Il presidio di donne per la difesa della terra e della salute

4 maggio 2011
Maria Rosaria Mariniello, Nadia Nappo

Logo donne in nero Noi, Donne in nero contro le guerre di Napoli, da anni siamo impegnate in una pratica politica di risoluzione pacifica dei conflitti. Quando abbiamo assistito al degrado della nostra terra attraverso la gestione dei rifiuti, pertanto le nostre città, periferie e campagne invase da cumuli di immondizia, e l'aria diventata irrespirabile, abbiamo capito che anche questa invasione da rifiuti è una guerra, la nostra guerra quotidiana fatta contro la terra che ci alimenta , il popolo e gli animali che qui vivono.

Abbiamo, così, voluto lavorare a porre delle premesse per una soluzione concreta del problema con gruppi di cittadine/i, comitati civici e associazioni.

Si è iniziato dall'allarme dei rifiuti tossici, alla lotta per la bonifica della terra, alla non risoluzione dei problemi con inceneritori e simili, ma con l'idea di una vera differenziata e con la trasparenza di tutta la filiera del riciclaggio. Abbiamo incontrato tante donne, e in special modo donne, che si impegnavano e lottavano per la salute di abitanti, animali e terra. Il primo incontro è stato con le Donne di Acerra, autogestivano la differenziata e partecipava tutto il paese, poi ancora donne a Gianturco, Pianura, Chiaiano, Terzigno, Boscoreale, Scampia. Proprio durante delle assemblee a Terzigno abbiamo avvertito la necessità di fare dei presidi a partire dal nostro essere donne, quindi dal nostro sentire, desiderare e partecipare alla vita pubblica, che ponessero attenzione alla salute, agli interessi economici, alle politiche agricole, alla relazione tra gli esseri umani e alla terra che si abita. Già ci siamo incontrate, donne insistenti sulla salvaguardia di terra e salute, il 14 aprile davanti alla Provicia e desideriamo continuare questo percorso politico con le altre che simbolicamente vogliono anche riferirsi, a partire dalle Madri di Plaza de Majo, a tutte quelle donne che utilizzano lo strumento del presidio per testimoniare con il corpo il proprio desiderio di Giustizia e  di dissenso alle politiche dei Governi, per un altra economia ed amore alla vita di ogni singolo essere umano

Questo è il comunicato per indire il primo presidio:

 

 LE DONNE INSISTONO SULLA  DIFESA DELLA SALUTE E DELLA TERRA

NEI LUOGHI MARTORIATI  DALL’INQUINAMENTO DELLE DISCARICHE

 

La proposta di costruire un presidio mensile  con lo scopo di rendere visibile un pensiero politico al femminile sul degrado della terra inflitta dagli interessi economici leciti e illeciti, come lo sversamento in discariche dei rifiuti, ci vede molto partecipi, come già discusso con altre donne dei movimenti in due riunioni precedenti.

Siamo tutte vicine noi donne che in questi anni, in situazioni anche difficilissime, sia sul piano sociale che politico, insistiamo sulla protezione dei corpi e dei luoghi con  una presenza significativa ad  Acerra, Pianura, Giugliano, Chiaiano, Serre, Terzigno, Boscoreale, Boscotrecase, Napoli.

Tutte queste nostre storie di vita, si rafforzano le une con le altre per il contenuto autentico di vita che recano in sé. Pensiamo  quindi che il presidio possa esprimere la relazione tra politica e vita, e far emergere i danni che producono la contaminazione dell’acqua, della terra, dell’aria e del cibo.

Tutto questo si riversa sulla salute e sull’ambiente, motivo per cui chiediamo:

l’istituzione di un registro tumori regionale, con criteri scientifici, tecnici e di trasparenza; la mappatura dei siti legali ed illegali su cui sono state aperte discariche per far conoscere a  tutti/e, non solo lo sconvolgimento del territorio, ma anche quanti e quali danni hanno prodotto   all’ambiente e alla salute delle popolazioni tutte le sostanze versate nelle discariche o racchiuse nelle “eco balle”, cioè poter determinare l’impatto ambientale e sulle salute della popolazione che tali sostanze provocano sia singolarmente che in combinazione tra loro; le procedure di come si intende bonificare i territori inquinati.

Diventa determinante  il “fare” delle donne   che pensano ad una vita collettiva con un'altra modalità di approccio ai consumi, con il coinvolgimento di tutte e tutti nel ciclo di “produzione” prima che dello smaltimento dei rifiuti, anzi nel loro reinvestimento.

Questa è l’unica risposta responsabile ed ecologica per il bene comune.

 

IL PRIMO PRESIDIO  GIOVEDI’ 14  APRILE DALLE 16 ALLE 18 IN PIAZZA MATTEOTTI

ASSOCIAZIONE MAMME VULCANICHE BOSCOREALE

MAMME IN LOTTA DI TERZIGNO

DONNE IN NERO NAPOLI

COMITATO DONNE 29 AGOSTO ACERRA

DONNE DEL CO.RE.ri.

Il prossimo presidio 12 maggio 2011, Regione Campania, Santa Lucia, ore 17

Donne in nero di Napoli

Oltre al testimoniare con questo scritto la nostra partecipazione ai presidi delle donne insistenti vorremmo anche informare che, come donne in nero di Napoli, saremo presenti all'incontro delle donne dell'Aquila, Terre Mutate, il 7 e 8 maggio, perché crediamo che le nostre terre sono militarizzate, abbandonate, sfruttate, decomposte  ed avendo un vero amore per la nostra terra continueremo ad avere relazioni con donne e uomini che con il loro libero pensiero cercano e trovano altre soluzioni ai problemi e ai conflitti del nostro mondo.

Saremo presenti all'incontro con questo nostro documento del 23 marzo 2011

 

I rifiuti ci propongono una visione altra degli accadimenti

 

Gli oltre 14 anni di gestione dei rifiuti in regime emergenziale in Campania non hanno risolto nulla, anzi la situazione si è aggravata,  l’“emergenza” è stata  chiusa solo sul piano burocratico. In molte/i non vogliamo vivere, senza sapere né capire, in quello che è divenuto il contenitore dell’immondizia di mezza Europa, disponibile anche per i rifiuti tossici smaltiti a buon mercato dalla camorra, ed assistere all’immiserimento ed inquinamento della terra; per questo si tenta di diventare dei veri conoscitori dell’intero ciclo rifiuti.

Oggi sono tante le donne e gli uomini in Campania che si relazionano tra loro e vogliono prendersi cura della loro salute e di quella dell’ambiente. Sanno valutare in prima persona quale è il loro bene. Tante/i qui a Napoli credono che rendersi responsabili dei propri consumi e dei propri comportamenti offra un rinnovo virtuoso dei beni della terra e una differente relazione tra esseri  umani. Appare chiaro che un’altra economia è possibile. Diventa determinante un fare  di donne e uomini che pensano ad una vita collettiva, sostenendo un'altra modalità di approccio ai consumi e credendo nel coinvolgimento di ogni singola persona nel ciclo di produzione dei rifiuti (che, se reinvestiti, possono diventare un bene comune).

Sempre più avanza un sistema politico che impone di separare chi e cosa ha valore da chi e cosa non ne ha. Ciò che è accaduto qui sul nostro territorio alla vita di tante/i di noi, ci fa apparire il rifiuto come lo spreco, rendendo trasparente l’assurdo nel quale stiamo vivendo. Terre colte, belle, amate diventano discariche immonde con tutti i nostri resti indifferenziati, piene di lecito e illecito, fonte di devianza ambientale. Si  giunge a decretare il segreto di Stato, il territorio è militarizzato ed ognuna/o è fuori, diventa un resto non partecipe.

Oggi si  può parlare di militarizzazioni sotto diversi aspetti: militarizzazione  come esercito e armamenti: presenza di basi USA e NATO in Italia, ve ne sono 133, includendo i depositi di munizioni, le installazioni per le telecomunicazioni, le basi temporanee;  disponibilità di testate atomiche: ve ne sono 90; spese militari complessive, che nel 2010 ammontano a oltre 23 miliardi di euro; militarizzazione delle città: presenza di militari nelle città con funzioni di ordine pubblico, i militari presidiano le strade, scortano i camion dei rifiuti, controllano gli immigrati; militarizzazione delle menti: la  parola “sicurezza” viene ripetuta ossessivamente nei giornali, radio, televisioni, nei discorsi ufficiali.  Lentamente il  complesso militare si appropria del territorio e delle menti anche quando non  vi è guerra guerreggiata; gli uomini e ancor più le donne, dovrebbero guardarsi dagli altri, gli immigrati, i musulmani, i rom e sentire solo un incontrollato sentimento di paura, gestibile  col tenere lontano il diverso da sè.

La presenza militare contamina l’ambiente nei luoghi di guerra, ma anche nelle basi militari, nei  poligoni di tiro, nel cielo e nel mare. Potrebbe sembrare un salto logico: dal militare ai rifiuti, ma se si osserva che  le sterminate discariche in tanti paesi  del  mondo, e da noi in Italia, in particolare in Campania, in Sicilia, nel Lazio, e  fino a poco tempo fa in Toscana, sono sorvegliate da militari, interdette ai cittadini come zone militari, coperte da segreto militare,  si riesce a ravvisare anche qui una continuità di interessi economici.

C’è una visione della terra come luogo appartenente principalmente a chi ha il potere: la finanza, le banche, le grandi compagnie. Non si considera la terra come un organismo vivo, che ha bisogno di continua rigenerazione. Le conseguenze per la salute degli esseri umani sono state e saranno disastrose, come tante indagini e documentazioni dimostrano. La mancata bonifica dei terreni ha significato la devastazione dei luoghi e delle popolazioni, mortificate ed ammalate.

Da alcuni anni in Campania gruppi e associazioni si sono assunti il compito di studiare la questione dei rifiuti in relazione al nostro territorio: le università, le Assise di Palazzo Marigliano e del  Mezzogiorno d’Italia, il Coordinamento Regionale Rifiuti, la Rete Rifiuti Zero, i comitati locali hanno aperto un dibattito, che coinvolge anche simili esperienze all’estero, a volte con un buon coinvolgimento di alcuni giornalisti. Gruppi di cittadine/i si sono inventati una vita collettiva,  presidiano i terreni destinati a discariche, fanno assemblee e incontri per raccontarsi esperienze e conoscenze sui gravi rischi che stanno vivendo, organizzano manifestazioni che rendono evidente il loro bisogno di partecipare alle decisioni  sui luoghi e  sull’ambiente nel quale vivono. Il desiderio di significanza di queste persone, proprio a partire da una situazione di rigetto sociale, ha potuto assumere una posizione originale ed autonoma. Quello che è considerato simile ad un rifiuto (periferie, campagne abbandonate, degrado urbano, terre intossicate e militarizzate, abitanti di campagne e periferie urbane, emarginati/e, immigrati/e, animali ammalati) guardato come resto, un di più che viene eliminato, può aprire ad una differente significanza: si pensa alla vita a partire dal quel qualcosa e qualcuno/a che viene rigettato.

È da tempo che il pensiero femminile si interroga sulla bellezza, la sessualità, il desiderio, sull’essere escluse nel mondo, e quindi possiamo ben dire sull’immondo, i rifiuti, i resti. Proprio a partire da questa esperienza politica, una politica fatta di relazioni, che si rapporta ai corpi viventi, si può disegnare uno spazio che tenga presente il quotidiano, il domestico, così da non costruire luoghi di parti, di chi ha merito e di chi è senza merito. Si può oggi tra donne, per il mondo, valorizzare l’amore che abbiamo per l’ambiente e per la salute, dove i rifiuti non sono scarto ma valore aggiunto, e questa è una possibilità per  tutti/e: pensare ad una politica che non si regoli sulla legge del più forte, tradotta nell’economia dominata dalle multinazionali.

Il disastro ambientale  che oggi viviamo è sotto gli occhi di tutti/e, aggravato dagli ultimi incidenti nucleari, e pertanto urge una politica che ridisegni le relazioni tra gli esseri umani  e la natura.

Mentre tutto cade è necessario offrire la possibilità di  saper ospitare tra noi anche ciò che appare immondo, a partire dall’esperienza del quotidiano e della vita domestica Questo pensarsi a partire da un’altra visione del mondo trova una sua espressione proprio facendo riferimento alla teoria-pratica della differenza sessuale, un libero pensiero che si origina dal desiderio di ogni donna di darsi parola oltre l'insignificanza nella quale è stata obbligata. Da questa esperienza si può sperimentare come la moltitudine può divenire singolarità molteplice e così rivoluzionaria. 

Non si può credere che qualcuno (forte e potente) ci salvi, è necessario per ognuno/a sapere dov’è il proprio bene. Forse bisogna cercarlo anche tra i rifiuti, in quell’immondo dove sono stati gettati resti di ogni tipo, tra tutta quella materia sciupata, consumata.

 

A partire dalla nostra esperienze di donne del sud e cittadine di Napoli e provincia crediamo che dire: Fuori la guerra dalla storia significhi allontanarsi dal potere dell'orrore e fare, attraverso  la parola dell'altra e l'incontro, un “pensiero di pace”.

Proprio l’incontro con l’altra può donarci il senso di un pensiero e di un fare che danno realtà al “pensiero di pace”, che si rivolge all’esperienza della politica della differenza .
La politica messa al mondo da donne è una politica di relazione, confronto con l’altra/o, con il vicino, la vicina, spesso condannati come nemici dal proprio Stato. A poter mettere ordine ed elargire diritti non sono eserciti, ma scambi, aperture, differenze, comunanze.
Fra le donne molte non si inscrivono nell’opposizione tra legge del più forte e utopia di un mondo pacificato, ma cercano un altro passaggio; si  oppongono alla guerra massificata soffermando lo  sguardo sulla morte di coloro che muoiono “ad uno ad uno” e riflettendo sull’unicità di ogni singola esistenza. La singolarità umana può essere uno stare in relazione nel mondo ed è  questo che “dà una rivoluzione al senso dell’esistenza”.

Le donne in nero si sentono vicine a questa modalità di pensiero ed hanno, così, tessuto reti di solidarietà anche per sostenere i desideri di donne che vivono nei luoghi difficili, entrando in relazione con loro, creando ponti di sorellanza attiva, d'ascolto dell’altra e di scambio culturale.

Il disarmo non solo vuol dire non incentivare politiche di guerre e violenza, ma anche una diversa visione delle risorse.

Le donne Terre-Mutate

Inoltre si ritiene che  per reagire allo squilibrio politico economico che  si sta producendo anche  a causa della  distruzione ambientale  è necessario avere  una politica dei beni comuni  fuori da una logica di dominio.  Ogni singolo può pensare, creando o partecipando a movimenti, in relazione fra loro e con ciò che accade. Proprio negli Stati Uniti il movimento delle donne iniziò a ragionare sulla distruzione dell’ambiente da parte della politica dominante: non c’era trasformazione ma inquinamento.

Il fatto che oltre gli stati e i mercati esistono comunità di esseri umani, in carne ed ossa, è qualcosa che nella logica della privatizzazione è omesso, e così si ha  una economia che investe la vita stessa.. Si deve avere una politica di riutilizzo della materia e considerare che l’acqua è un bene di tutte/i, comune a tutta l’umanità. Nel generarsi e rigenerarsi dell’acqua c’è una grande abbondanza di forme di vita. L’acqua è la vita stessa di ogni essere umano e non ci si può privare del bene che crea la vita stessa, riducendolo a merce. Il “tesoro acqua” è in relazione al destino dei popoli. L’impegno che l’acqua sia un bene pubblico é una buonissima idea, proprio per far restare la vita umana una possibile vita in questo mondo, un valore aggiunto, un resto, un di più che non si massifichi negli scarti.

Non si alimentino politiche scellerate e suicide ma si rivolga lo sguardo a quelle eccellenze di cura, attenzione, di non spreco, che sono tante.

 

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