Rinascimento e Modernità, nella storia del Mediterraneo
La raccolta di saggi di più autori intitolata “Storia dei Mediterranei. Paesi, culture e scoperte dal Tardo Medioevo al 1870”, pubblicato dalle Edizioni di Storia e Studi Sociali (Ragusa, Sicilia; 2019), è il secondo voluminoso volume di una serie dedicata alla storia dellʼarea mediterranea e dei suoi popoli, questa volta allʼepoca dello sviluppo di una civiltà moderna, con introduzione dello storico Carlo Ruta e degli archeologi mediterranei Massimo Cultraro e Francesco Tiboni. La transizione dal Medioevo a quella che siamo soliti chiamare Modernità, e le complesse relazioni fra Europa e Vicino Oriente, vi sono pure esaminate. Un terzo volume, riguardante infine lʼetà contemporanea, è inoltre già in programma.
Cominciamo dalla genesi della Modernità stessa, nel saggio di Carlo Ruta “LʼEuropa e la rivoluzione della prima modernità tra scoperte geografiche e innovazioni tecnico-scientifiche”. Se il cosiddetto Rinascimento fu una riscoperta soprattutto della cultura Greco-Romana antica, è pur vero che questa fu lʼepoca della scoperta o esplorazione di nuovi orizzonti. Tempo e spazio sono le due dimensioni che si dilatano, nellʼambito della conoscenza collettiva. Specialmente la navigazione ebbe grande impulso, anche grazie a innovazioni tecniche quali la bussola, il timone o la vela latina, meglio orientabile secondo i venti. In particolare, questo aspetto verrà approfondito nel saggio di Francesco Tiboni, intitolato “Navi e barche al tempo delle Repubbliche Marinare. Appunti sul ruolo della cantieristica minore”.
Tuttavia, aggiunge Ruta, i viaggi prevalentemente per terra non vanno sottovalutati. I più famosi sono quelli asiatici dei fratelli mercanti veneziani Niccolò e Matteo Polo, e a maggior ragione di Marco, figlio del primo, che ci ha lasciato un resoconto scritto dettato più tardi a un suo compagno o visitatore in prigionia. Ovviamente stiamo parlando di “Il Milione”, redatto da Rustichello da Pisa già nel 1298 circa in lingua dʼoïl, veicolo letterario allora diffuso anche fuori della sua terra di origine. Quindi, fattori economici quali lʼintraprendenza mercantile, o tecnici quali la bussola e il timone, non dovrebbero essere nettamente scissi dallo spirito intellettuale, il quale informerà di sé il Rinascimento umanistico e artistico. In senso tanto letterale quanto metaforico, per così dire essi aprono la via verso lʼavvenire.
Questo graduale Rinascimento fu fenomeno esclusivamente europeo? In un raggio sempre mediterraneo, Ruta rammenta come una fase di incubazione si ebbe nel mondo di tradizione araba, con la traduzione in quella lingua di alcuni classici del pensiero greco filosofico e scientifico, con lo sviluppo conseguente di una filosofia locale quale quella dellʼandaluso islamico Ibn Rushd/Averroè o dellʼebreo pure andaluso Mōsheh ben Maymōn/Maimonide. Traduzioni latine seguiranno, fecondando il terreno culturale da cui germoglierà una nuova visione del mondo, non più tanto il mondo arabo o quello europeo, quanto quello onnicomprensivo e comparativo della modernità, sia esso inteso in senso terrestre o di una dimensione cosmica.
Sul complesso e non di rado conflittuale rapporto fra Europa e “mondo” musulmano, è incentrato il saggio dellʼeminente medievalista Franco Cardini “Cristianità e Islam fra Lepanto e Vienna (1571-1683)”. Nel frattempo, allʼegemonia del califfato arabo era subentrato il dominio turco, in forte espansione marittima e territoriale. Lʼacquisizione e incremento di tecniche moderne da parte di questʼimpero era tuttavia piuttosto formale, che sostanziale, e intanto il centro potenziale storico si era andato spostando dal Mar Mediterraneo allʼOceano Atlantico, dopo la scoperta di fatto e la colonizzazione europea del “Nuovo Mondo”, ovvero le Americhe. Se la celebrata vittoria navale europea di Lepanto non determinò la decadenza della potenza ottomana, rimarca Cardini, essa in effetti inizierà dopo la sconfitta sotto le mura di Vienna, che aveva spinto la minaccia di unʼinvasione fino nellʼEuropa centrale.
Una intrigante riflessione meta-storica è quella di Massimo Cultraro, in “Alla ricerca del Labirinto: umanisti, viaggiatori ed antiquari a Creta tra Medioevo e Rinascimento”. Il titolo del capitoletto “Storia di Labirinti e di Atlantidi” indica specificamente come i miti che accompagnarono il passaggio dal Medioevo alla modernità poterono essere più dʼuno, e di diverso tenore. Il presunto Labirinto che erroneamente visitavano i viaggiatori tardo-medievali e rinascimentali era un dedalo sotterraneo, fatto di grotte, antiche cave come si sarebbe scoperto in seguito. Ma esso era pur sempre associato o associabile allʼidea di unʼisola proiettata nella distanza spaziale o temporale: in questo caso reale, Creta; in altri, quella favolosa e inabissata di Atlantide, quale anticamente narrata da Platone nel “Timeo”. Il pellegrinaggio medievale, anzitutto interiore, si andava trasfigurando e mutando nel viaggio esteriore di esplorazione e scoperta, pur mantenendo caratteri allegorici, come sarà lʼisola di Utopia nel romanzo omonimo dellʼinglese Tommaso Moro.
Fra i numerosi altri saggi, piace qui concludere con un cenno a “Lo scalo portuale di Santa Severa dallʼetà feudale al XVIII secolo, dellʼarcheologo Flavio Enei. In particolare, al singolare episodio relativo a Hasekura Tsunenaga, uno dei primi ambasciatori giapponesi nei paesi occidentali, quando un lungo periodo di isolazionismo del Giappone era imminente ma ancora di là da venire. Una volta egli infatti fu ospite nel Castello di Santa Severa, sulla costa dellʼalto Lazio, dove fece tappa con i suoi accompagnatori. Sbarcato al porto di Civitavecchia nel 1615, lʼex samurai e poi grande viaggiatore era probabilmente in cammino lungo la Via Aurelia, per recarsi a visitare Papa Paolo V. A Roma, Hasekura non solo fu accolto con onore, ma anche ritratto con la sua nave sullo sfondo dal pittore francese Claude Deruet. Il dipinto è conservato nella romana Galleria Borghese. Evidentemente i navigatori, e in qualche modo esploratori, non furono tutti e solamente occidentali.
Pino Blasone
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