Pier Cesare Bori

Vita, studi, morte di un sapiente
8 novembre 2012


Pier Cesare Bori

Ricevo, lunedì 5 novembre, la notizia della morte di Pier - prevedibile a breve, ma è sempre troppo presto - mentre vedo le Alpi già tutte bianche, splendenti in un sole lucidato dal vento. Immagine dell'immensità.
Un'sms di Elena: "Pier è nella pace". Ora, invisibile, rimane con noi, amico vibratile di sentimenti fini e grandi, di ricerca inesausta e sofferta, di cammino senza posa, di sete e passione di ciò che è più vero e puro.
Scriveva agli amici nell'ultima sua mail, del 24 ottobre:
«Eccomi! Mi commuove sentire la sollecitudine di tanti cari, vecchi amici, per la mia salute. Devo affrontare una recidiva del mesotelioma (tumore causato dall'amianto respirato in gioventù), provando con una seconda chemioterapia, il cui esito non è affatto certo. Questa chemio - oppure la malattia in sé - comporta vari malesseri e disagi fra cui un grande gonfiore del ventre. Quando ho saputo della recidiva, da cui non si guarisce, anche se si può provare a curare, ho scritto un testo autobiografico, che ho chiamato CV, curriculum vitae, con ironia.  Se qualcuno di voi non ce l'ha e lo vuole, gli mando un  PDF. Uscirà presto da Il Mulino, e ci sarà anche un DVD, con molte mie foto. In tutto c'è molto "io" e "mio", ma affidati e come dissolti in una quantità di rapporti e di amicizie. 
Non mi mancano le risorse spirituali per affrontare queste difficoltà: la semplice preghiera di invocazione, la meditazione che ti aiuta a sorridere delle cose che passano. Ma ci sono e ci saranno momenti di angoscia e o di paura o di dolore fisico in cui è difficile attingere a quelle risorse, mentre vorrei vivere al meglio anche quei momenti. Forse qualcuno di voi ha dei suggerimenti da darmi... Comunque, forza a noi tutti!  Un saluto caro a tutti, Pier Cesare».
Tengo in cuore l'immagine del 14 settembre, quando passai a casa sua: Elena preparava le pizze per tutti, Pier coi suoi compagni di lavoro e allievi in cerchio - c'ero anch'io sulla porta - consegnava, in qualche modo, l'eredità della sua vita, illustrando il suo CV in bozze. Non lo perdiamo, noi suoi amici. I morti cari li abbiamo così vicini che non si vedono.
Altri ricostruirà il suo cammino di studioso, ricercatore accurato sul piano storico e filologico, e mostrerà l'ampiezza dei suoi interessi religiosi, morali, nonviolenti. Bastino qui pochi cenni: la chiesa delle origini e la patristica, la storia dell'interpretazione biblica, il consenso etico tra le culture, la pluralità delle vie, i diritti umani, l'opposizione alla pena di morte, la spiritualità americana, cinese, giapponese (viaggiò e insegnò in questi continenti), la Bibbia, il movimento dei quaccheri (al quale appartenne senza rinnegare il cattolicesimo; diceva che quella dei quaccheri era «l'unica forma decente», o la più decente, di cristianesimo), il dialogo con l'islam, la pratica buddhista, Pico della Mirandola, Freud, Tolstoj, Gandhi, Simone Weil, Schweitzer… Guardando la sua bibliografia si vedrà quante finestre ha aperto a chi era in contatto con lui.
Insegnava filosofia morale (diceva: «Faccio scuola elementare universitaria», e qualche accademico credeva che fosse poco) soltanto leggendo e analizzando i testi da tutte le sapienze umane, di ogni tempo, il più possibile nelle lingue originali, che imparava. E faceva scuola in carcere, con lo stesso metodo che in università (vedi Lampada a se stessi), soprattutto con gli immigrati, i quali spesso scoprivano grazie a lui la dignità della cultura e della spiritualità dei propri popoli, e lo ricambiavano di amicizia e fiducia totale.
Pier Cesare è morto per l'amianto respirato da ragazzo nell'aria di Casale Monferrato, dove abitava allora, e poi non più. Dopo più di mezzo secolo, il mesotelioma nel giro di due anni gli ha tolto il respiro. È l'ennesima vittima di quel delitto industriale già condannato dal tribunale di Torino, ma ancora operante. E il picco della malattia dei contaminati arriverà nel 2020. Operato l'anno scorso, con l'asportazione di un polmone, ha avuto una recidiva alcuni mesi fa, non guaribile, come lui sapeva bene.
Sabato pomeriggio Renata e Rino erano da lui. Mi scrive Rino: «Pier ha avuto momenti di sofferenza molto lenita e di bella vigilanza. Ad un certo momento, eravamo tutti piuttosto sereni, abbiamo trovato al hospice una Bibbia e mi ha detto di leggere la prima lettera di Giovanni. Dopo che sono arrivato a leggere 2,9-11 mi ha detto di fermarmi. "Di' qualcosa”, ha aggiunto. Giro l'invito a tutti noi, per suggerimento di Renata».
Copio questi versetti. Ognuno può vedere la parte precedente:
«Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non v'è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi» (1Gv 2,9-11).
Per me, Pier è l'amico che ho sentito più prossimo come cammino e ricerca, fin dalla giovinezza, quando, a Roma, ventenni, lavoravamo insieme nella Fuci. Abbiamo continuato a parlarci, io ad imparare. Alla nostra età si parte alla spicciolata, ma non ci si perde. Pier amava un altro versetto del vangelo di Giovanni, caro ai quaccheri: «Era la luce vera, che illumina ogni uomo che viene nel mondo» (1,9).

 

Un sapiente morire

Il funerale di Pier Cesare, oggi, 7 novembre, è stato poco funebre, e piuttosto un grato saluto corale, tenendo noi in cuore, con mite letizia, la memoria di ciò che ci ha dato.
Senza alcun segno religioso, è stato un incontro profondamente religioso, se questa parola, anziché confessionale, rituale, sacrale, vuol dire intimo, spirituale, se significa la ricerca di quel bene che chiama e unisce gli spiriti nella pluralità delle vie.
È stato un sapiente morire, quello di Pier Cesare: per nulla facile, ma consapevole, sereno, calmo, preparato, persino sorridente. Ce lo ha dimostrato in questi ultimi tempi. Ho colto riflesso anche nei suoi cari qualcosa di quella pace.
Ho portato a Elena anche il pensiero degli amici che non hanno potuto venire. Ma eravamo tanti all'Archiginnasio. La Bologna della cultura e dell'umanità ha dato un saluto amichevole e autorevole a Pier, nella più bella semplicità e amicizia.
Pier aveva chiesto dieci minuti di silenzio (secondo il culto dei quaccheri, senza nominarli), che sono stati di intensa comunione fra i presenti, aperta a quel mondo di relazioni larghe, nel tempo e nello spazio, che Pier Cesare ha vissuto. L'amicizia è stata la preghiera che ha unito tutti, chi prega e chi non prega, chi prega in un modo e chi in un altro.
Come nel necrologio familiare, così oggi la figlia Caterina ha denunciato che è stato l'amianto respirato da giovane a Casale Monferrato, nel liceo vicino alla Eternit, che gli ha tolto il respiro, dopo tanto tempo. A Casale c'è una vera epidemia ancora in corso.
Tra i desideri di Pier Cesare per il suo commiato c'è anche che i suoi amici cattolici, se vogliono, possono ricordarlo in un'eucaristia, in una preghiera.
Come lui ha desiderato, siamo rimasti a lungo nel cortile incontrando in serena conversazione i tanti amici e conoscenti che lui morendo ha radunato.
Per me, quella di Pier è stata la morte di un sapiente, nel senso più sobrio e serio della parola. È un insegnamento per tutti, specialmente per chi di noi è più avanti nella scuola della vita. Gli ho posato un bacio sulla fronte, per dirgli grazie.
Qualcuno ha notato che oggi, 7 novembre, è il giorno anniversario della morte del “suo” Tolstoj.

Enrico Peyretti

 

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