Il carcere nelle parole del Papa in Parlamento
Nove parole più chiare di qualsiasi discorso, proclama, appello o altro ancora.
Nove parole per non dimenticare che la maggioranza dei detenuti è composta dal "popolo dei diseredati" che, dopo aver trovato miseria, povertà e privazioni, ha anche fatto esperienza di galera e di sovraffollamento in carcere.
Nove parole perché la scorciatoia del punire (gli altri, solo e sempre gli altri) venga sostituita da una cultura della legalità capace di creare le condizioni perché chi è meno tutelato non debba conoscere come unico sostegno sociale quello del carcere.
Nove parole che chiedono il coraggio del governare anche le pene e non solo dell’invocarle prima e del dimenticare poi i "puniti" nel corso della loro detenzione. Governare le "pene" significa fare in modo che lo Stato costruisca le premesse reali perché si possa evitare il carcere e diventi possibile non rientrare in carcere dopo un’eventuale prima condanna. Solo a queste condizioni si "governa" la pena; in caso contrario si è governati dalla "pena".
Nove parole perché la clemenza esprima il volto umano della giustizia e perché un reale progetto costruisca la speranza necessaria affinché alla "clemenza nella pena" segua una clemenza delle risposte sociali in grado di garantire casa, lavoro e relazioni significative a chi — uscendo dal carcere — chiede aiuto per non rientrarvi.
Nove parole per ricordarci che la severità sugli altri e il perdonare troppo se stessi crea diseguaglianze, ingiustizie e rabbia. Solo la severità su di sé e la bontà verso chi ha sbagliato permettono a ciascuno di riappropriarsi delle proprie responsabilità per costruire un reale cambiamento.
Nove parole che ci ricordano da un lato la grande fretta, nel corso dell’ultimo anno, nel costruire leggi in grado di tutelare pochi "forti" ed evitare loro percorsi giudiziari, dall’altro un mondo di detenuti inascoltati.
Nove parole che assumeranno sempre di più il valore della profezia per costruire quella leggera e responsabile libertà saldata alla giustizia che Giovanni Paolo II non si stanca di proporre. Anche ai politici.
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