Taranto, la città in Italia dove muoiono e si ammalano più adulti e bambini
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Taranto, la città in Italia dove muoiono e si ammalano più adulti e bambini a causa del più grande impianto siderurgico d'Europa
Lavorare o vivere in questa città della Puglia è sinonimo di ammalarsi. La presenza della più grande industria siderurgica in Europa da oltre mezzo secolo provoca danni all'ambiente e alle persone. Il governo italiano di Giuseppe Conte è chiamato a trovare una soluzione per il futuro di oltre 10.000 lavoratori. Una vera "bomba sociale".
Nella città di Taranto - nella regione Puglia, il tallone d'Italia - lavorare e ammalarsi sono sinonimi. Non fa alcuna differenza essere un disoccupato, o semplicemente abitare lì vicino, a favore di una maggiore aspettativa di vita. La ragione? Lì si trova la più grande industria siderurgica in Europa. E vi lavorano quasi 11.000 lavoratori.
Ultimamente, la fabbrica conosciuta giornalisticamente come ILVA, è diventata un vero e proprio rompi capo per l'attuale governo italiano, come lo è stata in passato per le altre classi dirigenti nel paese. Da un lato, non è redditizia. Dall'altro, la cancellazione di migliaia di posti di lavoro affonderebbe questa zona dell'Italia meridionale. Nel frattempo, con o senza licenziamenti, la fabbrica aumenta il rischio di morte e malattie intorno ad essa, sia per gli adulti che per i bambini. Qualunque cosa accada, citando la stessa stampa locale, l'acciaieria di Taranto è una autentica "bomba sociale".
Uomini, donne, adolescenti, bambini: vivere a Taranto significa aumentare il rischio di ammalarsi. Come riportato, ad esempio, dal quotidiano italiano La Repubblica, esiste un "eccesso di mortalità per tumore ai polmoni, mesotelioma pleurico e malattie respiratorie". Tra il 2002 e il 2015, ad esempio, sono stati registrati 600 casi di bambini con malformazioni congenite, al di sopra della media in Italia.
Taranto è il luogo con più casi di tumore correlati al lavoro in Italia. Sulla base dei dati offerti dall'Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul lavoro (INAIL), nel 2018 ci sono stati 164 casi nella città pugliese di Taranto, rispetto ai 107 di Napoli o ai 104 di Milano. Nelle immediate vicinanze dell'acciaieria, l'incidenza di tumori dovuti all'amianto è superiore del 500% per coloro che lavorano o vivono vicino all'ILVA.
"Per questo governo, la questione ILVA ha la massima priorità", ha recentemente dichiarato il Primo Ministro Giuseppe Conte. E aggiunge: "Faremo del nostro meglio per proteggere gli investimenti produttivi, i livelli di occupazione e il piano ambientale". Il nocciolo del problema è che per l'azienda oggi responsabile dello stabilimento produttivo, la multinazionale ArcelorMittal, l'ILVA di Taranto non è redditizia, poiché comporta perdite di 2 milioni di euro al giorno.
Il nocciolo della questione, che rende il "caso ILVA" una telenovela industriale, riguarda la questione ambientale. Nel 2015 il governo italiano ha approvato il cosiddetto scudo penale, una protezione legale per esentare qualsiasi società proprietaria dell'ILVA dal dover rispondere alla giustizia per gli errori e gli abusi delle precedenti gestioni contro l'ambiente.
I problemi sono arrivati quest'anno, due anni dopo l'assegnazione della gara ad ArcelorMittal, quando il Movimento a 5 stelle (M5E) ha chiesto la sua abrogazione perché, secondo loro, era un trattamento favorevole alla multinazionale dell'acciaio. Questa regola, tuttavia, è stata approvata ancora prima che fosse indetta una gara pubblica, quando era ancora in amministrazione pubblica straordinaria.
La società di proprietà dell'indiano Lakshmi Mittal assicura, pertanto, che l'origine del problema sia incentrato su "una situazione di incertezza giuridica e operativa" che gli impedisce di "gestire pienamente" l'ILVA. Per questo motivo, alcune settimane fa, ArcelorMittal ha rescisso l'accordo con lo Stato italiano che prevedeva l'affitto con l'opzione di acquisto delle attività produttive dello stabilimento. Tenendo conto del fatto che l'ILVA rappresenta l'1,4% del PIL italiano, si è passati immediatamente a discutere della possibilità di nazionalizzare l'ILVA. Opzione che, almeno per il momento, continua ad essere scartata.
Il "caso ILVA" è diventato un caso politico nel paese a forma di stivale. Fino a pochi giorni fa, si pensava che l'attuale secondo governo di Giuseppe Conte sarebbe caduto a causa della debole gestione politica della crisi siderurgica. Certamente, tutta la politica italiana si è pronunciata rispetto a ciò che doveva essere fatto, sia la maggioranza del governo che l'opposizione. Ma Giuseppe Conte - di nuovo primo ministro grazie alla recente coalizione tra il Movimento a 5 stelle (M5E) e il Partito socialista democratico (PD) - ha voluto mostrare vicinanza ai cittadini di Taranto e, soprattutto, ai lavoratori dell'ILVA.
Il problema è che la situazione, per il momento, è molto lunga e difficile da risolvere, tanto che il Premier Conte, mettendoci la faccia in situ con le persone colpite, ha dovuto confessare onestamente: "Non ho la soluzione in tasca", ha detto il capo del Governo italiano tra la folla presente davanti all'ingresso dell'ILVA di Taranto. In una lettera aperta sul quotidiano La Repubblica, Conte ha invitato i suoi ministri a "contribuire presentando idee per Taranto".
Molti analisti e persone comuni nella città pugliese hanno avuto opinioni contrastanti sull'atteggiamento del premier. Da un lato, è un gesto apprezzabile che, tenendo conto della sua posizione, si sia recato nella stessa ILVA di persona per parlare con gli operai della situazione, che è già più di quanto sia stato fatto finora. D'altro canto, tuttavia, molti si sono lamentati del fatto che, proprio perchè si trattava del presidente del Governo, sia andato fino a Taranto per poi non riuscire ad offrire alcuna soluzione sul campo.
Se l'ILVA dovesse chiudere, i 5,6 milioni di tonnellate di acciaio all'anno che lo stabilimento produce a piena capacità verrebbero 'gettati in mare', per un totale di 2.200 milioni di euro all'anno. Inoltre, dobbiamo aggiungere gli investimenti previsti da ArcelorMittal per un totale di 4.100 milioni di euro: 1.100 milioni di investimenti ambientali, 1.200 milioni di investimenti industriali e 1.800 per l'acquisto stesso della società ILVA. E, soprattutto, si rischierebbe il licenziamento di quasi 11.000 lavoratori. Non a caso, secondo il calcolo nazionale italiano, ILVA rappresenta l'1,4% del suo prodotto interno lordo.
L'ILVA di Taranto è nata nel 1960, su iniziativa dello Stato italiano in un'area di oltre 15 milioni di metri quadrati. Negli anni 80 subirà una grave crisi che verrà risolta nel 1995, quando fu acquisita dal noto gruppo siderurgico italiano Riva. Ci sono state alcune controversie sulla sua privatizzazione a causa dei suoi costi, poiché lo Stato italiano ha venduto ILVA per 2.500 milioni di euro quando il valore totale ammontava a 4.000 milioni. Con la gestione di Riva, iniziarono ad emergere i primi problemi di contaminazione che causarono un aumento delle morti per tumore nell'area.
Nel 2012, la giustizia italiana ha ordinato il sequestro dell'acciaieria per crimini ambientali. Nello stesso anno il governo Monti decretò la ripresa dela produzione. Dopo la partenza di Riva, segnata tra l'altro dalle sue responsabilità penali in materia ambientale, l'ILVA è passata a una amministrazione pubblica straordinaria in attesa di una gara, che arriverà nel 2016 e l'anno successivo è stata concessa ad ArcelorMittal, la multinazionale dell'acciaio più importante del mondo.
Traduzione a cura di Beatrice Ruscio per Peacelink
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