Aumentano i matrimoni “virtuali”

Adesso può baciare lo schermo

Internet rivoluziona il giorno più bello per antonomasia
16 dicembre 2013
Sarah Maslin Nir
Tradotto da Valentina Manca per PeaceLink
Fonte: The New York Times - 05 marzo 2013

Punam Chowdhury, presso l'Ufficio Qazi di New York, nel Queens, il mese scorso ha usato un servizio di video-chat per sposare Tanvir Ahmmed, il quale si trovava in Bangladesh.

Con un ricamato velo rosso che le avvolgeva i capelli corvini, Punam Chowdhury tratteneva il fiato mentre il suo fidanzato pronunciava le parole che li avrebbero resi marito e moglie. E così è stato, dopo che Punam ha pronunciato a sua volta la frase di rito. Gli invitati sono esplosi in un applauso mentre gli sposi si scambiavano timidi sorrisi.

Proprio in quell’istante, è andata via la connessione internet e il matrimonio è stato interrotto bruscamente.

Quello che dovrebbe essere il giorno più bello e intimo della vita di due persone, è stato celebrato in due parti opposte del mondo tramite il programma di video chat Skype, tra la cittadina americana Punam Chowdhury, che si trovava in una moschea a Jackson Heights nel Queens, e il suo neo marito Tanvir Ahmmed, nel soggiorno della sua casa in Bangladesh in compagnia dell’imam incaricato della cerimonia.

La loro relazione, come molte altre, è nata e si è sviluppata quasi solo in rete, ad esclusione dell’unico incontro fugace in cui hanno avuto occasione di vedersi di persona. Nell’era in cui la tecnologia invade ogni ambito della vita, le persone non solo trovano la propria metà su internet, ma pronunciano anche il fatidico “lo voglio” in videoconferenza.

Il matrimonio per procura, così viene chiamato questo tipo di celebrazione, consente ad una coppia di sposarsi anche in assenza di uno dei due sposi e le sue origini sono vecchie di secoli. Uno degli esempi più famosi fu quello tra Luigi XVI e Maria Antonietta che, inizialmente, venne celebrato in Austria, la patria di Maria Antonietta prima che questa raggiungesse Luigi XVI in Francia. Esistono, inoltre, alcune testimonianze di matrimoni per procura celebrati tramite telegrafo.

Negli Stati Uniti il matrimonio per procura è sempre stato una pratica poco frequente a cui facevano ricorso per lo più i soldati in missione in paesi lontani che, preoccupati di poter perdere la vita, desideravano tutelare i propri cari. Tuttavia, negli ultimi anni si è riscontrato un aumento tra le comunità di immigrati, i quali desiderano sposare i rispettivi compagni che si trovano in patria senza dover sostenere le spese di viaggio, inevitabili per un matrimonio convenzionale.

La convenienza di questa pratica ha fatto aumentare la già grande preoccupazione di eventuali truffe per ottenere la cittadinanza, nonché il pericolo che alcune donne possano cadere nella rete dei trafficanti.

Il fenomeno è talmente recente che alcuni addetti agli uffici immigrazione affermano di esserne stati i inconsapevoli e che, in genere, non prevedevano ulteriori controlli, rispetto a quelli già previsti, per verificare che non si trattasse di un espediente per assicurarsi la cittadinanza.

Persino coloro che celebrano o si occupano di tali cerimonie hanno espresso le loro riserve al riguardo.

Mohd A. Qayyoom, l’imam che gestisce il New York Qazi Office[1] a Jackson Heights e che a febbraio ha celebrato le nozze di Chowdhury, ha affermato di aver rifiutato alcune persone che volevano contrarre matrimonio con dei cugini nel Sud-est asiatico per poterli poi fare arrivare negli Stati Uniti.

Mazeda A. Uddin, attivista del Queens e spesso organizzatore di incontri, afferma di aver smesso di organizzare matrimoni per procura dopo essere stato testimone di alcuni casi di persone sposate e poi abbandonate da individui senza scrupoli, in cerca di un permesso di soggiorno e non dell’amore della vita.

“Uno dei motivi per i quali è preferibile che entrambi i futuri sposi si presentino personalmente di fronte al prete o ad un giudice è che, in tal modo, è più semplice capire se si tratta di una libera scelta,” afferma Adam Candeub, professore di diritto al Michigan State University College of Law, che ha realizzato degli studi sull’argomento. “Ci sono dei problemi nel consentire a chiunque di contrarre matrimonio in qualsiasi parte del globo senza alcuna regolamentazione”.

Tecnicamente, il matrimonio tra Chowdhury e Ahmmed si è tenuto in Bangladesh, dove è stato registrato, e non a New York dove la legge non lo consente; solo in pochi stati, infatti, è ammesso il matrimonio per procura e molti di questi lo permettono a condizione che uno dei due contraenti sia arruolato nelle forze armate. Tuttavia, gli Stati Uniti riconoscono i matrimoni stranieri fintanto che questi sono stati contratti legalmente e non siano contrari alla legge statunitense.

George Andrews, responsabile delle operazioni presso la Proxy Marriage Now, una società della Carolina del Nord che si occupa di questo tipo di matrimoni, afferma che grazie ai nuovi strumenti che la tecnologia ci offre, come Skype, questa pratica è in continua crescita. Nei suoi sette anni di attività, gli affari della società sono aumentati di un 12-15% su base annuale, con la celebrazione di circa 400/500 matrimoni all’anno; la percentuale di unioni che non coinvolgono militari è salita al 40%.

Secondo Andrews, alcune di queste coppie cercano di aggirare le leggi dei propri paesi d’origine, talvolta molto restrittive come quelle di Israele o altri paesi, in cui vengono riconosciuti i matrimoni tra persone di religione diversa ma non ne è consentita la celebrazione. Altre coppie che vivono in paesi differenti, invece, vedono nel matrimonio un modo per poter stare insieme, un primo passo verso un visto o il permesso di soggiorno per il proprio partner. Le coppie solitamente organizzano la cerimonia a El Salvador dove l’intero processo prevede meno burocrazia.

Tutte le persone che richiedono la cittadinanza per matrimonio devono prima avere un colloquio con i funzionari del Dipartimento di Sicurezza Nazionale o del Dipartimento di Stato americano, incaricati di debellare le frodi. I funzionari hanno affermato che se i coniugi avessero spiegato loro di essersi sposati a migliaia di chilometri di distanza tramite internet, con molta probabilità avrebbero fatto scattare un campanello d’allarme. E sebbene durante il colloquio vengano chiesti agli interessati dettagli sul loro matrimonio, non si indaga in maniera specifica per sapere se è stato celebrato per procura.

Archi Pyati, vice direttore del progetto Immigration Intervention Project [2] al Sanctuary for Families, un’organizzazione non governativa che aiuta le donne vittime di abusi, afferma che il centro ha riscontrato casi in cui il matrimonio per procura è stato utilizzato per aggirare la legge. Alcuni di questi vedevano coinvolte delle donne, principalmente dell’Africa occidentale, sposate per procura senza aver dato il proprio consenso o quando ancora erano bambine; in altri casi, invece, il matrimonio per procura veniva utilizzato per far entrare giovani donne nel territorio nazionale che poi venivano costrette a prostituirsi.

La pratica del matrimonio per procura è molto diffusa nei paesi islamici, dove il Corano è stato a lungo interpretato come esplicitamente favorevole.

“Dopo tutti questi progressi tecnologici e i numerosi sistemi di comunicazione, gli studiosi sono giunti alla conclusione che sia ammissibile” afferma Shamsi Ali, imam del Jamaica Muslim Center nel Queens.

“Skype sta rendendo tutto più semplice”, aggiunge. “Oggi abbiamo anche Google Hangout”.

Ma ci sono anche coloro che si oppongo a questa pratica per motivi di tradizione.

“È strano. Credo che il matrimonio segni l’inizio di una vita insieme, non separata. Penso che faccia perdere di vista il suo reale significato.” afferma Angela Troia, proprietaria del Wedding Company, un negozio che si occupa di partecipazioni e organizzazione di matrimoni a Manhasset, New York.

Ma per Punam Chowdhury (21 anni) e Tanvir Ahmmed (31 anni) la sorridente coppia che quel giorno fingeva di imboccarsi avvicinando allo schermo la forchetta con la torta nuziale, il loro matrimonio ha avuto la stessa solennità di qualunque altro. La sposa, inoltre, ha fatto notare che anche sua zia si era sposata in maniera analoga, molto prima dell’era di internet, col telefono.

Osservando dallo schermo del portatile, il marito annuiva: “questa è la mia legittima moglie” ha asserito e a quest’ultima parola Chowdhury ha lanciato un grido di gioia.



[1] Letteralmente: “ufficio del giudice islamico di New York” [N.d.T.]

[2] L’Immigration Intervention Project è un progetto che si occupa di fornire assistenza legale agli immigrati vittime di violenza domestica e di genere, che consente loro di formalizzare il loro status negli Stati Uniti. [N.d.T]

Tradotto da Valentina Manca per PeaceLink. Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l'autore della traduzione.
N.d.T.: Titolo originale: "You May Now Kiss the Computer Screen"

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