Perseguitata dai naziskin perché diversa
alla
periferia di Mazzano
BRESCIA - «Gay a bordo» diceva, stilizzato nel triangolo del segnale
stradale di pericolo, l'adesivo applicato sul fronte interno della
porta di
casa. La «carta d'identità» della giovane donna condita con il sale
dell'ironia. Ma tra le villette alla periferia di Mazzano, la sola
presenza
di una persona «diversa» accende una minacciosa reazione
d'intolleranza.
Tutto porterebbe verso ambienti nazifascisti.
Lunedì sera verso mezzanotte, al rientro dal cinema nell'abitazione che
divide con la sua compagna, lei, D.G., 27 anni, viso acqua e sapone,
occhialini da intellettuale, un'omosessualità coltivata nella privacy
domestica e mai sbandierata - ha trovato l'ingresso forzato e quella
dicitura sporcata con una svastica. Dentro, l'abitazione tutta a
soqquadro:
indumenti intimi rovesciati per terra, alcuni oggetti, di modesto
valore,
spariti. Ma soprattutto un'altra croce uncinata e le lenzuola, per
colmo di
spregio, imbrattate di urina. Il furto non poteva essere il vero
obiettivo
dell'incursione notturna, una manciata di euro lasciata proprio vicino
all'ingresso nessuno l'ha toccata.
Bravata di pessimo gusto o un avvertimento all'insegna del razzismo
sessuale? Per D.G., che ha presentato denuncia ai Carabinieri per
vandalismo, nessun dubbio: «La svastica è una firma precisa e da queste
parti il nazifascismo non lo scopriamo oggi. Quegli individui mi
dovevano
tenere d'occhio da tempo se si sono introdotti in casa proprio una
delle
rarissime volte che sono uscita di sera. Con la denuncia so di espormi
ancora di più alla loro ritorsione, ma la dovevo fare: il silenzio
della
vittima, in questi casi, diventa complicità».
La giovane - buona famiglia borghese di Brescia, studi superiori,
lavoro di
responsabilità in un'azienda della zona - ha scoperto la sua
«diversità» sui
banchi delle medie finché, a 17 anni, la decisione di lasciare la
famiglia
per vivere la sua esperienza. Una brutta avventura, un po' di anni fa,
al
Carmine, allora il bronx di Brescia, («Sei una lesbica, ti devo
punire»). Ma
sembrava una storia passata.
A Mazzano, tra Brescia e il Lago di Garda, lei e la sua amica con i due
cagnolini si sono trasferite da poco, in punta di piedi. Quella
convivenza
ha però subito disturbato alcuni vicini: il mese scorso una scenata a
base
d'insulti e parole pesanti che l'ha costretta a rivolgersi già allora
già
allora in caserma. «Ma questa volta è assai più grave - sottolinea la
giovane, tormentata tra l'indignazione e la paura -. La svastica dice
tutto
e non credo che i vicini c'entrino più. Qualcuno vuole farmi pagare la
colpa
di essere lesbica».
L'omosessualità per D.G. non è mai stata una tessera politica. Mai
indossato
lustrini e paillettes, mai partecipato al Gay Pride. Anzi, tiene a
prendere
bene le distanze da ogni forma di esibizionismo sessuale. Ma perchè
hanno
preso a bersaglio proprio lei? La svastica, i nazifascismi: fantasmi
che la
perseguitano e non la fanno dormire. Lei però è decisa a tener duro:
«Non
posso e non voglio essere nient'altro che ciò che sono».
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