Coop e no-global, battaglia sulle etichette
ASSIEME hanno convinto un colosso come la Del Monte a trattare meglio i lavoratori della multinazionale nelle piantagioni di ananas del Kenya, con una campagna che è finita nei manuali del boicottaggio «no global».
Oggi però è scontro tra Coop ed il Centro nuovo modello di sviluppo, punta di diamante del movimento anti globalizzazione nel settore del consumo critico. Motivo: la centrale acquisti Coop Italia (che rifornisce tutte le 9 Coop territoriali d'Italia, da quello più grandi come Unicoop Firenze ed Emilia Romagna fino a quello più piccole come del nordest) ha deciso di non indicare, nelle confezioni a marchio Coop, le aziende che forniscono i prodotti.
«Vogliamo i nomi» dice Francuccio Gesualdi del Centro. Che vuole sapere chi c'è dietro i prodotti Coop (anche se questa è la prima azienda a d avere il marchio Sa8000, ossia rispetta tutti i parametri "etici" di questa certificazione) perché chi si occupa di «consumo critico» ha l'esigenza di conoscere tutta la filiera, tutti i passaggi del prodotto, per poterne giudicare l'eticità. «Nel 2002 sulla confezione di ogni prodotto Coop era riportato il nome della ditta che lo aveva fabbricato, indicando nome, cognome e indirizzo.
Oggi invece è indicato soltanto l'indirizzo, senza il nome del produttore: un grave passo indietro, si riduce la trasparenza, si tolgono al consumatore gli strumenti di scelta e lo si mette a rischio di complicità con imprese che ritiene negative» spiegano dal Centro, che ha chiesto di scrivere messaggi all'azienda.
«Non c'era intenzione di diminuire la trasparenza, la scelta d non inserire il nome del produttore voleva essere una piena assunzione di responsabilità verso i consumatori: era la Coop a garantire, chiedendo alle aziende terze di rispettare le regole indicate dallo stesso Centro» spiega Riccardo Bagni di Coop Italia, che ha affrontato la questione ieri in una riunione nazionale a Bologna. Ma senza i nomi non si dà la possibilità ai consumatori di evitare di comprare prodotti realizzati da una multinazionale.
«I produttori si possono conoscere attraverso il numero verde ed il sito internet» ribatte Bagni. Ma il tema ha toccato la sensibilità degli stessi soci, con cui Coop Italia ha avviato una consultazione: favorevoli a rimettere il nome dell'azienda quelli dell'Unicoop Firenze (che peraltro si confronta spesso con i gruppi di consumo critico), indicazioni simili stanno arrivando dal resto d'Italia. «Personalmente, credo che rimetteremo il nome delle aziende produttrici» anticipa Bagni.
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