Dalla diga del Quimbo alla Val di Susa

Una morale di impaccio al buongoverno ?

Una tolleranza di facciata consente a governi e a comunità locali di proseguire una guerra verbale tra sordi dominata da pregiudizi, arroganza del potere e interessi privati senza badare ai costi sociali che dovrà pagare una società in cui la morale e la dignità delle persone hanno ceduto il passo ai piccoli interessi immediati dell'economia.
6 marzo 2012

             

Se si vuole essere leali con se stessi, bisogna essere convinti delle proprie idee ed essere coerenti nelle proprie scelte nella vita, in economia e nella politica. Non è detto che non si possa cambiare idea quando cambiano le condizioni che hanno determinato certe scelte ma è essenziale restare sempre onesti con se stessi.

Con questa presunzione si deve mettere l'uomo al centro di ogni interesse e considerare che tutte le attività che possono produrre un miglioramento della qualità della vita debbano essere valutate con occhio benevolo perché, anche se appaiono ambiziose e gravose, possono indicare la strada giusta per un miglior futuro per gli uomini di oggi e per quelli di domani.

È per questo che è sbagliato  valutare  "i pro e i contro" di un comportamento o di un progetto, con una pregiudiziale ideologica (anche se, non si può negare, non è facile).

Mi sembra normale pertanto che se una comunità viene coinvolta in un progetto, che potrà cambiare le sue condizioni di vita, questa non debba sentirsi preventivamente oltraggiata, tanto da respingere immediatamente qualsiasi iniziativa, che invece deve essere valutata attentamente e, possibilmente, essere criticata per essere corretta con lo spirito costruttivo tipico di un popolo integrato nello Stato in cui vive e che tende al miglioramento delle condizioni della vita propria, dei propri figli e della comunità in cui vivono.

Mi sembra altresì del tutto normale che se un governo fa una scelta che può cambiare l'indirizzo dell'economia, l'occupazione e la qualità della vita dei suoi cittadini, debba dichiararsi ed essere anche disponibile ad accettare suggerimenti e critiche da chi dovrà realmente sopportare gli effetti finali del progetto.

Purtroppo certe situazioni antitetiche si verificano sempre più frequentemente tra i popoli e i loro governi, ma questo significa che stiamo perdendo tutti:

L'economia perde e diventa meno liberista perché non accetta più le regole del mercato ma le fa aggiustate da governi compiacenti;  ma non è neanche socialista perché non si propone per la realizzazione di opere che non creino utile economico;

La democrazia perde perché non è più perfetta e i politici gestiscono la cosa pubblica come un'azienda, che tende all'utile o al pareggio di bilancio, e sono soggetti a tutte le regole del mercato che li vincola nelle loro scelte senza poter (voler) dare priorità ai bisogni sociali, ma agendo come dei veri capi azienda, determinati nelle loro azioni e tanto sicuri della bontà delle proprie scelte, da considerare qualsiasi contestazione come un inutile ostacolo da superare e ogni manifestazione provocata dall'incapacità a comprendere e seguire la retta via.

Ma il problema non è tecnico, economico o democratico, il problema vero sta nelle regole che oggi sono fondate su un comportamento spacciato per "morale", che tutela solo gli interessi di una parte e che quindi morale non può più essere.

Il problema vero è l'uso improprio delle parole che tendono a mascherare il contenuto di certi comportamenti abbellendoli, impadronendosene ed utilizzando impropriamente termini che all'origine avevano una valenza differente, ma che suonano bene all'orecchio di un pubblico ormai abituato a sollecitazioni continue che scambiano contenuti e significati per farlo diventare sempre più consumatore è sempre più pronto ad accettare nuovi codici di comunicazione.

Il problema vero è la scarsa attenzione al valore dell'ambiente e di ciò che comporterà per la società la trasformazione o la scomparsa di piccole comunità, che improvvisamente e inaspettatamente si troveranno sradicate dalla loro terra da un ciclone che  le proietterà in una realtà tanto differente dalla loro per abbandonarle subito dopo, in preda a mille frustrazioni e alla ricerca di nuove radici e di altre prospettive di vita.

Due fatti analoghi e simultanei stanno occupando le pagine dei giornali da molto tempo :  i lavori della TAV, in Val di Susa la costruzione della diga del Quimbo, in Colombia.

Senza cercare inutili parallelismi in entrambi i casi troviamo un muro contro muro.

Da un lato i governi dichiarano di essere certi dei vantaggi che le loro scelte porteranno all'economia e vedono come un ostacolo la minoranza che si ribella e che non ha né capacità né conoscenza per intendere quale sia il vero bene comune che va privilegiato rispetto al bene particolare.

Dall'altro lato le comunità locali che difendono il loro focolare e non accettano l'idea di essere gli unici a pagare il conto, mentre nessuno le ascolta e le loro manifestazioni vengono minimizzate e contrastate, anche con la forza, dai governi che non vogliono accettare giudizi o ridiscutere la realizzazione dei loro progetti oltre che dall'indifferenza di chi non è interessato a capire.

Si tratta di preconcetti dei governi che si ritengono depositari della "conoscenza" e che considerano, i cittadini "presbiti ed intransigenti " e di una minoranza che considera  il governo “miope ed egocentrico”.

Ma questa è una storia infinita, vissuta mille altre volte in passato, perché le grandi imprese trovano sempre il modo di spingere i governi ad imbarcarsi in progetti da cui potranno ricavare tanti soldi e che, qualche volta, porteranno anche gloria ai politici, mentre  poche centinaia o migliaia di cittadini  dovranno rassegnarsi a subire la legge del più forte. In passato però i governi non pretendevano di definirsi "democratici" e certe scelte discutibili, almeno formalmente, erano coerenti con il sistema, oggi però non esistono più governi "antidemocratici". non va più di moda, ma è più facile cercare consensi e maggioranza truccando il gioco e gridando forte che il baro è quello che perde. Peccato che non si riesca ad avere il pregiudizio di una sana morale, basata su principi che nessuno osa mettere in dubbio. Ma anche così ci sarebbero gli integralisti, i talebani della giustizia ....  ne usciremo mai ?

Oggi è una bella giornata di sole e non credevo proprio che avrei passato il pomeriggio a scrivere queste righe, ma non sono riuscito a farne a meno perché troppe cose non mi stanno piacendo, perché non ci sarà nessun referendum sulla TAV, perché non servirà a niente nemmeno un altro "cretinetti” (è così che ha scritto un piccolo giornalaio) disperato che si arrampica sui tralicci dell'alta tensione e perché dalla Colombia mi arrivano immagini troppo tristi di contadini della valle dell'alto Rio Maddalena, che presto sarà sommersa dalla diga del Quimbo.

Non avrei mai voluto vedere quelle immagini e meglio sarebbe stato non scrivere queste righe, ma il pugno che mi è arrivato alla bocca dello stomaco è stato troppo forte e devo rialzare la testa.

Note: Il video è commentato in spagnolo, non ha sottotitoli e propone immagini del mese scorso quando i contadini furono cacciati, a schioppettate, da militari e paramilitari e obbligati a lasciare le terre che dovranno essere sommerse dalla diga del Quimbo, voluta dal governo colombiano e appaltata alla società ENDESA, costituita con capitali di Banche nazionali e con una compartecipazione dell'ENEL.
Fino ad oggi però la deviazione delle acque non è stata possibile perché, come scrive il Movimento “Rios Vivos” il Pacha Mama (la madre-terra) e il Rio Magdalena si sono opposti al progetto, infatti dopo il tentativo di deviazione delle acque del 3 marzo, il fiume è tornato a scorrere nel suo letto naturale. Forse è un segnale della natura o degli spiriti o dell'inefficienza dei tecnici, comunque le proteste per la difesa dei diritti e per la dignità delle popolazioni indigene del Rio Magdalena continueranno anche all'estero con manifestazioni in Europa ed in tutti i paesi dell'America Latina.

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