Il partito di Pasquale
È la storia di un sempliciotto di campagna che, arrivato in città, prende botte da tutti quelli che passano e gli dicono: "Pasquale, figlio di un cane, finalmente ti ho trovato". Vediamo il grande comico scompisciarsi dalle risate mentre racconta questa storia ad un suo paesano che, sentendo quanti schiaffi ha preso l'amico, non riesce a capire perché tanto divertimento:
“E che io so’ Pasquale ?” spiegava, ridendo, Totò all'amico che restava incredulo.
È proprio questo il ricordo che ci suscitano oggi i politici che commentano i loro disastrosi risultati alle elezioni amministrative.
È vero che noi italiani oltre ad essere critici ed intenditori di calcio siamo sempre pronti ad esprimere i nostri preziosi giudizi sulla politica, ma è anche vero che la politica è un gioco sottile, complicato dove servirebbe conoscere a fondi i problemi e dove bisogna ascoltare tutti per evitare di crearsi nemici, specialmente tra i potenti, capaci di influenzare maggioranza e pubblica opinione anche per il futuro.
Proprio per queste difficoltà, in politica dovrebbero essere chiamati solo i migliori, persone su cui non è possibile dubitare né sulla loro integrità né sulla loro onestà intellettuale e capaci di scegliere nell'interesse assoluto, senza condizionamenti . Che pensino solo al benessere della popolazione ed al futuro del paese.
Ma bastano queste poche parole per dare immediatamente a chiunque la facoltà di tacciarci di "demagogia" ," qualunquismo" e "populismo" , in breve di fare "antipolitica" ed essere accantonati come una voce non qualificata ed approssimativa , da non prendere in considerazione.
Ora a pensarci bene per fare politica non serve essere troppo intelligenti, non serve essere tecnici esperti nei meccanismi astrusi, imposti da affabulatori per complicare la gestione di affari semplici e che, proprio per questo motivo, potranno essere poi affidati solo a persone "con certe caratteristiche".
Per fare politica, come piacerebbe alle persone che vivono con mille o duemila euro al mese, servirebbe solo essere delle persone normali, che vivono sapendo per esperienza diretta cosa significa “vivere con mille o duemila euro al mese”, servirebbe presentare un programma che dica con poche parole chiare cosa e come si vuol fare ciò per cui si verrà eletti, con l'impegno di farlo con assoluta priorità rispetto a qualsiasi altro evento accidentale che possa accadere.
Per fare politica basterebbe essere persone di cui ci si può fidare, persone che possano dimostrare di essere perbene, che non si sentano sminuite se chi li ha votati pretenderà di sapere quello che hanno fatto finora e come, e quando, porteranno a termine gli impegni presi.
Come si fa in ogni azienda sana, quando il capo ti chiama per controllare se tutto va bene, se ti serve un aiuto, o se necessario, per farti un cazziatone ‘per rimetterti in riga per raggiungere, tutti insieme, gli obiettivi che si sono concordati.
Per fare politica non serve più avere un consulente per l'immagine, non servono discorsi scritti da autori esperti in comunicazione, non serve rispondere a domande fatte da giornalisti pagati dal proprio sponsor, non serve gridare più forte del proprio avversario, non serve aggredire o irridere avversari ed elettori.
Di questi tempi tutti hanno letto qualche libro ed hanno qualche nozione, anche se confusa, di marketing e quindi si riesce a capire quando un politico è fasullo o se è in buona fede. La bella presenza e la simpatia certo aiutano, ma la prossima volta, speriamo che non bastino più.
Stiamo attraversando un periodo di "sede vacante" e la guida del governo è stata affidata ad un autista che conosce molto bene la strada da percorrere e che sicuramente non farà incidenti, sempre che nessuno disturbi il manovratore. In questo periodo, tutti i parlamentari pagati con stipendi minimi di € 120.000 lordi l'anno stanno godendo di un periodo di mezze ferie e in questo tempo lunghissimo sono tenuti solo a svolgere un lavoro di normale manutenzione secondo le richieste dal governo.
In tutto questo tempo non vorremmo continuare a vederli giustificare i loro comportamenti, assertivi o asserviti, per mettere in atto una politica che, indipendentemente dal programma per cui sono stati eletti, devono condividere sotto la minaccia di danni maggiori al paese ed a se stessi, vorremmo invece vederli attivi, svegli, in un fermento di idee che producano il programma elettorale che dovrebbero presentare alle prossime elezioni.
Ma non vediamo, almeno nei partiti tradizionali, nessun fervore, nessuna intenzione concreta di cambiare quelle regole e quelle abitudini che hanno portato questo paese, come molti altri dell'Occidente, ad un dissesto finanziario più che economico, causato essenzialmente da ruberie tacitamente tollerate da tutti gli enti dello Stato, da inique leggi finanziarie a tutela di un interesse privato a discapito di quello pubblico, dall'ammirazione e dall'emulazione di persone povere di spirito e di cultura che, contando su amicizie “altolocate”, si possono permettere di ignorare leggi e diritti del prossimo.
I partiti, quelli che pur cambiando nome continuano ad essere sempre gli stessi, credono di poter gestire un “loro elettorato”. Non vogliono accettare che loro non hanno più clienti, o almeno i clienti sono diminuiti notevolmente. Alle prossime elezioni, se le condizioni non cambieranno in fretta, sempre meno gente andrà a votare e invece di preoccuparsene e riconoscere di aver sbagliato con le loro scelte e con la loro arroganza non cercano di rimediare ma solo di procurarsi una bella giustificazione.
Nessuno di loro ha già pronta una paginetta con idee e progetti chiari da realizzare durante la prossima legislatura. Nessuno di loro riconosce di aver contribuito a distruggere il concetto di morale e di aver stravolto il significato dell' etica: ci si permette di dire che possono essere evase le tasse, si fanno entrare inquisiti e condannati in Parlamento, si continua a conferire incarichi e stipendi pubblici multipli alle stesse persone, si lascia in mano a degli Sceriffi di Nottingham l’esazione delle tasse, si parcheggia impunemente l'auto in seconda o terza fila, si scavalcano le file e, soprattutto, nessuno si vergogna di quello che sta facendo. Anzi chi vive onestamente, senza eludere la legge, non è considerato un cittadino esemplare ma è additato come un poveraccio, un perdente ( qualche tecnico lo ha anche definito "sfigato").
Nessuno di loro vuol riconoscere che i loro privilegi non permettono al paese di essere democratico e che i loro stipendi non gli permettono, umanamente, di immedesimarsi nella quotidianità della gente, perché vivono fuori dal mondo.
Come fa un parlamentare che attraversa la città a bordo di un'auto blu, scortata da altre due auto su una corsia preferenziale senza rispettare i semafori, a comprendere realmente che significa per una famiglia un aumento di pochi centesimi di accise sulla benzina?
Chiederà di preparargli un conteggio globale e, una volta appreso che le nuove accise incideranno sul PIL solo per una percentuale espressa in decimali, continuerà a non aver capito niente e andrà avanti, più sicuro di sé, per la sua strada che non è la stessa di chi si ferma dal benzinaio.
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