Recensione

Sinistra smarrita cercasi

Presentazione del libro di Marco Revelli, Sinistra e destra. L'identità smarrita.
12 marzo 2008
Fonte: (dal mensile torinese il foglio n. 350, www.ilfoglio.info)

Libri
SINISTRA SMARRITA CERCASI

Marco Revelli, Sinistra e destra. L’identità smarrita, Ed. Laterza 2007, pp. 272, € 15,00

Nella vivace Scuola per l’alternativa, di Torino (www.scuolaperalternativa.it), Paul Ginsborg ha presentato, il 18 febbraio, questo libro di Revelli, interpellando insieme al pubblico l’autore.
Oggi sembra smarrita la distinzione tra queste due posizioni, che descrivono le grandi scelte politiche nel mondo moderno, dal 1789: uguaglianza o gerarchia, autonomia o eteronomia, razionalità o irrazionalità, orizzontale o verticale. Oggi la sinistra cosiddetta radicale non coglie più queste alternative, e la sinistra istituzionale sembra non volere coglierle. Si perdono le tipiche categorie di sinistra dello spazio e del tempo.
Lo spazio del Parlamento, conquista dell’Ottocento, appare svuotato: Paolo Cacciari definisce «umiliante» la sua recente esperienza parlamentare, un meccanismo prestabilito dove il singolo ha solo da premere il pulsante del voto. Lo spazio dei partiti si è fatto perverso: si ritirano dalla società, e questa si ritira dai partiti. Anche nella Sinistra Arcobaleno i quattro segretari da soli decidono le candidature.
Il tempo lineare e progressivo nella concezione della sinistra si è conformato al tempo acceleratissimo, compresso, riempito e così divenuto indisponibile per la politica: non c’è tempo! Così, mancano i soggetti politici e le soluzioni. Nella Introduzione al libro, Revelli indica alcuni “meta-valori”, o principi costitutivi del politico, per ricostruire la sinistra, ed anzi la politica stessa che è venuta a mancare.
Ma, nella sinistra – conclude Ginsborg – c’è un grave problema di comportamenti: litigi personali, individualismi e ambizioni, narcisismo a iosa, assenza di cultura dell’unità. Tanti tentativi falliscono a causa di questi mali. Gandhi ha molto da insegnare alla sinistra. Le chiese dovrebbero fare di più su questo piano morale.
Revelli avverte che il suo libro è impegnativo: è un compendio di 25 anni di lavoro, in buona parte entro il seminario “Etica e politica” che Bobbio guidava nel Centro Gobetti. Registra un fallimento, lo smarrimento dell’identità di sinistra. Questa polarità destra-sinistra dà ordine alla politica, come il denaro, strumento di scambio, lo dà all’economia. Siamo caduti in un contesto non più politico. Quelle due identità sono relative, spaziali, non sostantive: dipende da chi si colloca a destra o a sinistra dell’altro.
Il libretto di Bobbio, Destra e sinistra (più edizioni dal 1994, 300.000 copie, tradotto in 19 lingue), contro la delegittimazione di questa distinzione, poneva come criterio il principio di uguaglianza: chi sottolinea ciò che accomuna è di sinistra, chi evidenzia ciò che differenzia è di destra. Dopo la metà degli anni ’90 cambia il dibattito: anche da sinistra si nega quella distinzione.
Soprattutto cade in dubbio il tempo direzionale, che era costitutivo della sinistra, cioè la storia come movimento. Alla fine del 900 il tempo ritorna ciclico, ripetitivo.
Anche la crisi dello spazio liquefa la differenza destra-sinistra. Lo spazio di questa differenza era lo stato-nazione, nei suoi confini territoriali certi; era lo spazio pubblico, prodotto con mezzi pubblici, dove i poteri pubblici prevalevano sui poteri privati; uno spazio dove tutti i punti sono sotto la stessa legge. Questo spazio era “rappresentato” nello spazio parlamentare, nel quale appunto si definivano destra e sinistra, stabilità e movimento.
Il nuovo spazio della globalizzazione è prodotto con mezzi privati, che sono i media di massa, i gestori dei flussi (finanza, droga, informazioni, merci, ...). Questo spazio non ha più confini, tutto in esso si sovrappone; le comunicazioni alla velocità della luce portano in ogni punto dello spazio le diverse fonti di potere.
Questa è la crisi della politica, non solo della distinzione destra-sinistra. È stata la sinistra, nella Rivoluzione Francese, che ha creato lo spazio politico: prima era tutto destra, gerarchia. Oggi la sinistra imita questa destra; l’aspetto più del progetto, lo scenario più del contenuto. È la fine della politica, cade l’idea moderna di politica.
Revelli però indica quattro meta-valori, per ricostruire la sinistra e la politica:
1) l’alternativa tra violenza e nonviolenza; stabilire il tabù della violenza, la quale oggi comporta la fine dell’umanità;
2) il principio di inclusione contro il principio di esclusione (Carl Scmitt che fonda la politica nella categoria amico-nemico), cioè la reciprocità, il punto di vista dell’Altro (l’Uomo Planetario di Ernesto Balducci);
3) il principio di prudenza, o di responsabilità (Hans Jonas: «Agisci in modo che gli effetti della tua azione siano compatibili con la permanenza di una vita autenticamente umana sulla terra»), contro il principio di efficienza immediata, decisionista, produttivista;
4) il senso del limite contro la volontà di potenza.
Questi sono valori di sinistra, ma dovrebbero essere comuni, per potere contrapporsi nella dialettica politica, senza danno generale.
* * *
I due relatori hanno poi risposto a diversi interventi.
Ginsborg – Quello dei comportamenti personali nella sinistra è terreno importante e difficile. La sinistra si autodistrugge quando porta interessi partitici, se non addirittura economici. Stuart Mill chiedeva ai cittadini: umiltà, scetticismo, immaginazione. Occorre, sì, generosità, ma non si tratta solo di questione morale: occorre una teorizzazione del comportamento politico di sinistra.
Nella sinistra la violenza non è stata solo contraddizione tra fine giusto e mezzi ingiusti, ma anche gratuita, e molta, e giustificata, nella sinistra storica: pensiamo alla collettivizzazione forzata della terra, alle purghe staliniane. Questa era la sinistra storica nel 900.
Revelli – In risposta ad un intervento che, citando Bobbio (nota 1), ipotizza una differenza tra destra e sinistra non soltanto relativa alla posizione nello spazio politico, ma antropologica, dice: credo di sì; la distinzione è profonda nella storia della nostra specie in termini simbolici e di valore; abbiamo reazioni istintive diverse di fronte allo scandalo delle disuguaglianze, di fronte ai naufragi di immigrati nel canale di Otranto; ma il problema non è questo, è se chi soffre lo scandalo si aggrega per cambiare le cose, se si fa soggetto politico oppure no.
Oggi il problema non è tanto che un pezzo maggioritario di sinistra si concilia con la destra, ma è il vuoto a sinistra, la mancanza di soggetti a sinistra, nel mondo.
A chi propone l’aggiunta di altre alternative (competizione-collaborazione; velocismo-lentezza) a quei meta-valori, Revelli risponde riconducendo la lentezza al senso del limite e alla prudenza, e la collaborazione alla reciprocità. L’arte politica è far coesistere i diversi, non è mettere insieme i simili e fuori i dissimili, perciò lo stato-nazione deve cedere il posto all’Uomo Planetario.
Alla mia osservazione che la violenza è contraddizione a sinistra, quando persegue fini giusti con mezzi ingiusti, e coerenza a destra, quando conserva le disuguaglianze (violenza strutturale) con mezzi violenti, Revelli risponde che purtroppo la violenza a sinistra è stata sentita e teorizzata come fattore di mutamento, di accelerazione del tempo; è la razionalità, come caratteristica della sinistra, che dovrebbe portarla a superare la violenza.
Di fronte all’attuale grave crisi del politico, Revelli propone una resistenza culturale: ragionare insieme, in luoghi collettivi, coltivare la «passioni dolci» più degli interessi.

Enrico Peyretti, 19 febbraio 2008

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Nota 1 - «La differenza [fra sinistra e destra] è fra chi prova un senso di sofferenza di fronte alle disuguaglianze e chi invece non lo prova e ritiene, in sostanza, che al contrario esse producano benessere e quindi debbano essere sostenute. In questa contrapposizione vedo il nucleo fondamentale di ciò che è sinistra e di ciò che è destra» (Norberto Bobbio, in N. Bobbio, G. Bosetti, G. Vattimo, La sinistra nell’era del karaoke, I libri di Reset, Donzelli 1994, p. 51). Nello stesso libretto, a p. 47, Bobbio conclude un suo intervento così: «Sarei tentato di dire che la distinzione va al di là delle semplici idee politiche, è un elemento quasi antropologico».

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