Lotta alla mafia: rende liberi e dà anche da mangiare
Il giorno 11 ottobre 2003 si è tenuto, presso i saloni della Provincia di Taranto, un incontro con il Procuratore della Repubblica Giancarlo Caselli. A introdurre è stato il coordinatore dell’associazione Libera di Taranto, Gianni Liviano. Liviano ha esposto alcuni dei legami tra la mafia locale e il territorio tarantino. Il discorso del Procuratore Caselli è quindi iniziato con un ragionamento sulla legalità a sfondo filosofico nel quale sono stati esposti i concetti di diritto soggettivo e diritto oggettivo. Il primo consiste nel rispetto della legalità che viene da sé stessi e si concretizza nel momento in cui l’individuo comprende che la legalità è bene per sé e per gli altri. Il secondo invece consiste in un’imposizione esterna del diritto che è tuttavia necessaria per la regolazione dei diritti e dei doveri nel contesto di una società civile. Alcuni, ha osservato Caselli, ritengono che la mafia possa dare protezione e lavoro. Questa convinzione tipica di alcune persone è stata definita un falso stereotipo. Per quanto riguarda la protezione infatti la mafia la fornisce solo in cambio di qualcos’altro. La legalità invece fornisce, attraverso le forze di carabinieri e polizia, una protezione che non comporta “favori” o altro in cambio. Per quanto riguarda il lavoro invece la mafia, con le sue attività di racket, mette in crisi l’economia incentivando la disoccupazione anziché creare posti di lavoro. A tal proposito ha citato studi del Censis che attestano la presenza di maggiore disoccupazione e minore sviluppo proprio lì dove la mafia controlla l’economia. Infatti gli imprenditori vengono scoraggiati ad investire in quanto devono sopportare – oltre ai costi relativi al costo del denaro, del lavoro e degli impianti – anche quello del “pizzo”. “La legalità è una cosa bella, che si può assaporare e persino gustare” ha dichiarato Caselli. E, per dimostrare che non è solo un modo di dire, il Procuratore ha tirato fuori dalla sua borsa un sacchetto di pasta. “C’è perfino il tempo di cottura” ha affermato mostrando un po’ di senso dell’umorismo. Il pacchetto che aveva fra le mani conteneva pasta apparentemente come tutte le altre: grano duro maturato al sole, cottura in sette minuti, ecc. Ciò che rendeva però questo alimento diverso dal comune stava nel fatto che il grano con il quale era fatta era coltivato su terreni confiscati alla mafia. “Maturato sotto il sole di Sicilia”, ha letto in conclusione Caselli. Poi ha spiegato anche che la pasta era prodotta dalla cooperativa Placido Rizzotto.
Dalla “pasta legale” Caselli è passato alla legge sul legittimo sospetto. Lì dove si dovrebbe tendere a fluidificare i procedimenti giuridici questa legge tende invece a rallentarli. Con il legittimo sospetto infatti è possibile spostare il processo se si ritiene che un giudice non sia oggettivo nel giudicare un processo. Così l’imputato, con l’aiuto del proprio avvocato, invoca il legittimo sospetto. La Corte di Cassazione quindi deve giudicare la validità della richiesta di spostamento del processo. Intanto che la Cassazione esamina il caso possono passare dai sei agli otto mesi di tempo senza che il processo vada avanti. Così facendo si rischia però che il processo venga allungato e che il colpevole rimanga impunito in quanto i reati possono cadere in prescrizione o essere condonati mediante leggi ad hoc. Il giudice Caselli ha criticato tutti quei progetti di legge che, anziché rendere più veloci i processi, tendono invece a renderli dei “percorsi ad ostacoli”. Infine ha criticato il tentativo di subordinare il potere della magistratura al potere legislativo.
http://www.libera.it/index.asp?idmenuliv3=221
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