Non volevamo votare Beppe Grillo
Raccontano di una politica che non incuriosisce più, che non sa parlare di sogni ma che, rinnova la fiducia agli stessi uomini e programmi sociali (di cui tutti conoscono mandanti ed effetti) che ormai possono solo provocare incubi anche da svegli.
Parlano di maggioranze politiche, di alleanze, di liste e candidati come se non fossero loro stessi ad averci detto con le loro indagini che il 40% dell'elettorato non andrà a votare e che il M5S, che non vuole nessuna contaminazione né con la politica né con i media, raccoglierà oltre il 15%.
Quindi tutto quello che televisione e giornali insistono a ripetere, ogni giorno, interessa solo una minoranza della loro audience. Ma qui ci sarebbe da parlare dell’attendibilità dei dati Auditel ma questo non è il nostro argomento.
Infatti oggi sarebbe il caso di parlare di democrazia, di rappresentatività e di partecipazione.
Poco più di un mese fa giornali e televisione non raccontarono che un gruppo di 70 volenterosi avevano lanciato l’ appello "Cambiare si può" (1) che, in poco più di un mese, è riuscito a raccogliere intorno a sé tutti i movimenti della società civile che da anni lavorano, in silenzio e con poche sovvenzioni, per assistere quella parte di società sempre meno curata dallo Stato sociale.
Il progetto era basato sulla considerazione che più della metà di chi dovrà votare alle prossime elezioni non si riconosce in nessun partito politico, quindi facendo un ragionamento molto simile a quello presentato in diretta televisiva e da una sala del Parlamento dal senatore a vita Mario Monti, ha selezionato insieme a 15.000 persone, consultate in più di cento assemblee popolari , dieci punti essenziali.
Partendo da quei dieci argomenti si è cercato di raccogliere uomini, movimenti e partiti, per tentare di arginare la prepotenza della finanza, l’ondata neo-liberista e difendere quel che resta dei diritti conquistati in oltre un secolo di lotte sociali.
Per sintetizzare, in un programma politico di soli dieci punti, le riflessioni e l'esperienza di tante persone e di tante associazioni si è partiti dal concetto che le idee devono unire gli uomini e non essere usate per dividerli, è per questo motivo che molti dei soggetti, pur di essere partecipi e provare a dare una alternativa ad una politica miope, hanno rinunciato ad una parte dei pensieri ispiratori della loro azione o del loro movimento.
Senza clamore e senza interessi personali da tutelare, hanno fatto tutti un vero “passo indietro” pur di dar vita ad un programma concentrato sull'uomo, sul lavoro, su investimenti e ambiente e sulla partecipazione attiva alla vita sociale e politica del paese.
Faticosamente quindi si è raggiunta una unità ideale, raccolta intorno ad un simbolo accettato e condivisibile perché capace di includere tutti gli scontenti che intendono segnare un taglio netto con una politica che premia il denaro e offende chi lavora.
I problemi però arrivano sempre quando si deve decidere il “come” e soprattutto il “chi”, perché proprio sul metodo avvengono le forzature, all'ultimo momento, per impedire qualsiasi reazione che possa sventare il colpo di mano.
In “Cambiare si può” non si era ancora convinti che Ingroia fosse il candidato ideale per una lista unica tanto innovativa e capace di presentarsi come vera alternativa, ma i tempi elettorali spesso costringono a fare passi troppo lunghi. Ieri infatti alla conferenza stampa in cui Ingroia si è candidato come leader di un movimento politico, si è parlato di democrazia, di rappresentatività e di partecipazione ma, purtroppo, non se ne è tenuto conto. (2)
Stravolto il simbolo e il contenuto proposto da “Cambiare si può”, stravolto il concetto di non votare un leader ma votare solo un programma ed il suo contenuto, stravolta la volontà di non confondersi con la politica che candida sempre le stesse facce da leader …. Si è cercato solo di usare la spontaneità e l’immagine pulita di chi senza salire o scendere, la politica la fa ogni giorno, senza scorte o auto blu, senza stipendi indecenti, ma dividendosi le spese per pagare il locale in cui ci si incontra.
Peccato che ci sia sempre un branco di lupi in agguato e pronto, al minimo tentennamento a confondere la preda, a obbligarla a non seguire il proprio istinto e a spingerla verso un baratro nascosto dietro ai cespugli.
“Cambiare si può” sta chiedendo a tutti i suoi iscritti quale dovrà essere il suo futuro. Ma non ha importanza quale sarà l’esito della consultazione, perché ormai è evidente che il suo percorso dovrà essere ben più lungo e profondo, dovrà far cambiare le coscienze e i principi per formare uomini migliori. E’ stato bello credere, per pochi giorni, che una utopia come “Cambiare si può” potesse diventare possibile, dicendo semplicemente “Cambiare si deve”.
Sono molti quelli che non volevano votare Beppe Grillo e che speravano che l’anno nuovo potesse far tornare il buonsenso in politica, ma nulla si può contro lo strapotere dei media e dei partiti che credono di disporre e poter ancora orientare con le chiacchiere il voto degli italiani.
Forse non si sono ancora resi conto che gli italiani sono migliori (e più intelligenti) di quello che credono loro stessi e di quello che vogliono farci credere, quando si affrettano, tutti in coro, a chiamare qualunquista o populista o anti-politico chiunque sia convinto che “cambiare si può”.
Note :
1. http://www.cambiaresipuo.net/bacheca/
2. http://www.huffingtonpost.it/2012/12/29/marco-revelli-cambiare-si-puo-delusa-da-antonio-ingroia_n_2380229.html?1356787955&utm_hp_ref=italy
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