Psichiatria: salute, mercato e diritti.
Roma. li 13.05.05
Il 13 Maggio del 1978 veniva approvata la legge 180 - "Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori" - frutto del lavoro di anni del professor Franco Basaglia e della sua equipe negli ospedali psichiatrici di Gorizia e Trieste. A 27 anni di distanza abbiamo chiesto al professor Gianni Tognoni* un'analisi della situazione della salute mentale in Italia.
Professore, che cosa ha rappresentato in Italia la legge Basaglia e quali novità ha introdotto?
La legge 180 in Italia ha rappresentato il punto di arrivo di un processo più importante e di ampio respiro, medico e culturale. Allora rappresentava l'espressione istituzionale del lavoro di Basaglia che aveva consistito nel ristabilire la centralità della persona anzichè dell'istituzione. Basaglia pensava l'istituzione in funzione delle persone a cui offriva un servizio, in anni in cui la norma era il contrario, ovvero la persona oggettivata in funzione dell'istituzione. La legge 180 entrava nel punto più critico della sanità in quegli anni, la psichiatria, e già si faveva promotrice di un modello anticipatorio nei principi di un sistema sanitario nazionale, istituito subito dopo con la legge 833/78. Il lavoro di Basaglia in questo senso ha rappresentato sicuramente l'evento più importante per una riforma della sanità pubblica e prima ancora per un profondo cambiamento culturale, un cambiamento dell'immaginario collettivo volto a promuovere la s! anità come diritto della persona e la salute come valore positivo, all'interno di un discorso da estendere dalla psichiatria a tutta la medicina.
In che modo la legge 180 è stata applicata e quali ostacoli ha incontrato?
Il problema della legge 180 è stato la sua traduzione in realtà. I suoi principi non sono mai stati tradotti in una rete di servizi, progetti, prassi di ricerca, se non a un livello burocratico, generando nuove istituzioni lontane dai grandi cambiamenti culturali che il lavoro di Basaglia aveva introdotto. E si badi bene che il problema particolare della psichiatria non prescinde dalla mancata progettualità complessiva della sanità pubblica in Italia.
Ci sono state belle esperienze, a Trieste per esempio, in Emilia Romagna, in Toscana, ma frammentate.
Molte regioni hanno riportato la psichiatria in secondo piano anche per un problema di priorità economiche. Un paziente psichiatrico in riabilitazione cronica non rende alle AUSL. Questa logica di mercato, che ha guadagnato sempre più consensi nella medicina e nell'immaginario, ha provocato una continua regressione nel rapporto sanità-diritti negli ultimi quindici anni.
Quali situazioni si prospettano con le recenti proposte di modifica alla legge? Di quali interessi sono portavoci?
Le proposte di modifica alla legge 180 sono l'espressione istituzionale di una corrente, appoggiata dalle grandi case farmaceutiche, che è quella della medicina tecnica-tecnologica-scientifica, che cura il disagio leggero (diffusa depressione, ansia, disturbi alimentari...) sedando i sintomi, magari con psicofarmaci prescritti con eccessiva leggerezza, e trascura i casi più gravi perchè affatto redditizi. Una medicina questa che finisce per rendere ancora più socialmente marginale chi ha un più forte disagio psichico e che proprio perchè meno risponde alle terapie avrebbe bisogno di un trattamento più intensivo e completo, attento ai problemi, ai processi, alla riabilitazione, alla persona, ai legami, alle relazioni e ai vissuti. Tuttavia una medicina di questo tipo, clinica, epidemiologica, solidale, va inevitabilmente contro l'attuale trend della sanità. Basti pensare al crescente processo di privatizzazione e di appalto delle case di cura, dove la ! qualità del servizio è inevitabilmente subordinata ad esigenze di bilancio e mercato. In questo processo le case farmaceutiche hanno enormi interessi, è ovvio. Dico solo che il mercato degli psicofarmaci è quadruplicato negli ultimi anni.
Qual è a suo avviso il nodo principale da affrontare affinché la svolta culturale che rappresentò l'esperienza di Basaglia ritorni al centro del dibattito attuale sulla psichiatria e più in generale sulla sanità pubblica?
Il vero problema è e rimane l'assenza di interesse per una progettualità generale della sanità pubblica come sistema integrato di servizi alla persona nella sua completezza all'interno di un discorso che leghi salute e diritti.
Esperienze in questa direzione ne esistono in Italia come all'estero, ma sono frammentate e non hanno riscontri politici e culturali, nella classe medica e nell'opinione pubblica.
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