Catena di SanLibero n. 269
spizzichino@yahoo.com wrote:
< Oggetto: giornata della memoria.
Era il febbraio del 1944, Umberto aveva 26 anni era bellissimo e
paraculo come solo i giovani romani sanno esserlo. Umberto e' il primo
di cinque figli di una famiglia ebrea, proprietaria di un negozio di
abbigliamento in via Alessandria; le leggi razziali del 1938 promulgate
dal fascismo, l'occupazione di Roma dei tedeschi, i raid al ghetto di
Roma costringono la famiglia a dividersi per evitare le persecuzioni.
Umberto decide di fuggire in Svizzera. Il fratello Leonardo di un anno
piu' piccolo viveva nascosto con la moglie Gemma in casa della suocera
Anita in via Reggio Emilia, da poco avevano avuto un figlio Settimio
detto "il baroncino" che allora aveva un anno e mezzo.
Intorno agli anni '30 Umberto frequenta le elementari all'istituto
Pestalozzi, in via Montebello, tra i suoi compagni di classe vi e'
Luciano, i due giovani diventano ben presto amici e finiti gli studi in
comune, continuano a frequentarsi anche perche' si trovano ad abitare
nello stesso quartiere.
A lui Umberto si rivolge per essere aiutato ad espatriare, Luciano gli
fissa un appuntamento all'incrocio tra viale Manzoni e via Emanuele
Filiberto. Pieno di Speranza Umberto si reca puntualmente all'incontro,
ma al posto dell'amico trova gli agenti delle SS che lo arrestano e lo
portano in via Tasso.
Da quel giorno inizia l'odissea di Umberto, da via Tasso finisce al
carcere di Regina Coeli dove riesce a scrivere una lettera alla suocera
(che non essendo ebrea non correva rischi), Gemma, la cognata, corre al
carcere ma era gia' troppo tardi.
Umberto era stato trasferito, cosi', senza soldi e con i vestiti che
aveva indosso al momento dell'arresto, a Fossoli vicino carpi in
provincia di Modena dove la Repubblica di Salo' aveva allestito un
campo di concentramento.
Da Fossoli Umberto scrive a Roma ad amici e parenti per far sapere dove
si trova e per chiedere, con molta vergogna, soldi, vestiti e cibo;
nelle lettere oltre a scusarsi per le richieste, cerca di rassicurare
tutti sulla sua condizione di salute e di morale, conclude sempre con
un abbraccio al "baroncino".
Solo il 19 marzo riesce a ricevere la prima lettera dalla famiglia che
da allora cerca di mandargli anche i soldi attraverso dei vaglia
postali (500 lire per volta) e pacchi di vestiti e cibo ma che non gli
arriveranno mai.
Da Fossoli Umberto scrive che "la vita scorre tranquillamente, forse
anche troppo, ma meglio cosi' che altrimenti", il 3 aprile scrive che
gli hanno appena comunicato che deve partire "per ignota destinazione"
e in quella lettera cerca di nuovo di tranquillizzare la famiglia "non
preoccupatevi per me, che non e' il caso, cercate di stare bene voi
tutti, che questo pensiero e' quello che mi fa stare piu' tranquillo".
L'ultime notizie sono 5 righe scritte a matita di fretta su un
fogliettino con data 5 aprile 1944: "Cara Gemma, ti scrivo nell'ora
della partenza, sperando che questa mia ti pervenga. Tanti baci a tutti
voi e niente paura. Umberto".
Da quel giorno non si e' piu' avuta notizia di Umberto.
Luciano, invece, che di cognome fa Luberti ha fatto "carriera", durante
l'occupazione si e' meritato il soprannome di Boia di Albenga, con la
liberazione e' stato condannato a morte, ma la condanna e' stata
tramutata in ergastolo e poi con l''amnistia a 7 anni di carcere
militare. Uscito dal carcere e' stato accusato di aver ospitato gli
esecutori della strage di piazza Fontana (il 12 dicembre 1969 a Milano)
e degli attentati dinamitardi che nello stesso giorno erano stati
compiuti a Roma, la sua compagna Carla Gruber che aveva deciso di
confessare e' stata uccisa e il suo cadavere tenuto nascosto per tre
mesi.
Luberti, militante del Fronte Nazionale, viene ritenuto incapace di
intendere e di volere dal criminologo Aldo Semerari (morto decapitato e
noto per le sue perizie psichiatriche a fascisti e malavitosi della
banda della magliana) condannato all'internamento per due anni nel
manicomio di Aversa, fa perdere le sue tracce e muore, di vecchiaia e
in liberta', il 10 dicembre 2002.
Il fratello di Umberto, Leonardo, ha gestito il negozio di famiglia
insieme al fratello Arnaldo e alla moglie Gemma, e' morto nel 1984 e
gli eredi sono diventati i loro figli, tra cui Settimio il "baroncino".
Nel 1999 hanno bisogno per motivi fiscali di sapere ufficialmente che
fine avesse fatto Umberto e dopo qualche ricerca da Milano tramite la
Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (C.D.E.C)
arriva il documento che certifica che Umberto e' arrivato il 15 aprile
1944 ad Auschwitz e li' "marchiato" con il numero 180110 e' morto il
28 agosto del 1944.
Umberto di cognome faceva Spizzichino e il "Baroncino" nient'altri e'
che mio padre. >
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Ponti. Lo faranno non piu' fra Messina e Villa, ma direttamente fra
Messina e Salerno.
Questo per evitare gli occasionali disagi (di cui il governo non e'
responsabile) della prossima nevicata. Che e' comunque da addebitare
(neve=freddo, freddo=Siberia, Siberia=comunismo) ai communisti. Quanto
a dimettersi, acca' nisciuno e' fesso, come si dice in Brianza.
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Spettacoli. Italia da salvare, il communismo incalza, Craxi era un
grand'uomo, se vince Josif Prodi miseria e oppressione per tutti. In
seconda visione, al cinema.
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Elicotteri. Ottimo quello di Bush: lo faranno in Italia, grazie ai
buoni uffici di Berlusconi.
Pessimo quello dei 5 elicotteristi italiani che si rifiutarono di
uscire in missione l'anno scorso e finirono alla corte marziale per
"codardia" (Corriere della Sera, 2 dic.2004); assolti alla fine,
perche' i mezzi erano davvero inadeguati. L'elicottero di Bush lo fa la
ditta Agusta. Il conte Agusta, antico proprietario, era iscritto alla
P2 (come il procacciatore dei buoni uffici). Chi sono gli eredi,
adesso?
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Welfare. Che una volta si chiamava benessere, stato sociale e compagnia
bella. Al sud, comunque si chiami, si sta squagliando come una palla di
neve. In quattro anni (secondo uno studio dell'Associazione Artigiani)
le spese sociali dei comuni sono diminuite del 20 per cento a Taranto,
del 34 per cento a Reggio di Calabria, del 78 per cento a Caserta; del
12 per cento a Catania e Napoli, dove stanno anche privatizzando - o
hanno gia' privatizzato - anche l'acqua da bere.
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Radici. Il reggae torna a casa. Celebrazioni per Bob Marley dal 6
febbraio ad Addis Abeba.
Il Circolo Culturale Africa di Roma organizza la partecipazione con due
viaggi, il 3 e 4 febbraio. Poi stiamo organizzando un altro viaggio in
Etiopia per Pasqua, che quest'anno e' il 27 marzo.
Info: segreteria@circoloafrica.org
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Compagno software. La Catena mi e' ritornata indietro dalla casella del
partito di Cossutta (postmaster@comunisti-italiani.it) con la seguente
motivazione:
"This mail message contains banned or potentially offensive text".
Oddio... :-)
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Coppole. Nel generale quadro della "Sicilia diffamata", il presidente
della Provincia di Catania Raffaele Lombardo denuncia che: a Berlino,
alla Fiera Agricola di quella capitale, esiste "un cartellone
propagandistico raffigurante un uomo con coppola e lupara, chiaramente
allusivo allo stereotipo di siciliano di cui troppe volte si abusa". Il
Presidente Lombardo (anzi l'Onorevole Lombardo: il titolo di onorevole
essendo stato deliberato a se' medesimi dai membri di quella Provincia)
nel segnalare lo sconcio al ministero, lo invita a far rimuovere
"rapidamente" il cartellone. Immagino che all'inizio manderemo solo una
nota diplomatica. Poi, un ultimatum. Infine, una corazzata a occupare
il porto di Berlino.
Nel frattempo, a Catania, i mafiosi cantano e ballano sopra le
scrivanie dei politici. E Catania, con coppola o senza, e' al
novantatreesimo posto nella classifica delle citta' italiane.
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O atletes. "Repubblica" sta raccogliendo firme per ritirare la maglia
(come per Gigi Riva) di Gaetano Scirea. La proposta e' di Bearzot:
"Andrebbe ritirata la maglia numero 6 di Gaetano Scirea, grandissimo
calciatore e grandissima persona". Bearzot, con Pertini, e' uno dei
grandi re buoni della mia generazione. Italia-Germania e' stato il
punto piu' alto raggiunto dalla bella sinistra di quei tempi la'. E
Scirea, oltre ad essere un grandissimo atleta di quell'Italia popolare
e allegra, e' stato anche un bravo e serio siciliano, un coraggioso:
nel 1986 ha pure scritto un articolo sui Siciliani, e non erano in
tanti allora - fra gl'intellettuali, non fra i calciatori - a correre
questi rischi. Lo ricordiamo con affettuoso orgoglio. E percio'
firmiamo.
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Insieme. Acquaro e' un paesino della Calabria, non lontano da Vibo
Valentia. L'altra notte hanno messo due bombe, una alla Cgil e l'altra
(non esplosa) alla chiesa del paese. Gli inquirenti parlano di
"contrasti politici locali". Io non so nulla di Acquaro, ma immagino
facilmente quali possono essere i contrasti "politici", e da che
motivati, in una zona militarmente occupata dai mafiosi come questa.
E' significativo che fra i nemici della 'ndrangheta (e che nemici: da
doverli annientare fisicamente) ci siano, nello stesso villaggio, il
sindacalista e il prete. Sarebbero stati su fronti opposti, vent'anni
fa. Adesso, rischiano insieme la pelle per contrastare i mafiosi e
difendere la gente. Che Dio e Di Vittorio li proteggano. Cerchiamo di
non perderli di vista.
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Dopo diciotto anni, non vale piu' la sentenza contro i tre autori del
rogo di Primavalle in cui furono barbaramente uccisi, il 16 aprile
1973, due figli di un esponente fascista di quel quartiere. Il piu'
piccolo dei due aveva otto anni. La Corte d'Appello di Roma ora ha
deciso che c'e' la prescrizione. I tre vivono all'estero da molto
tempo.
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Memoria. "Abbiamo imparato da tempo a difenderci da soli. Se non lo
facciamo noi, non ci difende nessuno. Quando Hitler ordino' la
Soluzione finale, a nessuno importo' nulla dello sterminio degli
ebrei". L'ha detto Sharon, commemorando Auschwitz in parlamento. Ha
detto cose vere. Esse spiegano, se non tutto, quasi tutto cio' che
d'orribile fa oggi Israele.
* * *
Le televisioni iraniane e egiziane (una "nemica" dunque, e una
"occidentale") trasmettono tranquillamente programmi antisemiti. In
Francia giovani arabi assaltano giovani ebrei. In Italia si scrivono
cose infami sui muri. "Libero", governativo, nel Giorno della Memoria
esalta in prima pagina Mussolini (non si reagisce apertamente, perche'
di questo governo si potrebbe avere bisogno in un domani).
L'antisemitismo e' combattuto, a parole... dagli antisemiti di ieri.
Non c'e' nulla, a parte gli aerei e i carri armati, che protegga gli
ebrei piu' di ieri. L'Europa non assisterebbe piu' impassibile -
probabilmente - a un nuovo massacro.
Ma altri paesi applaudirebbero, o almeno resterebbero neutrali. Questo
e' il quadro del mondo poco dopo il duemila. Difficilissimo "far
politica" su tutto questo. Si puo' soltanto registrare il quadro,
cercare di analizzarne razionalmente le radici. Altri antisemitismi
frattanto crescono. S'intrecciano con quelli antichi, s'imbevono,
s'alimentano a vicenda.
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Tommaso wrote (esattamente due anni fa):
< Non ho mai letto la Fallaci, ma non penso proprio possa essere
definita antisemita o antisionista. Sara' un refuso? >
* * *
Non e' un refuso. Tecnicamente, gli arabi sono tanto semiti quanto gli
ebrei: non a caso le vignette di Arafat, nei giornali anti-arabi,
presentano i medesimi tratti fisici caricaturizzati (naso, labbra,ecc)
che, nei giornali anti-ebrei, caratterizzano invece le caricature degli
ebrei. E' interessante notare anche che, sovente, i soggetti che
esprimono la propaganda anti-araba sono i medesimi che,
contemporaneamente o a distanza di qualche anno, portano o portavano
avanti quella anti-ebrea: negli Stati Uniti questo fenomeno e'
particolarmente evidente.
Alla base di entrambi c'e' il sentimento di una oscura identita'
"ariana" (artificiale e quindi intrinsecamente debole) che viene
percepita come vulnerabile e dunque minacciata su certi terreni dai
"non-ariani". L'ebreo e' molto piu' libidinoso di noi tedeschi, e
dunque e' pericoloso per le ingenue (e per noi frigide) donne ariane;
l'arabo, grazie alla sua animalesca vis copulandi, si riproduce molto
piu' velocemente di noi bianchi e questo (come leggiamo nelle dotte
analisi "geopolitiche" di alcuni editorialisti) e' un pericolo per la
civilta'.
L'ebreo e' abile e manovriero negli affari, contrariamente al franco e
ingenuo tedesco: che dunque bisognera' difendere dai suoi trucchi, che
non siamo in grado di elencare ma che sicuramente esistono, visto che
cosi' tanti ebrei hanno i soldi e tanti poveri tedeschi no.
L'arabo, che in fondo e' un incivile beduino, detiene ricchezze
immeritate (il petrolio) di cui si vale per ricattare noi ingenui
occidentali: che dovremo pur difenderci, a un certo punto.
Entrambi i popoli (o meglio: entrambe le razze) sono (terza
caratteristica) sporchi, fisicamente poco puliti: le due propagande
antisemite sono molto chiare su questo punto, che per uno psicanalista
sarebbe forse il piu' interessante.
Per quanto riguarda la Fallaci in ispecie, a queste coincidenze di
antisemitismo ne aggiungo una quarta, che e' di carattere
sintattico-narrativo. Rilegga gli antisemiti italiani Anni Trenta
(Appelius o Interlandi, per esempio) e ritrovera' certi ritmi
sintattici, certi stigma di stile, certi "assolo", che sono esattamente
gli stessi: lei e' un po' piu' sofisticata, ma non poi tanto.
Coincidenza fortuita ma carina, sia nell'antisemitismo del Ventennio
che in quello della signora il linguaggio ufficiale e' il
falso-fiorentino uso turisti: che ahime' gli americani non distinguono,
come non sanno distinguere il Chianti vero da quello di trattoria. Fra
i toscani fascisti, pero', c'erano dei personaggi umanissimi (penso a
Ottone Rosai, o a Malaparte) che del loro toscanesimo e persino del
loro fascismo facevano scena si', ma con sincerita' e con rispetto; e
si avvicinavano all'arte per questa via. La Fallaci e' fasulla, da cima
a fondo, tanto toscana quanto i David di plastica che gli americani si
portano a casa tutti contenti.
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Umberto wrote (adesso):
< Francamente trovo offensivo chiamare antisemitismo quello che
possiamo comodamente definire antiarabismo o antiislamismo. non Ravvedo
nulla, nell'odio contro i musulmani, che possa essere riicondotto alla
loro innegabile origine semita e mi chiedo chi e perche' ha sentito il
bisogno di definirlo antisemitismo. tu, che lo usi con estrema
disinvoltura, puoi darmi qualche lume? Per esempio, perche' tu hai
scelto questo termine? Aiutami a capire >
* * *
Per gettare l'allarme. Il livello del nostro razzismo attuale contro
gli arabi e' molto lontano da quello degli Anni Trenta contro gli
ebrei. Ma ha gia' raggiunto, a mio vedere, quello dell'antisemitismo di
fine ottocento: l'affaire Dreyfus, per intenderci, o l'antisemitismo
popolare (nel senso anche di Partito Popolare) di Lueger a Vienna. Non
si ammazzava nessuno, ancora (perlomeno qui in Europa), ma le premesse
per ammazzare in massa, alla prossima generazione e in tempo di crisi,
cominciavano a formarsi. Molti meccanismi culturali di quel tempo
secondo me si stanno riformando adesso.
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Patrizia wrote:
< Caro Riccardo, tra le tante cose - giuste - che hai scritto sulla
"guerra" Cuffaro-Report, una e' inesatta e mi preme correggerla. Non e'
vero che i giornalisti siciliani non hanno difeso Milena Gabanelli e i
colleghi del nord. E' vero che l'Assostampa non e' intervenuta ma e'
anche vero che nello stesso pomeriggio in cui sono esplose le
polemiche, sessanta giornalisti di tre testate palermitane (Giornale di
Sicilia, Repubblica e Rai) hanno firmato un comunicato di solidarieta'
a Report contro gli attacchi censori di Cuffaro & c, diffondendolo
tempestivamente (e' stato pubblicato), pur continuando a lavorare (non
tanto tranquillamente!). Possiamo anche discutere della efficacia di un
comunicato, ma non mi piace che si faccia di tutta l'erba un fascio. La
difficolta' di continuare a fare questo lavoro mentre i politici - di
destra e di sinistra - tentano di zittirti a suon di querele o di
"mazzette" distribuite come pagamento per "servizi di consulenza" vari,
(e i colleghi si adeguano, passando notti insonni alcuni, in attesa
della condanna; arrotondando gli stipendi gli altri) dovrebbe essere
sotto gli occhi di tutti, e rappresentare una "emergenza", non meno
della mafia. Ma qualcuno c'e', anche tra i giornalisti siciliani.
Qualcuno che ha sentito il bisogno di dire "non ci stiamo", di andare
oltre il silenzio degli "organismi di categoria" - e, a questo
proposito, devo aggiungere che anche l'Ordine dei giornalisti siciliani
ha preso posizione nettamente - dunque non facciamo un calderone
indistinto, non serve in questo momento, a nessuno. Con stima >
* * *
Cara Patrizia, hai ragione. Chiedo scusa a te e agli altri sessanta
colleghi che si sono mobilitati in Sicilia contro la censura. Avrei
dovuto immaginare, anche in mancanza di notizie dirette, che qualcuno
di voi si sarebbe mosso: e sessanta colleghi sono piu' che "qualcuno".
Ecco il comunicato dei sessanta colleghi siciliani:
< I colleghi di "Report" non hanno fatto altro che il loro mestiere di
fotografare la realta'.
Potra' non piacere, ma il giornalismo d'inchiesta mette in risalto
anche verita' scomode.
Vorremmo sentire parlare di una Sicilia finalmente libera dalla mafia.
Ma cosi' ancora non e': lo dimostrano le dichiarazioni rese dai
magistrati siciliani pochi giorni fa all'apertura dell'anno
giudiziario: Cosa nostra e' ancora forte e il pizzo e' un terribile
fardello che commercianti e imprenditori sono costretti a portare
addosso. Proprio alla luce di tutto cio' gli attacchi scatenati contro
i colleghi della trasmissione di Raitre, ai quali va la nostra
solidarieta', ci sembrano pretestuosi e volti a scaricare
responsabilita' che bisogna cercare altrove.
I politici devono agire in maniera trasparente per migliorare la
Sicilia e agire concretamente per eliminare gli ostacoli allo sviluppo
e alla legalita'.>
Ecco la lettera di Antonio Ortoleva, del CdR del Giornale di Sicilia, a
Serventi Longhi della Fnsi:
< Una sessantina di giornalisti palermitani - proprio perche' il tema
del contendere era il rapporto della Sicilia con la mafia, e noi non
viviamo e lavoriamo a Honolulu - insomma, la "base" delle tre redazioni
(si sono poi aggiunte adesioni dalle emittenti Tgs e Telecolor) ha
inteso prendere posizione netta e chiara sul principio invalicabile
della liberta' di stampa: si puo' criticare qualunque servizio
giornalistico ma e' vietato dalla Costituzione, dall'etica
professionale nonche' dal contratto mettere all'indice un giornalista,
una testata.
Avendo apprezzato il tuo intervento nella qualita' e non altrettanto
l'assenza dell'Assostampa siciliana (sono intervenuti l'Ordine di
Sicilia e l'Unione cronisti), voglio sottolineare con orgoglio che
anche i giornalisti siciliani nei momenti decisivi sanno mobilitarsi. >
La risposta di Serventi Longhi:
< Ritengo il documento dei 60 ed oltre colleghi siciliani una delle
migliori testimonianze di civilta' professionale degli ultimi anni.
Sono con voi e credo che dovremo continuare a batterci per difendere la
liberta' nostra e delle testate per le quali lavoriamo contro ogni
interferenza ed ogni tentativo di criminalizzare il nostro lavoro. >
* * *
A questo punto si potrebbe anche pensare a organizzare qualcosa di piu'
permanente per la difesa della liberta' di stampa in Sicilia. Un'idea
potrebbe essere di costituire un sindacato, e di chiamarlo - per
esempio - Associazione Siciliana della Stampa, visto che attualmente in
Sicilia non ce n'e'. Giro l'idea a Serventi Longhi. (r.o.)
________________________________________
Benito D'Ippolito nbawac@tin.it > wrote:
Ci verra' chiesto conto.
< Del perche' non abbiamo accolto e soccorso
chi fuggiva da guerre, da fame, da morte.
Cosi' come noi chiediamo conto a chi fu
complice dei nazisti.
Ci verra' chiesto conto.
Degli accordi razzisti e assassini
di Schengen, delle leggi che hanno riaperto
in Italia i campi di concentramento.
Ci verra' chiesto conto. A noi tutti.
Delle persone che abbiamo lasciato morire.
In quel tribunale
ove non si corrompe, non si mente, non si sfugge
ci verra' chiesto conto >
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