Il processo all’antimafia continua
“E’ il mondo rovesciato di Palermo” scrisse una volta il giornalista Pino Corrias. E viene da credergli visto come la vicenda, sempre più assurda, si sta evolvendo. Ancora una volta ci ritroviamo a dover scrivere di una situazione, chiusa prima ancora di aprirsi, che continua ad infangare coloro che scrissero “una pagina fulgida e lucente dell’Antimafia”(sono parole del pm Antonino Ingroia, il grande accusatore, alla fine del processo). Cadono le braccia nel leggere, sul Corriere online (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Spettacoli/2007/05_Maggio/03/il_capo_dei_capi.shtml), che è in produzione una fiction su Totò Riina, in cui “restano i dubbi sulla cattura”. Lo sceneggiato televisivo, che andrà in onda su Canale 5, è ispirato al libro-inchiesta di Giuseppe D’Avanzo e Attilio Bolzoni, i giornalisti di Repubblica che tra i primi parlarono di trattative tra mafia e Stato, i primi ad accusare Ultimo di aver comprato Riina dalla cupola e non di averlo arrestato al termine di un’operazione difficile e dura. 14 anni dopo, nonostante un processo giudiziario che ha pienamente assolto Ultimo e Mario Mori, il generale che con lui coordinava il Crimor, e ha smontato le tesi complottistiche dobbiamo ancora vederle riemergere incredibilmente. Dichiara Claudio Fava: “Raccontiamo i dubbi che esistono ma senza risolverli, così come non lo sono tuttora. E cioè se la cattura sia stata frutto di un’efficacia azione di intelligence o se vi sia dietro Provenzano e un suo possibile patto di non belligeranza con lo Stato”. Qualcuno dovrebbe ricordare a Fava, se mai l’ha saputo, che non c’è bisogno di una fiction televisiva di cui lui da Strasburgo è coautore, per risolvere alcunché. C’è stato un processo, un processo che ha avuto uno svolgersi e un finale inequivocabili, senza possibili fraintendimenti o dubbi. Lo stesso Fava, nell’articolo del Corriere, afferma qualche riga prima che “ci siamo concessi una licenza: abbiamo inventato il personaggio di Biagio Schirò”. Negativo, dottor Fava. Le licenze sono due. E se su quella dichiarata nulla da eccepire, esigenze di copione televisivo l’avranno probabilmente giustificata, sull’altra molto c’è da scrivere. Perché gli sceneggiatori, tra cui l’europarlamentare, primeggia, si sono anche permessi di omettere, di non citare minimamente, di cancellare totalmente il processo contro Mori ed Ultimo, la loro assoluzione e il totale scioglimento di ogni dubbio su come i fatti siano potuti andare. Sottolinea Monteleone, uno dei registi della fiction, “Quando ho letto la sceneggiatura, mi sono detto: ma dov’ero?”. E’ una domanda che vorremmo fare anche noi alla TaoDue, che è produttrice della fiction(e che ben conosce Ultimo per aver prodotto 3 serie su di lui, ma forse finiti gli incassi la memoria diventa labile …), ai Bolzoni, a Claudio Fava e a tutti, registi e sceneggiatori. Vorremo sapere dov’erano mentre Ultimo e Mori venivano assolti, mentre i teoremi di Bolzoni, D’Avanzo, Lodato, Travaglio venivano smontati dalle prove, dalle foto della villa intatta, dalle dichiarazioni smentite dai fatti dei pentiti. Dov’erano mentre i dubbi sul covo di Riina venivano fugati.
Siamo nel mondo rovesciato di Palermo, scrivevamo poc’anzi, ed infatti basta un piccolo esercizio sui motori di ricerca online per rendersene conto. Cercate notizie sulla fiction, ne troverete. Cercate le dichiarazioni di Fava, le troverete ovunque. Cercate ora smentite alle sue dichiarazioni. Non vi sforzate moltissimo perché ce n’è una sola, da parte di Antonella Serafini, pubblicata su Censurati(http://www.censurati.it) e su PeaceLink(http://italy.peacelink.org/sociale/articles/art_21560.html). Cercate ora la replica, giunta poche ore dopo le parole di Claudio Fava, del Capitano Ultimo, sentitosi(giustamente!) chiamato in causa dalle parole dell’europarlamentare italiano. Non vi sforzate molto, è inutile. La risposta è la stessa di prima. Se escludiamo l’ANSA, solo Antonella Serafini ha riportato le sue parole. Riccardo Orioles dice sempre che non bisogna parlare mai di controinformazione, perché non esiste, ma solo di informazione. C’è chi la fa e chi invece occulta fatti e proclama spesso menzogne. Parole su cui meditare …
E allora, eccole le parole di Ultimo, una risposta decisamente per le rime alle affermazioni di Claudio Fava. Per le rime perché giustamente dure e taglienti, ma anche perché(come chi conosce il Capitano ben sa) sono parole di un cuore puro di combattente, di chi non siede sugli scranni dorati ma lotta nella polvere delle strade, lontane da carrierismi e privilegi. Eccole:
"A pagina 49 del Corriere della Sera si legge una dichiarazione dell'on. Claudio Fava in cui, aderendo ad una raffinata coerente di pensiero si continuano a insinuare infondati dubbi circa l'esistenza di trattative e patti tra stato e mafiosi alla base della cattura di Salvatore Riina nonostante la lunga vicenda giudiziaria conclusasi con una sentenza chiarificatrice e di assoluzione con formula piena".
"E' davvero giunto il tempo di ribellarsi alla dittatura di una certa antimafia di salotto e di potere che, invece di attaccare i criminali, offende e sovraespone quelli che hanno rischiato e rischiano la propria vita per combattere la mafia sulla strada, lontano dai soldi e dai privilegi. Al dottor Fava, con amarezza, si chiede che provi se non a rispettare, almeno a non insultare quelle persone che esponendosi personalmente hanno lottato con purezza contro gli assassini di suo padre".
E allora, se proprio si vogliono seminare dubbi e fugare ombre, le suggeriamo noi, anche dopo la lettura delle parole di Ultimo, alcune domande a Claudio Fava e agli sceneggiatori della fiction da porre sulla cattura di Riina:
- Perché il Crimor fu costretto allo scioglimento dopo aver catturato Riina?
- Perché, dopo la cattura di Riina, sul suo stato di servizio le sue caratteristiche cambiarono da “eccellente a superiore alla media”?
- Perché le dichiarazioni dei pentiti sulla vendita di Riina ad Ultimo da parte della cupola mafiosa sono arrivate a costruire un processo e le dichiarazioni di Gioacchino La Barbera, che ha parlato di un piano della mafia per uccidere Ultimo(corredato da un miliardo di dollari pronti a giungere nelle tasche del carabiniere che si sarebbe fatto corrompere per aiutare a identificare Ultimo), sono sempre state ignorate?
- Ed infine, perché si deve continuare a negare una verità ormai conclamata da fatti, riscontri e processi penali? A chi giova, a chi conviene tutto questo?
Ma, visto che vi siamo costretti, ricapitoliamo ancora una volta tutta la vicenda partendo dall’inizio. Non è abitudine di questo povero scribacchino raccontare le cose a metà, nascondendo e omettendo qualcosa. Chiedo scusa a chi si appresta alla lettura per la lunghezza dello scritto. Ma, credetemi, tanto è da raccontare e tanta è la rabbia e l’indignazione da riportare sulla tastiera. L’unica speranza è di non annoiare chi riuscirà ad arrivare in fondo alla lettura, ma di suscitare domande, dubbi e sacrosanta indignazione civica per come, nel nostro mondo rovesciato, vengono trattati coloro che perseguono la legalità e la difesa dei valori civili nel nostro Paese.
LA RICOSTRUZIONE DELLA VICENDA, DALL’ARRESTO DI RIINA NEL 1993 ALLE TRIBUNE TELEVISIVE DI SANTORO DEL 2006
Era una grigia mattina di gennaio su Palermo, una mattina come tante altre, il 15 gennaio 1993. Un auto esce da una villetta di Via Bernini. Appena gira l’angolo viene accerchiata da tre auto. Da una di queste esce un uomo incappucciato che dichiara “io ti arresto in nome di Falcone e Borsellino”. L’uomo incappucciato era il Capitano Ultimo, la persona arrestata Totò Riina, il boss dei boss della mafia corleonese. Dopo mesi di appostamenti e di indagini, a conclusione di un’operazione osteggiata anche dai suoi superiori che consigliavano di andare altrove, si poneva fine al regno del terrore e del sangue di una delle primule rosse della cupola. Da quel momento ha inizio l’assurda, incredibile vicenda che tutt’ora costringe Ultimo a difendersi da accuse infamanti per aver arrestato Riina. E’ stato degradato, costretto ad andarsene da Palermo, l’hanno boicottato nella ricerca di Provenzano, ma a qualcuno non è bastato. E’ rimasto memorabile negli Anni Ottanta, ai tempi del maxi-processo, un’articolo di Leonardo Sciascia contro Falcone e Borsellino. Nell’incipit dell’articolo scrisse di non conoscere Falcone e Borsellino, di abitare lontano da Palermo e quindi di non conoscere la situazione della città e di non conoscere minimamente i fatti. Premesso questo attaccò pesantemente i due giudici, accusandoli di voler far carriera con un giustizialismo giacobino e concluse coniando l’espressione “professionisti dell’antimafia”. A quanto pare lo scrittore ha fatto scuola. A partire dallo stesso 1993 molti, tanti, probabilmente troppi, hanno voluto scrivere sulla cattura di Riina, hanno riempito pagine e pagine di libri con fiumi di inchiostro alla ricerca dello scoop del secolo: Riina non è stato catturato da una brillante operazione dei Ros del Capitano Ultimo, ma venduto alla mafia in cambio dell’occultamento di documenti e elenchi importanti(contenenti, secondo le dichiarazioni di alcuni pentiti, addirittura 3000 nomi di politici e amministratori collusi dalla mafia). Ed infatti dopo la cattura di Riina per 18 giorni la villa non è stata sorvegliata e i picciotti hanno potuto ripulirla, asportando la cassaforte e tinteggiando addirittura le pareti. Il primo a lanciare l’accusa fu, in un libro scritto pochissimi mesi dopo l’arresto di Riina con una celerità da marziano, Attilio Bolzoni. Negli ultimi anni si sono aggiunti Marco Travaglio e Saverio Lodato, giornalisti su Repubblica e Unità. Dopo anni di rinvii e di indagini a vuoto un processo ha inizio nel febbraio 2005, un processo che inizia con i pubblici ministeri che chiedono di “non procedere”. Non è dello stesso avviso il gup che decide di non fermarsi. Il resto è cronaca dell’anno scorso: le accuse vengono smontate ad una ad una e Ultimo assolto con formula piena. Ma a quanto pare non finisce qui. Travaglio e Bolzoni, sui rispettivi organi di stampa, parlano di un processo pieno di luci e ombre, rilanciando l’elenco asportato con la cassaforte. Eppure, durante il processo, proprio i due pilastri dell’accusa sono stati tra i primi a cadere. La cassaforte non è mai stata asportata da nessuno, è rimasta lì tutto il tempo. E, come dimostrano inequivocabilmente le foto presentate al processo, è stata aperta durante la perquisizione dai carabinieri con la fiamma ossidrica. Per quanto riguarda la tinteggiatura della villa, lavori erano in corso molto prima dell’arresto, tanto è vero che la villa era quasi interamente vuota. Ma, come scrivevamo all’inizio, per trasformare una cosa non vera in realtà basta ripeterla migliaia di volte. Magari urlarla e sfruttare potenti megafoni. E sicuramente Repubblica, Unità e case editrici sono tra i megafoni più potenti che abbiamo attualmente in Italia. Così come Sciascia negli Anni Ottanta scriveva da Milano, senza conoscere i fatti, così i vari Travaglio e Bolzoni, senza essersi mai presentati al processo, hanno continuato, incuranti delle evoluzioni del processo, a portare avanti i loro teoremi. I loro megafoni sono sicuramente più potenti di questo sito, di Unimondo(http://www.unimondo.org), del portale Censurati(http://www.censurati.it), gestito da Antonella Serafini(persona seria che prima di scrivere è stata abituata a informarsi e documentarsi, ed infatti il processo l’ha seguito tutto, udienza dopo udienza fino alla fine), e de La Catena di San Libero, scritta da quel Riccardo Orioles che con Pippo Fava, mentre Sciascia insultava da Milano, rischiava la pelle a Catania contro i cavalieri(ed infatti Fava fu ucciso), gli unici ad aver riportato la verità processuale e a non aver prestato il fianco alle speculazioni su Ultimo e sul Crimor. Alcuni mesi fa Santoro, lo stesso che ha offerto il suo programma televisivo agli show del pluri inquisito Totò Cuffaro, ha dedicato una puntata del suo Anno Zero alla mafia. Presente in studio ovviamente Marco Travaglio. Accanto a lui Antonino Ingroia, che il processo è stato costretto a seguirlo in quanto era rappresentante dell’accusa. Erano i giorni in cui Carlo Ruta, collaboratore anche di PeaceLink, veniva condannato al carcere per le sue coraggiose inchieste e un altro giornalista riceveva a casa manifesti mortuari con il nome in bianco. E allora, giustamente, per parlare di mafia Travaglio rilancia la storia del covo ripulito di Totò Riina. Ascoltando le sue parole il processo, con le prove documentate che invece il covo era intatto e l’assoluzione piena di Ultimo e Mori, non era mai stato celebrato. Ingroia ascolta, annuisce e aggiunge che secondo lui, anche se non ci fu dolo, la trattativa c’era stata. Se l’italiano non è un’opinione e le parole hanno il significato del vocabolario e non un altro significa che, senza volerlo, Ultimo ha tratta con la mafia. Saremmo curiosi di sapere come si può parlare e fare accordi con una persona senza conoscerlo e senza volerlo. Ma questo è il mondo rovesciato di Palermo, non ci stancheremmo mai di ripeterlo. E Ingroia è lo stesso pm che, a conclusione del processo, parlò di favoreggiamento semplice(e non mafioso) da parte di Ultimo e Mori. Se non favorirono la mafia, chi o cosa favorirono non ci è dato, ad oggi, saperlo. Dopo la puntata di Anno Zero, il programma di Santoro, scrisse Antonella Serafini “Santoro e Betulla pari sono”( http://italy.peacelink.org/sociale/articles/art_18937.html). Purtroppo non è così perché Farina al SISMI le informazioni le passava precise e puntuali, senza dimenticare ne omettere nulla. Travaglio, Santoro e Ingroia del processo e delle sue conclusioni(contrarie al loro teorema accusatorio), non hanno ricordato nulla ...
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Assolto perché il fatto non costituisce reato
Ero sereno per la correttezza professionale con cui è stata svolta questa inchiesta giornalistica e l’assoluta veridicità dei fatti in essa narrati. Spero, con il mio impegno e le mie denunce, di aver onorato la memoria del suo direttore, Giuseppe Fava, vittima di mafia.7 febbraio 2019 - Antonio Mazzeo
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