Corsica-Marsiglia. Una French connection negli anni della crisi
Sotto il profilo dei traffici clandestini, una realtà del Mediterraneo che merita oggi considerazione, in relazione ai processi determinati dalla crisi, è quella còrsa-marsigliese. Al centro delle rotte che, tanto più negli ultimi anni, si snodano da Gibilterra e dal Nord Africa, la Corsica occupa una posizione strategica, per le triangolazioni che rende possibili fra il sud della Francia e il nord-ovest italiano, ormai da decenni emporio di narcotici e terreno di incontro di mafie, nazionali e non solo. Nell’attuale orizzonte del crimine, l’isola presenta una fisionomia propria, frutto di una storia, di tradizioni che affondano le radici nelle epopee del banditismo, reale e leggendario. Nel Novecento i còrsi hanno ricercato una strada propria per emergere, trovando una collocazione decisiva nella Provenza, tanto più nel secondo dopoguerra, quando, egemoni nel milieu di Marsiglia, riuscivano a dominare il commercio degli oppiacei, raffinati in laboratori provenzali per essere immessi nelle rotte atlantiche. Proprio in quei frangenti si imposero, per capacità organizzative e dispiego di mezzi, narcotrafficanti come Barthélémy e Antoine Guérini, Paul Mondoloni, Dominique e Jean Venturi, Xavier e Jean Francisci, Auguste Joseph Ricord. Era ancora in auge la French Connection, che, risalente agli anni di Paul Carbone e François Spirito, integrava in quei frangenti boss assai quotati come il brasiliano Auguste Ricord e il siciliano Salvatore Greco, oltre che i boss più potenti della mafia italo-americana, interessati all’eroina.
Nel decennio cinquanta i Guérini egemonizzavano il traffico internazionale dell’eroina e avocavano a sé il contrabbando dei tabacchi, di concerto con Lucky Luciano e altri esponenti della mafia italo-americana. Intorno al 1960, gli equilibri tuttavia si ruppero. La geopolitica della sponda sud del Mediterraneo era mutata vorticosamente. La Francia, che nel 1946 aveva dovuto ritirarsi dalla Siria e dal Libano, nel 1956 aveva dovuto riconoscere l’indipendenza della Tunisia e del Marocco. Nel 1959, dopo una guerra sanguinosa, aveva dovuto rimuovere la propria autorità coloniale dall’Algeria. I traffici che legavano i boss francesi al Nord Africa andarono quindi riducendosi, e tanto più si sarebbero ridotti nel 1966 dopo la chiusura del Canale di Suez, dopo la guerra israeliana dei sei giorni, mentre si facevano più intensi quelli atlantici. Ne beneficiarono allora, per facoltà organizzative prima che per ragioni logistiche, i clan italo-americani e siciliani, che finirono con lo strappare ai boss còrsi di Marsiglia la leadership di alcuni business clandestini. I Guérini non rimasero inerti. Ancora egemoni nel milieu marsigliese, valorizzarono gli affari territoriali, legati al gioco d’azzardo e alle slot machines, senza rinunciare comunque al narcotraffico, lungo le rotte atlantiche e del Mediterraneo. Mantenevano del resto attivi i laboratori per la raffinazione dell’eroina, mentre lasciavano al milieu di Nizza il controllo dei casinò della Costa Azzurra, e a quello di Grenoble la gestione delle rapine. Per l’organizzazione provenzale, sempre meno in grado di reggersi in modo centralistico, cominciava tuttavia una nuova fase, segnata da conflitti irriducibili.
Prima che si chiudesse il decennio, i Guérini uscivano di scena. Nel giugno 1967 veniva ucciso Antoine. Nei mesi successivi veniva arrestato Barthélémy, con François e Pascal, componenti della famiglia di seconda generazione. Nel dicembre 1968 veniva assassinato infine, in una stanza d’ospedale, René Mondoloni, figlio naturale di Barthélemy. La situazione della leadership rimaneva aperta e confusa. Nella prima metà del decennio settanta emergevano comunque nuovi profili di boss, non più còrsi, mentre la crisi del petrolio, indotta dalla guerra israeliana del 1973, detta del Kippur, interrompeva la golden age che durava, nei paesi più industrializzati, dagli ultimi anni cinquanta: quella che in Italia aveva fatto il “miracolo economico”. Ancora una volta i marsigliesi, con l’argomento della forza, del compromesso e del cash, si trovavano a gestire un terreno fertile, a dispetto dei danni che, sul piano degli scambi commerciali, ne stava avendo il porto provenzale. Posto in discussione il vecchio paradigma, prevaleva comunque, più di quanto fosse avvenuto in passato, la vocazione guerriera, di cui si fece interprete Gaëtan Zampa, di origine napoletana. Un po’ come il corleonese Salvatore Riina, tale boss dimostrò una vocazione inesausta alla forza, che adottò con il minimo di regole. Accusato dagli anziani del milieu di non rispettare il “codice d’onore”, ebbe comunque una reggenza travagliata. Negli anni 1972-73, ancora sullo sfondo del narcotraffico, venne attaccato dalla gang del belga Francis Vanverberghe. Nel 1977 dovette affrontare lo scontro con Jacky Imbert, noto come Le Mat, suo ex affiliato. Per alcuni anni ancora, con difficoltà sempre maggiori, riuscì a resistere. Nel 1983 finì però in carcere, dove l’anno successivo si tolse la vita.
Il seguito propone differenze e ritorni significativi. Dal 1985 lo scettro è passato a Vanverberghe, che lo ha tenuto fino alla sua morte, avvenuta a Parigi nel 2000, dopo conflitti sanguinosi con la banda di Raymond Mihière, detto “il cinese”, e Souhel Hanna-Elias, "il libanese". Dopo l’uccisione, negli anni ottanta, degli ultimi due capi, Marcel Francisci e Paul Mondoloni, la connessione fra la Corsica e la Provenza sembrava definitivamente chiusa, ma nei primi anni zero le cose sono cambiate. Da quanto emerge da rapporti di polizia, boss di Bastia, nell’alta Corsica, che dai primi anni ottanta del Novecento formano la mafia più combattiva dell’isola, la Brise de mer, si sono accordati con altri còrsi di Marsiglia, per riprendere il controllo degli affari, territoriali e non solo. Al centro di tale gruppo sono la famiglia Castelli-Santucci-Mattei, i fratelli Voellemier, i fratelli Guazzelli, i fratelli Pattacchini. La situazione rimane comunque convulsa. “Le Figaro”, con riferimento all’area marsigliese ha scritto nell’ottobre 2007 di un ambiente balcanizzato, diviso fra bande etniche, con gli zingari che controllano la laguna di Berre e i nordafricani che presidiano Salon-de-Provence. Ma si ha motivo di ritenere che il narcotraffico, in vorticosa ascesa dopo lo scoppio della crisi, rimanga infeudato largamente ai còrsi: probabilmente i soli in grado di pensare in grande, di poter ripristinare quindi, laddove le circostanze lo rendano possibile, e l’attuale recessione potrebbe costituirne lo sfondo, i fasti intercontinentali della French connection. Alcuni fatti danno conto del resto di una situazione attiva. I boss della Brise de mar hanno intrecciato relazioni con esponenti della mafia russa, con cui gestiscono casinò; hanno sviluppato interessi nella costa tirrenica italiana e in Nord Africa; risultano posizionati altresì in un paradiso fiscale come la Repubblica Dominicana, dove hanno acquisito per 12 milioni di dollari l’hôtel-casino "Dominican fiesta".
In definitiva, quella realtà composita che gli americani, un po’ mitizzandola, già negli anni sessanta denominavano Union corse, ritenendola peraltro più insidiosa della mafia siciliana, va ritornando in auge, per diverse ragioni, incluse quelle politiche, legate al locale indipendentismo. Un capo della Brise de mar, Francis Mariani, è risultato in stretto contatto con Charles Pieri, dirigente del gruppo nazionalista FLNC, Fronte di Liberazione Naziunale Corsu. Affiliati della medesima sono risultati coinvolti altresì nell’assassinio di diversi esponenti dell’Armata Corsa, fra cui lo stesso fondatore della formazione dissidente, François Santoni, e Dominique Marcelli, noto peraltro per i suoi legami con boss locali legati al narcotraffico: uccisi entrambi nell’agosto 2001. Come tende a organizzarsi il milieu còrso negli anni della crisi globale? Le discontinuità sono evidenti, testimoniate dalle sinergie con la politica indipendentista, e non solo. C’è tuttavia una tradizione, che potrebbe entrare in gioco.
Enigmatica rimane al riguardo la posizione dell’anziano boss Laurent Fiocconi, la cui vita viene evocata in tutta la Francia come una leggenda. In contatto con il boss belga Vanderberghe, divenne un narcotrafficante fra i più quotati negli ultimi scorci della French connection. In tali contesti entrò in contatto con André Labay, uomo d’affari, riciclatore dei capitali del narcotraffico, legato alle mafie, a partire da quella italo-americana. Sorpreso nell’Atlantico con un carico di eroina, in uno dei numerosi viaggi del battello “Caprices des Temps”, nel 1972 venne condannato negli Stati Uniti a diversi decenni di carcere, insieme con Jean-Claude Kella, detto “Le diable”, di Tolone: altra figura leggendaria del milieu còrso-provenzale. Evaso comunque in quello stesso anno dal penitenziario di Atlanta, si rifugiò in Colombia, dove, ricevuta la cittadinanza, s’inserì nel traffico di cocaina, alle dipendenze di Hector Roldan, collaboratore di Pablo Escobar. Per seguire le fasi di lavorazione si stabilì in prossimità della jungla, dove gli indios che coltivavano la coca lo chiamarono «El Mago», per le quantità straordinarie di cocaina che riusciva ad estrarre. Intorno al 2000 si è ritirato in Corsica, dicendosi fuori da ogni traffico. Nel 2003 è stato tuttavia arrestato per associazione criminale, in relazione a una vicenda di cocaina. Dopo aver scontato due anni di carcere, è rientrato infine nell’isola, conteso dalla stampa e dalle tv francesi, per il suo passato. Si tratta di comprendere allora fino a che punto si tratti veramente del riposo di un boss che ha fatto ormai il suo tempo.
Numerosi fatti testimoniano che in Corsica la posta in gioco va sempre più elevandosi. E con questa, le tensioni, che rompono la pax relativa seguita ai conflitti politico-mafiosi che culminano nel 2001. La Brise de mar ha subìto attacchi non indifferenti, con un discreto numero di vittime. Nel 2008 sono stati uccisi due affiliati di medio calibro, Richard Casanova e Daniel Vittini. Nel 2009 sono caduti i boss Francis Mariani, Pierre-Marie Santucci, Francis Guazzelli. Nel febbraio 2010 è stato ucciso Benoît Grisoni, altro esponente del clan. Vanno acutizzandosi probabilmente i dissapori che dividono i facoltosi boss del nord e il milieu del sud còrso, che, con le sue basi a Porto Vecchio e Ajaccio, reca una storia più discreta, legata alle vicende di Jean Baptiste Colonna, morto nel 2006 e di Robert Feliciaggi, ucciso lo stesso anno. Si delinea in ogni caso un orizzonte di sfide vario e complesso, di attacchi e contrattacchi. Nell’aprile 2009 sono stati uccisi ad Ajaccio, da un commando dotato di armi da guerra, Nicolas Salini e Jean-Noël Dettori, malavitosi di scarso rilievo. A giugno è stato assassinato ad Alata Damien Gheraldi, noto alla polizia per affari di stupefacenti. Nel novembre è caduto Jacques Butafoghi, prossimo a Ange-Toussaint Federicci, boss del narcotraffico in carcere perché implicato in un regolamento di conti avvenuto a Marsiglia nel 2006. Non sono tuttavia i soli, giacché gli omicidi in Corsica nel 2009 sono stati almeno 25: un numero del tutto eccezionale se posto in rapporto ai 275 mila abitanti dell’isola, ma tanto più se posto in relazione con i dieci uccisi nel 2008 e le poche unità dei tre anni precedenti.
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