In memoria di Antonella
Nel crollo hanno perso la vita quattro giovani operaie e la figlia 14enne dei proprietari dell'opificio Tra di esse Antonella Zara, per la quale abbiamo ricevuto una lettera di Maria Luisa Larosa, persona a lei vicina, che desideriamo rendere pubblica.
Ho avuto l’opportunità di conoscere Antonella Zaza alcuni anni fa, e di percorrere accanto a Lei un pezzo di vita.
Antonella era una donna buona, semplice e intelligente. Una che sapeva che l’autonomia passa attraverso il lavoro anche se faticoso, umile e sottopagato. Era brava, capace, instancabile nel suo lavoro, un lavoro alienante e ripetitivo, svolto in locali inadeguati e insicuri, ma nonostante “l’alienazione del quotidiano” Antonella non aveva perso la dolcezza del suo sorriso, la curiosità verso il mondo, la sensibilità con cui guardava alle figlie, le sue amatissime figlie.
Antonella era una persona che sebbene di modesta scolarizzazione aveva una sensibilità che le consentiva di guardare all’esistenza sua e di quelli che le stavano attorno con elevata capacità di analisi e di introspezione. Era una persona capace di mettere in discussione se stessa prima di mettere in discussione gli altri, perché al di là di ogni altra cosa voleva essere una buona madre capace di rispondere ai bisogni delle sue figlie, ai bisogni emotivi ancor prima che a quelli materiali.
Antonella era capace di guardare all’animo umano e alla vita con amore e speranza, dedizione e abnegazione, passione e verità.
Antonella era una di quelli che chiedono aiuto senza sapere che nel chiedere aiuto danno la possibilità a chi l’aiuto pensa di darlo, di scoprire mondi che coniugano semplicità e profondità, sincerità e delicatezza, generosità e povertà.
Antonella a differenza delle sue colleghe è stata sottoposta ad autopsia per riuscire ad accertare le cause della morte, sono certa che Antonella non sia deceduta nell’immediatezza del crollo, Antonella ha lottato, così come ha lottato per tutta la sua esistenza per se stessa e per le sue due figlie, per garantire a se stessa e a loro il diritto ad un’esistenza dignitosa senza compromessi e infingimenti, con quella stessa forza Antonella ha lottato sino all’ultimo per uscire viva da quel cumulo di macerie e tornare alle sue Figlie.
Ma questa volta la lotta di Antonella è stata vana , e questo lascia sgomenti perché questa volta questa morte non è figlia, come da più parti si va ripetendo, del lavoro nero, offerto molto spesso da soggetti che vengono dagli stessi ambiti sociali delle operaie che lavorano per loro. Questa volta questa morte è figlia di quegli ambienti sociali “acculturati” che gestiscono il potere, le decisioni, l’economia. E’ figlia di quelli a cui la vita ha dato chance, opportunità, censo, istruzione, comodità, agi, educazione, e che non solo si dimostrano incapaci di essere all’altezza di quello che la vita ha loro offerto, ma che addirittura a causa della loro incapacità causano la morte di Antonella. Causano la morte delle persone a cui non solo sono stati negati agi, privilegi, comodità e opportunità ma a cui alla fine è negato anche il diritto di esistere.
Maria Luisa Larosa
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