corto Circuito, Roma; Il pane e e mele,
mensile dei giovani di Napoli; Seminario Societa', Universita' di
Palermo; Gridalo Forte, Roma; Abc Musicanti di Brema; Centro sociale
Cecchina; Lega per il diritto al lavoro degli handicappati, Roma;
gruppo rock Drago e i Coyots, Roma; Centro sociale Brancaleone, Roma;
Zero95, mensile dei giovani Antimafiosi, Catania; Centro sociale Auro,
Catania; Associazione anticamorra I Care, Napoli; Dipingi la Pace,
Palermo; Aurentinoccupato, Roma; Ti Con Zero, collettivo degli studenti
di fisica, Palermo; La Spiaggia, collettivo di Sciacca; C'era una volta
una terra libera, studenti di scienze politiche, Padova; Teatro
Movimento '90, Roma; Associazione Il Fortino, San Felice Circeo;
Associazione Movida, Napoli; Centro sociale Auro e Marco, Spinaceto
Roma; Collettivo comunista universitario, Roma; Federazione
democratica, Milazzo; Circolo Robert Owen, San Giorgio Ionico; Movi
movimento volontariato, Napoli; Pensionati occupati Politecnico e
Statale, Milano; Collettivo politico San Leonardo, Milano; Gruppo
Giovanile '88, Capaci; Collettivo Il Graffio, Torino; Associazione
Senza Confine, Roma; Lega Obiettori Di Coscienza, Napoli; Laboratorio
Antimafia, Milano; Centro sociale Officina 99, Napoli; Associazione La
Mongolfiera, Catanzaro; Centro socioculturale Garbatella, Roma; Circolo
Mare Aperto Roma; Centro assistenza extracomunitari La Roccia, Aversa;
Associazione italiana paraplegici, Roma; Conosud, cooperazione
nord-sud, Taranto; Movi movimento volontariato, Salerno; Uawa, Union
Asiatic Workers Association, Roma; Comitato per la difesa di Villa
Pamphili, Roma; Nero E Non Solo, Caserta; Associazione studenti Charlie
Brown, Taurianova; Giovani Oltre Limite, Gela; Cordinamento antimafia,
Palermo>

A proposito (beh, c'entra, c'entra...). La Federazione degli Editori ha
confermato alla presidenza Luca Cordero di Montezemolo e ha nominato i
vicepresidenti, i presidenti di settore e il nuovo comitato di
presidenza. Sono rappresentati tutti i gruppi editoriali e imbonitori
d'Italia, dai piu' governativi (Mondadori) ai piu' liberali
(Caracciolo). Non e' invece rappresentato, per la prima volta negli
ultimi dieci anni, il gruppo Ciancio,al quale non viene assegnata ne'
una vicepresidenza, ne' una commissione: niente.
Mario Ciancio, editore siciliano, e' un po' l'antesignano del monopolio
dei media che in questi mesi si sta sviluppando in Italia. Da una
quindicina di anni e' l'unico editore (carta stampata e tv) della
Sicilia, e poi della Sicilia e Calabria, e poi praticamente dell'intero
Mezzogiorno a sud di Napoli. Come editore siciliano, almeno in tre
occasioni differenti (e documentabili) ha reso dei favori ad esponenti
mafiosi.
Il ruolo di Ciancio, fino a poche settimane fa, e' stato centrale negli
equilibri fra i padroni dei media italiani. Prima delle elezioni, era
lui il presidente della Federazione degli editori. A ridosso delle
elezioni, ha ceduto pacificamente lo scettro a un uomo-Fiat
(Montezemolo) del tutto estraneo a qualsiasi esperienza editoriale ma
fortemente caratterizzato come rappresentante di Agnelli. Sia come
presidente che nel passaggio a Montezemolo, Ciancio e' stato
appoggiato, nell'ambito della Federazione editori, dalla destra, dalla
sinistra e dal centro, tutti insieme. Non l'esponente di un'ala,
dunque, ma un (autorevole) mediatore. Connotato peralrtro da una serie
di fattori abbastanza pesanti (i rapporti coi cavalieri catanesi) e da
un potere decisamente anomalo per un editore locale.
Ed ecco che improvvisamente, in un momento preciso, il Mediatore
scompare. In cambio di cosa? E perche'? Costretto o contrattato? Uscito
(malvolentieri) dalla scena, o chiamato a mediare ad altri livelli?
Ricorderete che l'episodio Montezemolo (annunciato ministro nel governo
Berlusconi) fu il momento di svolta, a ridosso delle elezioni,
nell'atteggiamento dei poteri forti rispetto al nuovo regime. Un
momento prima Agnelli era nemico di Berlusconi, un momento dopo ne era
alleato. Mediatore, Ciancio.
Adesso il mediatore e' sparito, o comunque ha preso improvvisamente un
altro ruolo. Un altro momento di svolta? E quale? Immagino che lo
sapremo abbastanza presto, anche se non dai giornali.

Ancora a proposito. Minacciato dal governo Il Barbiere della Sera
(www.ilbarbieredellasera.com), il sito di controinformazione sul mondo
giornalistico e televisivo messo in piedi con grande successo da un
gruppo di giornalisti indipendenti. Le minacce sono comparse sul sito
del senatore di Forza Italia Lino Jannuzzi (www.ilvelino.it): i
carabinieri, avverte Jannuzzi - starebbero impiegano "mezzi e risorse"
per scoprire l'identita' dei collaboratori del Barbiere della Sera.
Jannuzzi e' noto, da una trentina di anni, come un "giornalista" molto
informato sui punti di vista dei poteri forti. Fra i suoi capolavori le
campagne di stampa contro i giudici "giacobini" (all'epoca, Borsellino
e Falcone) e in difesa del "calunniato" esponente dc Salvo Lima.

Le prime locomotive nascevano in realta' con un background tecnico, e
anche culturale, senza il quale sarebbero state una simpatica
curiosita' da accademici, non una rivoluzione industriale. Se io
inventassi la locomotiva, ad esempio, le darei ruote di gomme per
andare ai picnic, sugli sterrati. Stevenson no: ruote di ferro, grandi
per la trazione, ruote fatte apposta per i binari. Perche' i binari,
nella "vecchia" tecnologia (prima della locomotiva) esistevano gia',
nelle miniere. Esistevano i "vagoni" (contenitori da riempire di
carbone e trainati da muli), esistevano le coincidenze e gli orari,
esisteva un rudimentale concetto di ferrovia. Mancava la locomotiva, ma
tutto il resto, culturalmente, era pronto per accoglierla nei punti
alti del sistema industriale.
Cosi', in alcuni luoghi la locomotiva arrivo', s'inseri' rapidamente
nella struttura economica e produsse ricchezza. In altri luoghi, dove
la diciamo cosi' pre-cultura ferroviaria invece era assente, la
locomotiva arrivo' pure, ma rimase ferma li' a portare i nobili dal
palazzo in citta' alla villa a mare. Alla Napoli-Portici non mancava la
tecnologia: mancava la cultura e l'esperienza da cui estrapolare e
generalizzare, all'arrivo della tecnologia, le culture e le esperienze
nuove.
Quale sarebbe la pre-cultura, se volessimo cercarne una, dell'economia
dell'informazione in Europa? Cosa c'era di "ferroviario", prima della
locomotiva?
Ce l'abbiamo sotto gli occhi ogni giorno. Un prodotto un po' obsoleto
(tant'e' che tutti gli girano attorno con aria meditabonda) ma
estremamente concreto, un prodotto che per piu' di cent'anni ha dovuto
legare tecnologie e informazione, contenuti informativi e flussi di
tempi, "software" e organizzazione industriale. Il giornale. "E' la
stampa, bellezza!". La battuta di Bogart puo' voler dire molte nuove e
"strane" cose oggi.
* * *
Non c'e' azienda, oggigiorno, che non debba prima di tutto informare.
Informare i clienti, informare i dipendenti, informare l'ambiente
circostante - per produrre e per vendere, alla fine di tutto cio',
prodotti in cui una parte essenziale e' informazione.
Informare i clienti non vuol dire piu' produrre uno slogan fortunato da
incollare al muro, vuol dire creare tutta un sistema di messaggi
attorno a prodotto e logo. Informare i dipendenti non vuol dire piu'
fare un bollettino aziendale, vuol dire coprire un target analogo a
quello di una grande metropoli, con in piu' tutte le questioni connesse
a un'organizzazione molto articolata del lavoro. Flussi, tempistica,
gestione delle fonti, target, strutture produttive - il modello
"giornalistico" dilaga invisibilmente dappertutto.
Il nucleo di un sistema del genere dovrebbe - logicamente - attestarsi
da qualche parte del continente
informazione-comunicazioni-entertainment. Eppure, secondo inchieste
Datamedia, in Italia appena 2.714 aziende lavorano nell'ambito della
comunicazione. Forse questa e' una delle chiavi - forse "la" chiave -
dell'anomalia italiana.

Giuseppe Fava, molti anni fa, wrote:
< Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una
societa' democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il
giornalismo rappresenti la forza essenziale della societa'. Un
giornalismo fatto di verita' impedisce molte corruzioni, frena la
violenza la criminalita', accelera le opere pubbliche indispensabili,
pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente
allerta le forze dell'ordine, sollecita la costante attenzione della
giustizia, impone ai politici il buon governo.
Se un giornale non e' capace di questo, si fa carico anche di vite
umane. Persone uccise in sparatorie che si sarebbero potute evitare se
la pubblica verita' avesse ricacciato indietro i criminali: ragazzi
stroncati da overdose di droga che non sarebbe mai arrivata nelle loro
mani se la pubblica verita' avesse denunciato l'infame mercato,
ammalati che non sarebbero periti se la pubblica verita' avesse reso
piu' tempestivo il loro ricovero. Un giornalista incapace - per
vigliaccheria o calcolo - della verita' si porta sulla coscienza tutti
i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze. le
sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non e' stato capace di
combattere. Il suo stesso fallimento!
Ecco lo spirito politico del Giornale del Sud e' questo! La verita'!
Dove c'e' verita', si puo' realizzare giustizia e difendere la
liberta'! Se l'Europa degli anni trenta-quaranta non avesse avuto
paura di affrontare Hitler fin dalla prima sfida di violenza, non ci
sarebbe stata la strage della seconda guerra mondiale, decine di
milioni di uomini non sarebbero caduti per riconquistare una liberta'
che altri, prima di loro, avevano ceduto per vigliaccheria.
E' una regola morale che si applica alla vita dei popoli e a quella
degli individui. A coloro che stavano intanati, senza il coraggio di
impedire la sopraffazione e la violenza, qualcuno disse: "Il giorno in
cui tocchera' a voi non riuscirete piu' a fuggire, ne' la vostra voce
sara' cosi' alta che qualcuno possa venire a salvarvi!". >

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