Crisi economica

«Noi abbiamo salvato le persone piuttosto che le banche»

L’ex ministro dell’Economia argentino, Roberto Lavagna, ha fatto uscire il suo paese dalla crisi del 2002, facendo a meno degli aiuti del FMI. E raccomanda la stessa soluzione per la Grecia.
21 febbraio 2012
Gérard Thomas
Tradotto da Antonella Recchia per PeaceLink
Fonte: www.liberation.fr - 19 febbraio 2012

Roberto Lavagna L'ex ministro dell’Economia argentino, Roberto Lavagna, 69 anni, è il principale artefice del risanamento dell’Argentina, invischiata in una terribile crisi economica dieci anni fa. Quando entra in carica, nell’aprile 2002, il peso è appena stato svalutato del 70%, il paese è insolvente, il debito privato è pari a oltre 72 miliardi di euro, la disoccupazione dilaga, i piccoli risparmiatori sono in rovina e i disordini sociali hanno già fatto più di 30 morti nel paese. L’ex ambasciatore presso l’Unione Europea decide immediatamente di fare a meno dell’ “aiuto” del Fondo Monetario Internazionale e dei mercati finanziari. Qualche pista da seguire per la Grecia.


Quali sono le grandi similitudini tra la crisi argentina del 2001-2002 e la crisi greca?


A livello economico sono molto simili. L’Argentina aveva stabilito una parità fissa tra il peso e il dollaro, la Grecia è legata all’euro, perdendo così il controllo della sua valuta. Un tasso di cambio fisso che associa paesi a forte produttività ad altri la cui competitività è molto più debole non può che generare una crisi. La Grecia è già al suo quarto anno di recessione, anche l’Argentina lo era. Il deficit fiscale, il deficit dei conti correnti, la caduta vertiginosa del PIL, l’indebitamento, l’esplosione della disoccupazione…tutti i grandi dati macro-economici sono simili. Tuttavia, la situazione sociale della Grecia è molto migliore di quella dell’Argentina all’epoca. Sul piano istituzionale, l’Argentina era un paese isolato mentre la Grecia fa parte del complesso economico più potente al mondo.


Come è riuscito a portare l’Argentina fuori dal caos?


Una volta assunto l’incarico, nell’aprile 2002, ho deciso di cambiare radicalmente il nostro modo di pensare all’uscita dalla crisi…Il mese successivo ero a Washington per incontrare i dirigenti del Fondo Monetario Internazionale e spiegargli che i nostri rapporti ne avrebbero risentito. Dall’inizio del marasma economico, nel 1998, avevamo già avuto due programmi del Fondo per un totale di 51 miliardi di euro. Entrambi sono stati dei sonori fallimenti e alcune voci si sono levate per chiedere una terza tornata di circa 17 miliardi supplementari.
Io non ho voluto seguire questa strada e ho spiegato al Fondo che non volevamo più prestiti e che saremmo usciti da soli dalla crisi. La sola cosa che ho chiesto è stato un roll over parziale di tutte le scadenze. Mi sono comunque impegnato a pagare gli interessi del debito e una parte del capitale. Ma non tutto e non subito. Questa posizione era semplicemente impensabile per il FMI poiché noi abbiamo affermato la nostra volontà di stabilire da soli la nostra politica economica. Ho dovuto spiegare loro tre volte di seguito la mia posizione prima che riuscissero a capire. A quel punto abbiamo smesso di sostenere finanziariamente le banche come ci imponeva il FMI, esigendo anche che privatizzassimo la Banca della Nazione. Ma appena siamo usciti dal gioco, il Fondo non ha più avuto strumenti per far pressione sull’Argentina!


Avete dunque agito contro il FMI e i vostri principali creditori?


Le uscite dalla crisi si fanno al di fuori dei percorsi tracciati dal FMI. Questa istituzione propone sempre lo stesso tipo di contratto di aggiustamento fiscale che consiste nel diminuire il denaro che spetta alla gente – i salari, le pensioni, gli aiuti pubblici, ma anche i grandi lavori pubblici che generano occupazione – per destinare il denaro risparmiato al pagamento dei creditori. È assurdo. Dopo 4 anni di crisi non si può continuare a togliere il denaro alle stesse persone. Ora questo è esattamente ciò che si vuole imporre alla Grecia! Diminuire tutto per dare alle banche. Il FMI si è trasformato in una istituzione incaricata di proteggere i soli interessi finanziari. Quando si è in una situazione disperata, come lo era l’Argentina nel 2001, bisogna saper cambiare le carte.


Secondo lei i piani di austerità e di rigore non sono necessari, tuttavia questo è ciò che viene imposto alla Grecia…


A torto, poiché il denaro prestato rischia di non essere mai rimborsato e il deficit fiscale greco è più elevato oggi di quanto non fosse prima della prima iniezione di nuova moneta. Sono gli stessi errori di sempre. È il settore finanziario che impone il suo modo di vedere le cose al mondo intero. Si preferisce salvare le banche piuttosto che le persone che hanno dei mutui da pagare. La prima cosa che abbiamo fatto noi è stata estendere i termini per i proprietari indebitati. I funzionari del FMI ci dissero allora che violavamo le regole essenziali del capitalismo! Dimenticavano semplicemente che le persone in rovina non consumano più, il che paralizza lo stimolo per la crescita. Invece di pagare le banche, la Grecia dovrebbe investire nell’istruzione, nella scienza, nella tecnologia, finanziare delle infrastrutture e recuperare così una certa produttività, almeno nel settore dei servizi e nel turismo.


Deve avere molti nemici tra i banchieri…


Mi odiano! Ma questo non gli ha impedito di bussare alla nostra porta per prestare denaro esattamente 48 ore dopo che avevamo completato la ristrutturazione del nostro debito nel 2005! Ebbene, io ho rifiutato queste offerte interessate rispondendo loro che non saremmo tornati nel mercato finanziario prima del 2014 perché non ne avevamo più bisogno. Peché il 2014? Semplicemente perché allora il debito sarà solamente il 30% del PIL, la metà dei parametri europei di Maastricht! Penso che un paese come l’Argentina non debba essere sempre presente sul mercato finanziario. È un rischio troppo grande far crescere di nuovo il debito. Il problema è che sono gli stessi banchieri che pensano che sia positivo per l’immagine di un paese chiedere un prestito internazionale. È ovvio che se vendessi pomodori, mi piacerebbe che qualcuno li mangiasse! E loro vendono denaro.

Tradotto da Antonella Recchia per PeaceLink. Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l'autore della traduzione.

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