Cinque Cubani in carcere negli USA
Dopo quasi quarant’anni di attacchi a Cuba (incendi dolosi, sabotaggi, omicidi e utilizzo di armi biologiche) perpetrati da gruppi terroristici anti-cubani del sud della Florida nella sostanziale connivenza del Governo degli Stati Uniti che ha sempre rifiutato di adottare misure per evitare tali attacchi, Cuba ha inviato un gruppo di uomini disarmati negli Stati Uniti affinché monitorassero le attività dei gruppi mercenari responsabili di tali azioni e quelle delle organizzazioni che li sostengono, in modo da informare Cuba prima che i loro piani di aggressione fossero messi in pratica.
Nel settembre 1998 cinque di questi uomini - poi noti come i "Cinque" - sono stati arrestati nel sud della Florida da agenti dell’FBI e tenuti in celle di isolamento per 17 mesi prima che il loro caso venisse portato davanti al Tribunale di Miami con una serie di accuse pesantissime, tra le quali l’associazione per delinquere e lo spionaggio, oltre ad alcune imputazioni minori legate alla mancata autenticazione degli stessi come agenti di uno Stato straniero negli Stati Uniti.
Sette mesi dopo l’inizio del processo è stata poi aggiunta un’accusa a carico di uno dei Cinque, Gerardo Hernández, che sarebbe stato complice del Governo cubano nell’abbattimento di un aereo di un’organizzazione anticastrista che aveva violato lo spazio aereo cubano e non aveva rispettato l’ordine di abbandonarlo, causando la morte dei quattro occupanti, secondo una prassi del resto perfettamente conforme al diritto internazionale.
Lo svolgimento del processo a Miami – e dunque in una sede e con una giuria popolare notoriamente e del tutto e di principio ostile a Cuba e agli imputati - fortemente contestato fin dall’inizio dalla difesa dei Cinque, ha impedito fin dal principio la realizzazione di un processo giusto.
Dopo un processo di durata eccezionalmente lunga, oltre 119 volumi di testimonianze e 20.000 pagine di documenti, compresa la testimonianza di tre generali dell’esercito in pensione, di un ammiraglio anche lui in pensione e dell’ex-consigliere del Presidente Clinton per gli affari cubani e di alti ufficiali che hanno semmai provato l’innocenza e non la colpevolezza dei Cinque; dopo un estremo tentativo del Governo statunitense, che non riusciva a provare la più grave delle accuse, di promuovere l’intervento dell’autorità giudiziaria superiore; e dopo pressioni intensissime da parte dei mezzi di informazione locali - le cui telecamere inseguivano i giurati fino alle loro autovetture affinché potesse essere ripreso il numero delle targhe – e da parte degli anti-castristi che non cessavano di manifestare davanti al tribunale, la giuria ha riconosciuto i Cinque colpevoli per tutte le accuse loro rivolte nonostante la mancanza assoluta di prove delle loro colpevolezza e i Giudici hanno inflitto pene la cui gravità non ha precedenti nella storia della giustizia nordamericana: cinque ergastoli in totale a tre dei Cinque e decine di anni di reclusione.
Dopo la condanna i Cinque, che sono stati detenuti dall’inizio del processo e lo sono tuttora, sono stati rinchiusi in cinque diverse carceri di massima sicurezza, molto lontane una dall’altra e senza poter comunicare tra di loro.
Nel processo d’appello, che ha richiesto ulteriori 27 mesi, il 9 agosto 2005 la Corte di Appello di Atlanta ha annullato il processo di primo grado ritenendo il processo avvenuto nella violazione dei diritti dei Cinque, ma il Governo, con una decisione insolita, ha insistito per la revisione di tale sentenza in adunanza plenaria della Corte in un procedimento chiamato "en banc". Esattamente un anno dopo, il 9 agosto 2006, con il dissenso esplicito di due dei dodici giudici della Corte, la Corte ha revocato a maggioranza la decisione precedente sulla legittimità della Corte di Miami a pronunziarsi sul caso dei Cinque e ha rinviato il caso alla corte formata dai tre giudici affinché esaminassero gli altri capi dell’appello.
Nel frattempo, il 27 maggio 2005, il Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulle Detenzioni Arbitrarie, dopo aver studiato gli argomenti presentati sia dalle famiglie dei Cinque che dal Governo degli Stati Uniti, ha determinato che la privazione della loro libertà, che durava allora ormai da sette anni, era arbitraria e ha esortato il Governo degli Stati Uniti a prendere le misure necessarie per correggere tale arbitrarietà che rappresentava una violazione dell’art. 14 della Convenzione Internazionale sulle Libertà Civili e Politiche, di cui gli Stati Uniti sono firmatari.
Dalla sua creazione, questa é stata l’unica occasione in cui il Gruppo di Lavoro sulle Detenzioni Arbitrarie ha denunciato come arbitraria la privazione della libertà in un caso giudicato negli Stati Uniti, per le violazioni commesse durante lo svolgimento del processo.
Gli Stati Uniti hanno ignorato del tutto l’invito e il processo di appello è proseguito davanti all’11° Circuito della Corte di Appello di Atlanta. Nell’udienza pubblica del 20 agosto 2007, esattamente come nelle due precedenti celebrate nel marzo 2004 e nel febbraio 2006, il Governo degli Stati Uniti è stato incapace di confutare gli argomenti della Difesa e di provare le sue accuse ma, ciononostante, il 4 giugno 2008 la Corte d’Appello di Atlanta ha confermato la sentenza limitandosi ad invitare la Corte di primo grado a rivalutare alcune delle pene inflitte.
La colpevolezza di tutti i Cinque è stata pertanto riaffermata nonostante il circostanziato dissenso di uno dei giudici, la signora Phyllis Kravitch che in oltre 14 pagine di motivazione ha sottolineato come il Governo non abbia fornito prova delle imputazioni, della segretezza e del pregiudizio agli interessi nordamericani delle notizie che erano in possesso dei Cinque, nonché alcuna prova a carico di Gerardo Hernández a supporto dell’accusa di concorso nell’abbattimento dell’aereo.
Il 30 gennaio 2009 il pool di difesa dei Cinque ha presentato l’istanza di "certiorari" alla Corte Suprema degli Stati Uniti, in cui ha chiesto a detta Corte di esaminare il caso.
Gli avvocati della difesa hanno argomentato la loro istanza sulla base della lesione dei diritti degli imputati ad avere un giusto processo e di essere giudicati sulla base di prove certe.
Questa istanza é stata accompagnata da ben 12 interventi a favore della revisione del processo da parte di "amici della Corte" (amicus curiae brief), firmati da 10 Premi Nobel, dalla ex-Commissaria per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, dal plenum del Senato del Messico oltre a centinaia di parlamentari di 9 paesi e da organizzazioni legali e dei Diritti Umani di tutto il mondo: il maggior numero di interventi a favore che sia mai stato presentato alla Corte Suprema degli Stati Uniti per la revisione di un processo penale.
Ciononostante il 5 giugno 2009 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha annunciato, senza motivazioni, la sua decisione di non riesaminare il caso dei Cinque cubani.
Le azioni di solidarietà e le iniziative sul piano giudiziario devono però continuare e intensificarsi per riportare in patria i Cinque che hanno già scontato, innocenti anche secondo i principi fondamentali della giustizia nordamericana che non può condannare senza prove, undici anni ininterrotti di detenzione in condizioni disumane e degradanti inammissibili per la giustizia di qualsiasi Paese.
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