Lettera aperta al Prof. Monti

5 dicembre 2011

Mi sarebbe piaciuto poterla ringraziare per il suo atteggiamento convincente di persona garbata che ragiona su argomenti che ben conosce e per la sua capacità di comprendere che in un momento così drammatico sarebbe stato utile un gesto gentile, dichiarando di rinunciare ad un emolumento che avrebbe duplicato la sua retribuzione da Senatore a vita o di ex Rettore, o di ex-consulente bancario.
Certo è che non è più in uso, da tempo, in questa Italia, un comportamento tanto nobile, per questo avrei voluto ringraziarla. Mi spiace non poterlo fare perché la Manovra SALVA ITALIA, come da lei denominata, non è come l'avremmo voluto né io né la maggioranza dei pensionati, dei dipendenti, dei piccoli artigiani, degli imprenditori onesti e di tutti quelli che pagano le tasse e che erano e sono disponibili a grossi sacrifici. Sacrifici non dissimili da quelli che lei ha proposto, perché in momenti gravi bisogna prendere decisioni gravi, e Lei ha trovato il coraggio per fare una Manovra forte, ma non tanto da renderla equilibrata. Presentazione della manovra economica del 4. dicembre 2001


Per equilibrio avremmo inteso una ripartizione imparziale degli sforzi, degli oneri, dei sacrifici tra tutti i cittadini. Comprendo lo sfogo della Sig.ra Ministro che non è riuscita a trattenere una lacrima quando, contrariamente a qualsiasi principio di giustizia, ha dovuto scippare, in nome dell’approvazione della manovra del governo, una decina di euro ai più indifesi.
E questo solo per assecondare giochi politici e per non istituire una tassa patrimoniale, tassa altrettanto iniqua, ma almeno pagata con un affanno minore pur se sempre dai soliti noti, ovviamente, perché chi evade le tasse non ha né problemi di soldi, né di scrupoli.
Ho avuto un moto di orgoglio, Sig. Primo Ministro, quando ho sentito che il suo Governo non deve essere miope come i precedenti e per questo ho atteso, con speranza, un suo cenno su interventi radicali sulle spese militari ( 30 miliardi l’anno) o che avrebbe proposto all’Europa la creazione di un esercito unico o che menzionasse le esenzioni fiscali degli immobili del Vaticano o comunque avrebbe tentato di contenere, fin da oggi, quei tanti automatismi di spesa, che nella sanità, nella politica e con le banche affliggono la nostra bilancia dei pagamenti per centinaia di miliardi ogni anno.

E poi Sig. Presidente, mi sarebbe tanto piaciuto un atto di buona volontà: le pensioni le blocchiamo subito per almeno due anni ma allo stesso tempo manteniamo bonifici da venti, trenta mila euro a parlamentari e ex parlamentari che, solo in virtù di certe norme di legge, non di giustizia, godono di privilegi ingiustificati. In momenti di sacrifici venti o trenta mila euro di stipendio o di pensione mensile, non permettono ad un governante di comprendere lucidamente  i motivi della protesta o le condizioni di vita di chi vive con una pensione minima o con un dignitoso stipendio da mille e duecento euro mensili e nemmeno quelli dei fortunati che guadagnano più di 1500 euro al mese. Nessun uomo in buona fede si sarebbe opposto se Lei avesse introdotto un tetto massimo a chi percepisce più di cinque o dieci mila euro di pensione, senza aver prodotto versamenti che  la giustifichino.

Ma vorrei tornare ad una parola triste: fortunato.   Ero convinto che il mio lavoro non fosse pagato abbastanza perché avevo un  ruolo attivo e potevo quantificare la mia produzione per l'azienda per cui lavoravo con passione. Poi, come altre migliaia di colleghi, sono diventato un “esubero” perché per molte grandi aziende investire nella finanza rende utili più alti che investire e creare  occupazione.

Beh ...  solo quando sono entrato in cassa integrazione ho preso coscienza che il mio modesto stipendio era ed è un miraggio per i tanti ragazzi che non riescono a trovare un lavoro fisso o che ormai hanno accettato una vita da precario.

Non avrei mai pensato di terminare la mia carriera come "esubero", ma meno che mai avrei voluto iniziare la mia nuova vita da pensionato vedendo crollare tutti i parametri su cui avevo basato la mia vita. Sapevo di poter andare in pensione dopo trentacinque anni di lavoro e con quaranta avrei raggiunto il miglior trattamento, invece dopo aver versato contributi per 41 anni e 8 mesi mi sembra di approfittare di un trattamento privilegiato, perché già domani nessuno potrà più ricevere la pensione con meno di 42 o 43 anni di versamenti.
Come me, tanti che sanno di aver fatto interamente il loro dovere nel lavoro e verso lo stato ma sentono, ingiustificatamente, un senso di disagio, perché non possono e vogliono raccontare il loro passato, perché non vogliono e non devono giustificarsi quando presto qualcuno li guarderà, come dei  fortunati, che vivono alle spalle dello stato grazie a circostanze favorevoli e bisognerà sopportarli come un peso per le nuove generazioni.

Caro professore, lei ha parlato di patto generazionale e di opportunità di lavoro da creare per i giovani, ha parlato di meritocrazia, si preoccupi, in buona fede, solo di questo.   Ai problemi di qualche migliaio di vecchi, anche se con qualche anno meno di lei, non ci pensi più, per favore.

Ricordi che oggi ha un’opportunità per essere ricordato come uno statista …. oppure come uno che ha fatto bene i compiti a casa ma nessuno ricorderà a che sono serviti. 

Ormai Lei è una personalità già apprezzata in Europa, torni ad essere un po’ più italiano ed usi la fantasia in economia ma se non glielo permettono, per favore,  controlli che nessuno sbagli le proporzioni , ci accontenteremo.

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