Verso un cartello di organizzazioni contro il DDL del governo in materia di droghe
ROMA – Per la prima volta lunedì 17 novembre, nella sede nazionale del Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (C.N.C.A.), si è presentata alla stampa l’alleanza di 16 organizzazioni del pubblico, del privato e delle società scientifiche impegnate sui temi delle droghe.
Il gruppo di organismi – composto da C.N.C.A., Federazione Italiana Comunità Terapeutiche (FICT), FEDERSERD, Forum Droghe, Comunità Saman, Gruppo Abele, Comunità S. Benedetto al Porto (Ge), Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids (LILA), Coordinamento Nazionale Nuove Droghe (CNND), Itaca Italia, ERIT Italia, Società Italiana di Alcologia (SIA), Società Italiana Tossicodipendenze (SITD), ALEA, Associazione nazionale Comunità pubbliche e Associazione degli Operatori delle Tossicodipendenze delle Carceri, con il sostegno di CGIL e CISL – ha presentato le proprie proposte in materia di tossicodipendenze, con l’auspicio che fossero recepite nel maxi emendamento alla Finanziaria 2004.
La presentazione, però, da parte del governo, di un disegno di legge in materia di droghe che si pone all’insegna della repressione e della non volontà di dialogo con il mondo giovanile e la gran parte degli addetti ai lavori pubblici e privati, ha aperto però la discussione – tra le organizzazioni aderenti all’alleanza – se non sia opportuno costituire un cartello che riprenda lo spirito di "Educare, non punire", l’unione che contrastò la legge Jervolino-Vassalli. Un cartello che promuoverebbe un proprio documento e iniziative pubbliche di mobilitazione sia a livello nazionale sia sui territori.
Lucio Babolin, presidente del C.N.C.A., ha aperto i lavori chiarendo subito l’intenzione delle organizzazioni promotrici di rilanciare un grande cartello sulla non punibilità, che riprenda lo spirito del famoso "Educare, non punire". Il primo obiettivo dell’alleanza è quello di poter incidere sulla Finanziaria: "Se il governo pone la lotta alla droga tra le finalità prioritarie della sua azione – nota Babolin –, è poi incomprensibile che le dotazioni finanziarie stanziate a tal fine risultino di gran lunga inferiori a quanto necessario e addirittura più modeste di quelle stabilite negli anni passati. Qualora tale situazione persistesse, saremmo autorizzati a dire che le intenzioni espresse dal governo sono in realtà semplici bugie."
Quanto alla proposta di legge Fini, il presidente del C.N.C.A. esprime il proprio "totale dissenso", in forza di una cultura – fortemente condivisa dalla gran parte degli operatori – fondata sulla distinzione (completamente assente nel DDL Fini) tra uso, abuso e dipendenza, sul rapporto di sussidiarietà pubblico-privato, sulla distinzione droghe leggere/droghe pesanti. L’articolato – che, d’altra parte, sarà in buona misura inapplicabile – contiene poi degli aspetti assai curiosi come un atteggiamento assai più duro verso la marijuana che nei confronti della cocaina.
Inoltre, Babolin richiama un’altra patente contraddizione nel comportamento del governo. Da una parte, infatti, si fanno continui proclami in favore delle strutture residenziali, dall’altra, queste ultime non sono messe in condizione di operare a causa dei ritardi dello Stato e delle Regioni nei pagamenti (che possono arrivare anche a due, tre anni).
Riccardo De Facci, responsabile Tossicodipendenze del C.N.C.A., ricorda un altro aspetto chiave delle politiche sulle droghe: "Con la nuova Finanziaria non vi sono più risorse certe riconducibili al fondo della legge 45 – quello con cui si sono finanziati gli interventi nazionali innovativi in fatto di tossicodipendenze. Non è chiaro se tale fondo passerà sotto il controllo del neonato dipartimento presso la Presidenza del Consiglio e da dove arriveranno i soldi: dal fondo per le politiche sociali, che già – a sua volta – è stato pesantemente tagliato con la nuova manovra di bilancio?"
Senza contare che l’emergenza finanziaria nel settore è già responsabilità dell’attuale governo: "Il fondo della legge 45 è stato decurtato lo scorso anno di circa il 50% della sua dotazione, incamerato dal Ministero dell’Economia, bloccando così l’attuazione di progetti già approvati. Quest’anno, se tutto va bene, verranno finanziati tali progetti: insomma, il settore ha perso nel complesso un’annualità di finanziamenti. E, in ogni caso, va garantita la destinazione del 25% del Fondo a progetti nazionali e il 75% agli ambiti regionali."
Giuseppe Bortone, responsabile Tossicodipendenze della CGIL, nota invece la coerenza del governo nel fare la sua proposta in materia di droghe, "l’attacco a tutto il sistema di welfare e lo spostamento dal sociale al penale". Un aspetto che non va dimenticato è che anche i sert pubblici sono in grave difficoltà: "non hanno il problema delle rette non pagate – continua Bortone – ma il loro soffocamento è praticato, ad esempio, non reintegrando gli organici, per i pensionamenti o le gravidanze. Tutto ciò si traduce in meno sperimentazione, minore personalizzazione degli interventi, e quindi, in una lesione dei diritti degli utenti.".
Che ci si trovi in un momento di stato grave di tutto il sistema di risposta alle tossicodipendenze è quanto afferma Achille Saletti, presidente della Comunità Saman: "Il pubblico non riesce a star dietro a un fenomeno molto esteso quantitativamente e che evolve con grande velocità. Il privato, invece, è sull’orlo dell’abisso. Siamo arrivati al paradosso che il non profit finanzia le banche: per sopravvivere, infatti, siamo costretti a sottoscrivere fidi e anticipazioni su fatture. Il sistema sta facendo crac e il governo si limita a favorire poche comunità e a scrivere una legge inapplicabile: non ci sono i soldi già solo per fare quello che prevede attualmente la legge, figuriamoci per tutto quello che contiene il DDL Fini."
Franco Corleone, parlamentare Verde e componente del Forum Droghe, fa una domanda provocatoria: "A questo governo importa qualcosa dei tossicodipendenti? La legge dimostra che non gli interessa nulla di loro. Ciò che gli preme sono solo alcune comunità amiche che dovrebbero, oltretutto, diventare una diramazione del sistema carcerario. Ci troviamo di fronte a una legge peggiore della Jervolino-Vassalli: dove quella prevedeva pene da 2 a 6 anni il nuovo testo propone dai 6 ai 20 anni. È chiaro il disinteresse sia nei confronti dei tossicodipendenti, sia nei confronti dei giovani: solo così si spiega l’accanimento contro il consumo di marijuana." Corleone evidenzia anche una pericolosa svolta contenuta nella proposta governativa: "Basta che io sia in possesso di un solo milligrammo in più rispetto alla dose massima consentita nella legge per incorrere nell’accusa di spaccio. Non occorrono altri elementi: alla faccia del garantismo."
Maurizio Coletti, di Itaca Italia, sottolinea un altro aspetto sorprendente del modo in cui si è arrivati alla proposta governativa: "Il testo su cui ha lavorato il pugno di esperti scelto dal governo non è stato mai discusso pubblicamente, non è il frutto di un dibattito pubblico in cui siano state coinvolte le società scientifiche e le grandi organizzazioni che si occupano di droghe. Anzi, si è andato avanti quasi in un clima di segretezza."
"Il governo voleva mandare un segnale: la scienza è qualcosa che non va tenuta in considerazione", nota polemicamente Edo Polidori, del direttivo di FEDERSERD. "Non è stato consultato nemmeno il comitato di esperti selezionati dall’esecutivo. Ai giovani si dice: "Noi politici di droghe non ne capiamo niente." C’è infatti un aspetto sconcertante: non si afferma semplicemente che tutte le droghe sono pericolose – affermazione che almeno si potrebbe discutere –, ma che tutte le droghe sono egualmente pericolose; il ché è un’evidente idiozia. Questa legge non è di destra, è stupida. La scienza finisce a fare il paravento dell’ideologia.". Polidori insiste, poi, su altri lati discutibili della legge: "Ai comportamenti anche tranquillamente trasgressivi dei giovani si reagisce con la pena, la condanna. Non si attivano gli educatori e gli psicologi, ma i poliziotti e i giudici. Il consumo è assimilato alla dipendenza. La legge, poi, è costruita sulle sostanze illegali e non sulle dipendenze: e questo significa un fuoco diverso da quello sin qui seguito dalle politiche e dai servizi. Spinge il piccolo spacciatore a preferire la cocaina alla marijuana: si guadagna di più e si rischia meno. Infine, chi paga gli inserimenti in comunità che dovrebbero aumentare vertiginosamente con l’entrata in vigore di una tale disposizione? Già oggi le risorse sono scarse. Senza contare che ci sono comunità vecchie, pensate per il trattamento di soggetti con problemi di eroina e non adeguate ai nuovi fenomeni di consumo e dipendenza. Insomma, c’è un mondo politico che non sa leggere i tempi: semplicemente si limita a dire "Si fa come vogliamo noi"".
Fabio Scaltritti, della Comunità di S. Benedetto al Porto (Ge), sottolinea anch’egli quanto sia vecchia la legge nel modo di affrontare il fenomeno droghe: "E poi non hanno ascoltato nemmeno le Regioni di centrodestra. Già oggi Piemonte e Liguria non mandano giovani in comunità perché sono finiti i soldi delle rette. Le famiglie sono assai preoccupate: ora il problema non è più se il figlio usa o no la marijuana, ma che problemi può avere con la giustizia. A fronte della proposta del governo vanno riproposte con forza le politiche di riduzione del danno."
Claudio Cippitelli, del Coordinamento Nazionale Nuove Droghe, nota come si sia trasformato un fenomeno di trasgressione in un evento di devianza. "Sono stati persino eliminati il colloquio e l’ammonizione, previsti dalla normativa in vigore, tanto per marcare l’intento fondamentalmente repressivo."
Al termine della conferenza stampa Riccardo De Facci fa il punto della situazione: "Questa alleanza di organizzazioni impegnate nel campo delle droghe si darà altri appuntamenti per creare un percorso culturale di approfondimento delle questioni aperte dal provvedimento del governo. Un percorso che si porterà avanti anche sui territori: proprio quello che il governo non ha voluto e saputo fare. All’insegna di alcune fondamentali consapevolezze:
- l’accompagnamento invece della punizione: la proposta del governo afferma di voler aiutare, ma invece punisce;
- il consumo diffuso interroga la politica: siamo l’unico grande paese europeo senza una legge sui giovani;
- le stesse forze dell’ordine sono preoccupate: dovranno essere distolte risorse destinate al grande spaccio per colpire consumatori e piccoli detentori;
- no alle strutture nei carceri gestite da operatori sociali: non vogliamo fare i secondini, ma gli educatori;
- no alle norme come quella che impone a un insegnante che gestisce il CIC di una scuola media superiore di segnalare ai genitori l’eventuale uso di sostanze da parte dei figli;
- no al fatto che un giovane che si procura sei, sette spinelli per sé e gli amici, venga giudicato e condannato per spaccio;
- le prefetture già oggi sono in ritardo di circa due anni nel convocare le persone a cui è contestata la detenzione di sostanze stupefacenti, figuriamoci con la nuova legge;
- no alla competizione tra pubblico e privato, incentivata invece da questo provvedimento di legge;
andrebbe applicato l’Atto d’Intesa Stato/Regioni, rimasto lettera morta in quasi tutte le Regioni italiane."
Roma, 25 novembre 2003
Ulteriori informazioni:
Mariano Bottaccio – Responsabile Ufficio Stampa
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