Il commissario anticorruzione sbatte la porta
Passano gli anni, cambiano i colori ma a quanto pare l'acqua del mulino è sempre la stessa(una volta gli anziani dicevano che "acqua passata non macina più", i tempi son proprio cambiati ...). Nell'ottobre 2002 Tano Grasso rassegnò le dimissioni da commissario antiracket dopo i tentativi di delegittimazione da parte del governo che arrivò ad affiancargli "un commissario straordinario". Scrisse all'epoca il Centro siciliano di documentazione "Peppino Impastato" in una durissima nota Le dimissioni di Tano Grasso sono un preciso atto d'accusa per il governo e debbono essere uno stimolo per le associazioni antiracket e per le altre realtà del movimento antimafia che debbono moltiplicare il loro impegno per continuare una lotta che diventa sempre più difficile, con un governo che vuole "convivere" con la mafia e favorisce speculatori e corruttori.
Sono passati quattro anni da allora e i colori predominanti a Palazzo Chigi sono altri. I protagonisti sono cambiati, ma a quanto pare il teatrino resta lo stesso. Il 19 dicembre scorso Gianfranco Tatozzi, uno dei migliori magistrati italiani in circolazione, ha rassegnato le dimissioni da "alto commissario anticorruzione". La scelta è maturata dopo due episodi diversi ma che, secondo Tatozzi, sono la cartina al tornasole della mancata volontà del governo Prodi di avviare una seria politica anticorruzione. Il primo, poco conosciuto ai media, è riconducibile ai vari tentativi di questi mesi di chiudere l'alto commissariato, a partire dai riordini amministrativi del decreto Bersani che cancellerebbero il commissariato anticorruzione. Nel decreto viene stabilito un totale riordino dell'amministrazione pubblica e la cancellazione degli enti che non riuscissero in questo riordino. L'alto commissariato è tra questi.
L'altro punto controverso è salito già alla ribalta mediatica: l'accorciamento della prescrizione per i reati contabili, inserito all'ultimo momento nella Finanziaria 2007, in modo che non fosse possibile eliminarlo senza far saltare l'approvazione di tutta la Finanziaria. Una specie di ricatto legislativo. Due paroline ancora su questo teatrino di Natale messo in scena da Prodi e dai suoi ministri. Dopo l'inserimento all'ultimo momento, il governo si era impegnato a cancellare subito la norma con un decreto apposito. Puntualmente il 27 dicembre un consiglio dei ministri straordinario, convocato all'uopo, con un decreto legge riporta la prescrizione per i reati contabili alla lunghezza precedente. Tutto sembra finire bene. Forse si. O forse no? Perché c'è una piccola considerazione finale. La legislazione italiana stabilisce che le norme penalmente rilevanti siano retroattive solo se "favorevoli al reo". Un esempio può aiutarci a comprenderci. Oggi il fumo nei locali pubblici è sanzionato con una multa. Ora, ipotizziamo che io oggi vengo multato e domani esca una legge che sostituisce alla multa il carcere. Siccome sono stato sanzionato prima della nuova legge mi salvo dal carcere. Ipotizziamo ora la situazione contraria. Oggi è previsto il carcere per chi fuma nei locali pubblici. Domani esce una legge che riduce la sanzione ad una semplice multa. Tutti coloro che erano in carcere per aver trasgredito il divieto di fumo escono, in quanto la nuova legge è per loro più favorevole.
Torniamo ora all'elastico sulla prescrizione e applichiamo quel che è abbiamo appena ricordato. La norma nella Finanziaria è retroattiva in quanto stabilisce condizioni più favorevoli ai colpevoli. Quindi si applica a tutti i processi in corso, a prescindere dalla preesistenza alla norma. Il decreto successivo(riparatore secondo Prodi&Co.) stabilisce condizioni più repressive, quindi meno favorevoli, per i condannati. Per questo non è retroattivo ma avrà valore solo dal giorno della sua promulgazione.
Praticamente una vera e propria amnistia per corrotti e corruttori ...
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