Il sostanziale fallimento delle crociate
Dei tre scopi, dichiarati o inconsci, che i promotori delle Crociate e i crociati stessi si proponevano, non ne fu raggiunto neppure uno.
Il fine primo ed essenziale era la conquista dei Luoghi Santi, di Gerusalemme. Tale conquista non solo durò meno d’un secolo, ma rinfocolò passioni religiose che per molto tempo rimisero in causa la vera tradizione del pellegrinaggio. Di fronte alla conquista latina, i Turchi ritrovarono il fanatismo musulmano della gihàd, la guerra santa.
E non basta. La crociata provocò in Occidente e lungo tutta la strada percorsa dai crociati l’insorgere di un antisemitismo virulento e genocida che contribuí a porre fine alla tolleranza di cui fin allora i cristiani avevano generalmente dato prova nei confronti degli Ebrei. Infine i Latini scoprirono con sorpresa scandalizzata l’importanza delle comunità cristiane non cattoliche di Siria e Palestina. Le comunità cristiane greche, armene o siriache furono ben presto oggetto di persecuzione da parte dei Latini, a cominciare da Boemondo d’Antiochia [Boemondo d’Altavilla, principe d’Antiochia dal 1098 al 1111]; non furono incoraggiate a dare man forte ai Latini per resistere alle riconquiste musulmane e conservarono nei riguardi dei cattolici durevoli rancori.
Secondo scopo era venire in aiuto dei Bizantini, anche indirettamente. Invece ciascuna delle tre prime Crociate acuí l’ostilità fra Greci e Latini al punto che la quarta doveva concludersi con la sanguinosa presa di Costantinopoli ad opera degli occidentali.
Terzo scopo era unire la Cristianità contro gli infedeli, purgarla dei suoi peccati e dei suoi peccatori con la grande penitenza del «passaggio oltre mare». Anche qui, nella promiscuità delle spedizioni comuni, le rivalità non fecero che inasprirsi. Rivalità personali fra i capi dei crociati, rivalità nazionali tra Tedeschi e Francesi, Inglesi e Francesi. Rivalità sociali fra ecclesiastici e laici, che eliminavano dall’esercizio del potere il clero, in uno stato sorto in seguito all’appello della Chiesa e per la restaurazione di una Gerusalemme cristiana; fra cavalieri e poveri, questi ultimi votati al massacro, esclusi dalla divisione del bottino, ispiranti ai baroni un’esasperazione che quelli portavano con sé in Occidente, mentre i disgraziati tornati sani e salvi dalla Terra Santa ne riportavano un odio piú forte che mai contro i potenti e i ricchi. Infine, rivalità fra i crociati occidentali, nuovi venuti, e i Latini orientalizzati, i «poulains» [discendenti da unioni fra cristiani occidentali e donne cristiane siriache e armene]. [...]
Accanto alle illusioni dei crociati dobbiamo mettere quelle degli storici occidentali moderni. Per la maggioranza di loro le Crociate ebbero un’influenza considerevole e, tutto sommato, benefica, sullo sviluppo dell’Occidente, nel campo culturale come in quello economico.
La prima illusione riguarda le conseguenze culturali delle Crociate. Senza dubbio i rapporti fra cristiani e musulmani in Terra Santa portarono in molti casi a un’acclimatazione, a un’acculturazione che fece la meraviglia degli uni e lo scandalizzato stupore degli altri. [...]
Tuttavia, se nella vita quotidiana v’è adattamento reciproco, le due comunità conservano le loro tradizioni, la loro mentalità, il loro comportamento. Gli scambi culturali sono quasi inesistenti. I Latini, ancora barbari, hanno poco da dare ai musulmani; in compenso, fieri delle loro abitudini, attenti a non lasciarsi corrompere, portano con sé in Terra Santa un pezzetto d’Occidente. Le istituzioni del regno latino di Gerusalemme e dei principati cristiani sono quelle del feudalesimo occidentale. [...]
I vantaggi culturali che l’Occidente desume dai suoi contatti con l’Oriente nel secolo XI e nel XII non vengono da quel fronte di combattimenti sterili e di comunità chiuse in se stesse che è stata la Terra Santa latina. La scienza greco-araba, le tecniche orientali, tutto ciò viene da fronti di contatto piú profondi, dalla Spagna dove la fusione islamico-cristiana prevale sui conflitti della Reconquista, dalla Sicilia, luogo d’incontro di civiltà diverse, da Bisanzio e, in Oriente e nel Magreb, da scambi pacifici che continuano al di fuori della zona degli scontri militari.
Per quanto riguarda l’aspetto economico, è certamente illusione quella degli storici convinti che l’Occidente, in ogni caso l’Occidente mercantile – cioè soprattutto le città italiane – si sia arricchito con le Crociate e in Terra Santa. La Siria e la Palestina non sono piú il punto d’arrivo di strade commerciali importanti, perché la conquista turca ha disorganizzato le vie carovaniere terminanti in Terra Santa. A Bisanzio, ad Alessandria, nel Magreb i mercanti cristiani del tempo delle Crociate fanno i migliori affari. È vero che Genova, Pisa, Venezia, dapprincipio dubbiose e ostili nei confronti di operazioni militari che turbavano piú di quanto non favorissero la loro nascente attività commerciale, alla fine hanno tratto partito dalle occasioni di arricchirsi offerte loro dalla crociata. Ma piú che dal commercio che svolgono nei loro quartieri delle città latine di Palestina, e che consiste soltanto in scambi a livello locale o di raggio assai ristretto, esse guadagnano sui crociati stessi, ai quali forniscono navi, vettovaglie, i prestiti in denaro di cui hanno bisogno. Se le Crociate hanno arricchito l’Occidente, l’hanno fatto a spese dei crociati.
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