intervista a Pietro Orsatti, di SenzaMedia

Minacce sui lavoratori bloccano l'uscita di un film

12 marzo 2007

Signor Orsatti, quanto tempo c'è voluto per realizzare l'ultimo film documentario sul porto di Genova?

Un anno abbondante. Il documentario, che racconta la realtà del lavoro del porto di Genova, si intitola "De Mä, trasformazione o declino". Ho cercato di evitare il taglio della tradizionale inchiesta con un'intervista ai vari soggetti istituzionali, imprenditoriali e sindacali, preferendo invece immergermi nelle storie dei lavoratori, raccogliendo racconti e immagini di lavoro e di vita, dando voce a chi spesso non ne ha. Questi lavoratori mi hanno accompagnato mettendoci la propria faccia, la propria esperienza personale. Mi hanno dato tanto, condividendo tutte le loro emozioni, che vanno dal dolore all'allegria, senza risparmiarsi.

Cosa è uscito fuori da tutto questo lavoro? Cosa avete portato alla luce?

Una triste realtà, purtroppo. E cioè che la stagione degli scaricatori e dell'élite operaia, non esisteva più. Si è trasformata negli anni, lasciando il passo a un intreccio pericoloso di precarietà, assenza di diritti, discriminazioni, assenza di sicurezza sul lavoro, con la politica e l'economia che vanno a braccetto, ognuna copre le mancanze dell'altra.

Come mai vi siete concentrati proprio sul porto di Genova?

Perchè siamo davanti a una crisi del settore che non riesce a reggere il confronto con i porti francesi e spagnoli. Decine di morti nel porto in 5 anni, centinaia di incidenti all'anno su 1000 lavoratori. Ci sono una serie di cose che non vanno e che andrebbero ritoccate. La gestione del porto lascia molto a desiderare, lavoratori a cottimo, una precarietà diffusa, autoproduzione che porta alla non applicabilità della legge 84/94 che prevede il contratto nazionale del lavoro.

Ti saresti mai aspettato tutto questo movimento?

Chiaramente mi aspettavo critiche, anche polemiche feroci:
so che il film ha svelato un mondo del tutto sconosciuto. Per questo mi aspetto critiche, e forse anche polemiche feroci. Per questo volevo organizzare una presentazione pubblica, per aprire un dibattito aperto sull'iniziativa.
Ma invece delle critiche sono arrivate minacce e intimidazioni, sia verbali che scritte sui muri, rivolte ai lavoratori che avevano raccontanto davanti alla telecamera le loro esperienze, sia umane che lavorative.
La cosa più grave è che queste minacce sono state fatte sul posto di lavoro da altri lavoratori, e che le scritte sono comparse anche nello spazio della bacheca ufficiale alla "Chiamata", il luogo più conosciuto e frequentato di questa sorta di "tempio" della classe operaia genovese. Non scritte generiche, ma insulti e minacce con il nome del destinatario in bella evidenza. Nomi di lavoratori, persone che hanno raccontato liberamente la propria condizione di lavoratori. Fra questi lavoratori anche un dirigente sindacale provinciale e due ex dirigenti sindacali oggi in pensione e membri del Circolo operaio del porto di Rifondazione.
Una campagna assurda e vigliacca, una sorta di guerra preventiva e, questo il paradosso, ancor prima che venisse reso pubblico e presentato l'intero film.

E quindi come avete intenzione di procedere? che farete?

Abbiamo dovuto bloccare temporaneamente la presentazione di questa versione del film. Sono tornato in montaggio e sto sostituendo le sequenze di quei lavoratori che, spaventati, si sono tirati indietro. Non li biasimo, anzi, fin dall'inizio ho sempre dichiarato a tutti che ero disponibile a ogni modifica funzionale alla loro tutela. Altri lavoratori, invece, hanno accettato di continuare, non vogliono retrocedere nonostante le gravissime pressione ricevute negli ultimi giorni.

Quando è prevista l'uscita del film?

La presentazione del film era prevista il 16 di marzo a Genova. Cercheremo di mantenere l'impegno nonostante le intimidazioni: lo dobbiamo soprattutto a quelle tante persone che si sono esposte, e lo dobbiamo a tutti quei lavoratori che ogni giorno, in ogni ora del giorno della notte, in tuta e guanti rischiano la vita in porto, fra container e fasci di tubi di acciaio, pilastri di cemento e mezzi pesanti, gru e montagne di carbone e caolino "sono diventati come soldati per lavorare – mi ha raccontato un vecchio sindacalista che vissuto questa trasformazione del porto - vivono come bestie e si fanno male come bestie". Anche e soprattutto per loro è stato girato questo film.

Incrociamo le dita. In bocca al lupo
Censurati.it

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