"I fantasmi del fiume"
Ogni notte cercano di entrare clandestinamente attraverso le porte dell'Europa, tra la Grecia e la Turchia.
Ben presto, questo rettangolo diventerà un recinto: lungo 12,5 km e alto tre metri con telecamere ovunque per respingere i clandestini. Così ha deciso il governo greco. Un muro barricata per l’Europa. Ma possiamo fermare la pioggia che cade? E 'passato più di un anno da quando i clandestini evitano di avventurarsi in questa zona militarizzata tra la Grecia e la Turchia, una pianura liscia come una pietra, senza un albero dietro cui nascondersi alle pattuglie della polizia.
Oggi, il vero e proprio "muro" è un po' più a sud. Lungo il fiume Evros, che scorre per 180 chilometri tra i due paesi. Ogni giorno, ogni notte, sono centinaia le persone che cercano di attraversarlo. Stipati in quindici o venti su barconi di plastica gonfiabile, gli stessi barconi che si vedono l’estate sulle spiagge. Lungo le rive del fiume Evros, i canotti bucati e abbandonati e le cataste di vestiti abbandonati sembrano solo macchie di colore. Documenti, lettere, zaini: il fiume si porta via pezzi di vita di gente che arriva dall’ Afghanistan, dal Bangladesh, dall’ Algeria, dalla Nigeria ... E a volte anche i loro corpi. Quelli annegati.
Sono almeno uno o due alla settimana, quelli che trovano dalla parte greca. La corrente del fiume non sa che farsene delle bandiere e dei confini.
Quanto vale una vita?
Se pensiamo a "300561a, sconosciuto, sesso femminile, 20-30 anni," non una gran cosa. Clandestina, non è mai esistita nei registri della polizia. I suoi documenti , se ne avesse mai avuto, galleggiano da qualche parte nelle acque del fiume Evros. "300561a" è un fantasma. Tranne forse per Pavlos Pavlivis, responsabile della camera mortuaria di Alessandropoli, una cittadina greca nel sud della regione. Quest'uomo, che sembra possedere una calma imperturbabile, ma si mangia le unghie fino a farsele sanguinare, ha creato per la giovane donna un’ esistenza amministrativa e un numero di protocollo ("300561a"). Ha creato un "file" memorizzato e chiuso dentro una copertina di cartoncino con dentro quattro fogli volanti e una busta, sporca del fango del fiume, dove è nascosto il tesoro : graziosi orecchini verdi, un braccialetto intrecciato, una collana con un piccolo ciondolo di pelle cucita. "C'è scritta una preghiera, ha detto Pavlos Pavlivis. Un capitolo del Corano. Questa sconosciuta quindi era Musulmana. Forse veniva dalla Somalia o dalla Nigeria ..."
Chi riconoscerà il volto di "300561a"?
Il suo corpo è stato trovato il 1° febbraio. "300561a" non è annegata. È morta di ipotermia subito dopo aver vinto la sua guerra contro il fiume. L'inverno è duro in Tracia. Indossava tre paia di jeans, quattro t-shirt e una giacca turchese. Probabilmente questo era tutto quello che aveva. Come altri migranti, è stata costretta a svuotare lo zaino e a mettersi tutti i vestiti prima di buttarsi in acqua. Appesantita dai suoi vestiti impregnati d'acqua, intirizzita dal freddo, si sarà fermata per riprendere fiato, appena attraversato il guado, e si è addormentata nel bosco. L’hanno trovata rannicchiata tra le felci. Nelle foto che Pavlivis fa scorrere sul suo computer, sembra una Biancaneve di ebano. Non è stata sfigurata come tanti altri annegati, gonfi, lividi, contorti come rami coperti di melma dell'Evros. Lei non ha avuto il tempo di decomporsi, il suo corpo non è diventato uno scheletro, lei è ancora accuratamente avvolta in uno chador sbiadito che ha resistito all'acqua e al vento. Ma chi riconoscerà il suo volto, il volto di "300561a"?
La sconosciuta viaggiava da sola, con il marito, i suoi genitori?
I trafficanti di solito gli confiscano tutte le carte prima di farli attraversare, racconta il capo della camera mortuaria. Tre anni fa, un barcone di migranti si è capovolto in Bangladesh. Hanno potuto rintracciare i loro cari, perché tutti avevano inciso i numeri di telefono di casa sulle suole delle scarpe. Ma nessuno ha mai rivendicato la maggior parte dei loro corpi. Neanche quelli dei bambini, forse anche i genitori sono annegati durante la traversata e i loro corpi sono stati portati via dalla corrente. " Quest'anno, settanta corpi sono arrivati negli obitori greci.
Quanti sono quelli che hanno perso la vita mentre attraversavano l'Evros? Solo l'anno scorso, settanta corpi sono stati portati negli obitori greci. Ma quanti ne sono rimasti dalla parte turca? E come si può capire quanti hanno preso il largo in mare e non sono tornati? Questo tipo di statistiche non interessano nessuno. Ma la polizia greca ha fatto un accurato conteggio e sono 55.000 gli immigrati clandestini che sono entrati nel paese nel 2011, cinque volte più del 2009. È una ossessione per la polizia greca e per tutte quelle europee, che da due anni ha mandato la Frontex, la polizia di frontiera, in questa regione dell’ Evros, accusata di essere il nuovo "colabrodo". Dimenticata Lampedusa e le Isole Canarie. L’Italia e la Spagna hanno rafforzato i loro dispositivi anti immigrazione. I migranti ormai passano da Istanbul, dove atterrano i voli low cost dall’Algeria, dall’Iran e dalla Nigeria: la Turchia non è disposta a fare il guardiano dello spazio Schengen, almeno fino a quando l'Europa non cancellerà il visto per i suoi cittadini.
Grecia, il primo punto di ingresso per i clandestini
Così la Grecia è diventata il principale punto di accesso per gli immigrati clandestini. Tra il 2005 e il 2009, viaggiavano per mare e sbarcavano sulle isole. "Pericoloso e molto costoso, a seimila euro a passaggio - dice Georges Salamangas , direttore della polizia di Orestiada nella regione settentrionale - Così hanno passato parola e tutti fanno questo giro. Nessun ha bisogno di visto per venire in Turchia. E da qui ci vogliono solo tre ore, prima venivano via terra, ma ora vengono principalmente traversando il fiume. I trafficanti così non devono nemmeno accompagnarli più. Per 500 euro a persona, li stipano tutti su una barca e gli dicono di remare. Improvvisamente, gli incidenti si stanno moltiplicando. "
Nel piccolo villaggio di confine di Nea Vyssa, Christos, detto "lo sceriffo", il padrone del bar, vede passarsi davanti i superstiti, con le scarpe gonfie d’acqua, tremanti di freddo e tirandosi dietro, solo pochi fortunati, una busta di plastica che sono riusciti a salvare.
Passano tutti i giorni. A volte dieci, a volte cinquanta, sessanta o di più. Prima per proteggerci dai Turchi, c'erano le mine antiuomo dappertutto lungo l’ Evros. Ma le hanno rimosse nel 2009. Allora è cominciata l'invasione. Quelli della Frontex? sfaticati ! Non servono a niente! L'Europa ci ha messo nella merda, questa è la verità. Tutti questi migranti, credono di poter andare in Italia o in Francia. Ma nessuno li vuole, e li rimandano qui da noi! Adesso che qui non c'è lavoro,non ci sono soldi,non c’è niente! "
Lo "sceriffo" vorrebbe mettere su una milizia, con almeno 300 altri abitanti del villaggio che, come lui, dovrebbero avere il permesso di portare le armi in questa zona militarizzata: "Con noi, non ne passerebbe nemmeno uno" Ha detto che la gente ha paura di questi immigrati che "portano malattie", ma è così ovunque: "Marine Le Pen non ha vinto da voi?" Il barista comunque continua ad accogliere queste povere anime perdute sulla terrazza del caffè, vicino alla piccola stazione di Nea Vyssa dove il treno non passa quasi mai.
"Qui, sembra che i poliziotti siano più simpatici ..."
Quella mattina di aprile Nageb un giovane marocchino, è stato il primo a sedersi al bar. Ha attraversato a nuoto stanotte insieme a Chetroub.
Questo è il mio terzo tentativo – dice-. Ho provato a passare per l'Italia, ma hanno fermato la nostra barca, e poi ho prato per la Spagna, ma mi hanno bloccato a Ceuta [enclave spagnola in Marocco, ndr]. Questa mattina, abbiamo camminato quattro ore dopo essere usciti dal fiume. Avevo paura di essere ancora in Turchia, ma poi ho visto per terra una bottiglia d'acqua con un telefono greco. Ero così felice! Qui, sembra che la polizia sia più simpatica ... "
Benvenuti in Grecia! Lo "Sceriffo" continua a lamentarsi dell' "invasione", ma offre caffè caldo, calzini asciutti, una bottiglia d'acqua ai due marocchini. I suoi ospiti lo ringraziano prima di cominciare un dialogo surreale. Nageb chiede dove sta la polizia. Lo "sceriffo" lo rassicura: passerà un furgone a prenderli! Qui, tutti gli immigranti vogliono essere "registrati", anche se verranno mandati in quei centri di detenzione sovraffollati, le cui condizioni sono state denunciate a settembre dalle ONG di Human Rights Watch. Dopo le denunce due di questi centri sono stati "rinnovati", e li ingrandiranno. In attesa che finiscano i lavori, molti clandestini vengono registrati e rilasciati immediatamente e in più ricevono una medicina preziosa: la famosa "carta dei trenta giorni." Questo “laissez-passer” permette una tregua di un mese, prima di essere espulsi, ed è indispensabile per poter comprare un biglietto di autobus per Atene. Da lì, sperano di guadagnare clandestinamente la Francia, l’Italia, la Germania ... Qualsiasi paese va meglio della Grecia, dove la crisi imperversa.
Ossessionato dal fiume e dai suoi fantasmi
Quando chiude gli occhi, Prince sente sempre le grida dei tre compagni di sventura mentre la corrente li portava via. Ci hanno dato i remi ma nessuno sapeva remare. Abbiamo sbattuto contro un albero che galleggiava e tutti quelli che erano a bordo della barca hanno cominciato a ondeggiare e a gridare: "Aiutateci Aiutaci!" Non potevamo fare altro, nessuno sapeva nuotare. Poi abbiamo provato ad agganciarci ad un altro albero vicino alla riva. Io mi sono trovato con l’ acqua fino al collo. Ho afferrato un ramo che è andato a fondo. Ho creduto di annegare ... "
Anche Tamila è tormentata dal fiume. Ci mostra, ben ripiegata in una bustina di plastica, stampata su una carta rovinata, l’immagine sfocata di una ragazzina di nove anni, in T-shirt rosa, che sorride facendo vedere i denti . E’ la figlia Zeinabou, della qale ha solo questo ritratto:. "E’ un amico di famiglia, in Afghanistan, che me l’ha mandata per posta". In una camera d’albergo a Atene, dove è ospitato da un associazione, Tamila piange. Zeinabou andava bene a scuola, voleva diventare dottore e Tamila sognava un futuro luminoso per lei, in Europa, senza bombe e senza talebani.
Ma il 21 gennaio, sul fiume, le cose sono andate male. La barca si è capovolta, era buio, Tamila aveva in braccio il suo bambino più piccolo, Muhammad di quattro anni, nascosto in mezzo ai pannolini, per risparmiare 500 dollari dei soldi per il viaggio. Muhammad dorme vicino alla madre, rannicchiato, con i denti stretti. Quella terribile notte stava per morire di ipotermia.
"Se potessimo almeno trovare il corpo, sapremmo dove piangere il nostro dolore"
I soldati li hanno portati in ospedale. Tamila e suo marito sono stati arrestati e mandati al centro di detenzione. Tamila, in pieno delirio, ripeteva il nome di sua figlia, come una cantilena. Adesso si è convinta che Zeinabou è uscita dall'acqua con il nonno, anche se gli altri immigrati che erano sulla barca, dicono che tutti e due sono annegati ... Solo il fazzoletto della bambina è stato ritrovato sulla riva. "Se potessimo almeno trovare il corpo, sapremmo dove piangere il nostro dolore", ha detto Rashid, il padre. Ma il fiume è rimasto muto. E allora Tamila vuole mettere un avviso nei parchi di Atene dove promette una ricompensa per chi troverà la figlia. Sua figlia, di questo è sicura, si è salvata, o forse è stata rapita dai trafficanti. Sta da qualche parte e la sta aspettando ...
Siamo pieni di questi avvisi - dice Aggelikki Theodoropoulou, un avvocato del Consiglio Greco per i Rifugiati, una ONG che aiuta i migranti - ma abbiamo sempre così pochi indizi .............. Non siamo nemmeno sicuri di trovare le persone che sono in detenzione perché non sempre danno il loro nome. "
Anche i genitori di Idil, una ragazza somala di 22 anni, hanno provato quell'angoscia e quel dolore. La figlia voleva andare da suo cugino Ali, che vive in Belgio. Ha chiamato per l'ultima volta da Istanbul, la sera del 13 febbraio. Da quel momento non hanno avuto più notizie. E' Ali, che ha guidato le ricerche e che ha scoperto quello che era successo. Quella notte, Idil ha attraversato l’Evros, come hanno raccontato i suoi compagni di viaggio. Ma sfinita, per il peso dei tanti strati di vestiti che si era messa addosso, non riusciva più a muoversi. Appena a cominciato a camminare più piano, il trafficante l’ha percossa e lei si è accasciata sotto un albero.
Qualche giorno dopo, un contadino ha trovato il suo corpo senza vita nel bosco. L’hanno portata all'obitorio dove Pavlos Pavlivis, come al solito, ha riempito la sua piccola busta. Solo per il braccialetto di stoffa che portava al polso, la famiglia ha potuto identificarla. "Era incinta di sei mesi", ha detto Pavlos, mentre cancellava la parola "anonimo" scritta sulla cartella per scrivere il nome completo della giovane donna.
Sepolta in un terreno abbandonato, in mezzo al filo spinato ...
Idil ora riposa nel cimitero musulmano di Soufi. Un vero e proprio cimitero con le lapidi e i nomi. Suo cugino Ali ha fatto il viaggio dal Belgio per venire a seppellirla. Chissà se Idil si sarà conosciuta con "300561a", durante il loro lungo viaggio? Forse hanno viaggiato a un paio di giorni di distanza. Ma nessuno è andato a piangere la clandestina "300561a". Lei è stata sepolta in un altro cimitero, dove stanno i migranti senza nome morti nell’ Evros. Un terreno abbandonato all'ingresso del paese di Sidero, circondato da filo spinato, come lo sono i centri di detenzione della regione come il "muro" che costruiranno presto sul confine.
Sul terreno brullo, ogni cumulo di terra segna una tomba. Quella di "300561a" è una delle ultime ad essere stata scavata. Nessun segno di riconoscimento. Solo il mufti sa. Il Mufti ha disegnato una mappa del cimitero dove ha riportato tutti i "numeri di protocollo" dell’obitorio di Alessandropolis.
La maggior parte di questi migranti erano musulmani. Dovrebbe essere così perché erano circoncisi e perché hanno trovato delle preghiere scritte nei loro ciondoli. Ma c’è anche qualche cristiano nel cimitero. La cosa importante è che siano stati sepolti con dignità ".
Il vento soffia e solleva dei vortici di polvere rossa. Su una tomba, quella di una giordana, è poggiato un ramo, l’ha portato suo marito, che ha riconosciuto il corpo solo dopo qualche mese dalla sua morte, quando era già stata sepolta. Gli abitanti del villaggio ricordano ancora il giorno in cui è venuto a trovarla. Quel cimitero ha tanto pochi visitatori ...
"Di tutti questi corpi che nessuno riconosce, non sapevamo cosa fare - dice scusandosi il Mufti - In un primo momento li abbiamo sepolti nei nostri cimiteri. Ma la gente ha cominciato a protestare, aveva paura che tutti i morti venuti da fuori riempissero anche i loro posti. “
Come Pavlos Pavlivis nella sua camera mortuaria, come lo sceriffo nel suo bar sperduto, sospira tristemente.
Domani, l'Evros libererà ancora altri fantasmi.
Doan Bui
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