Discriminazione razziale negli Stati Uniti e il movimento per i diritti civili
IL PROBLEMA
Nell’immediato dopoguerra uno dei problemi più scottanti negli Stati Uniti è quello della segregazione razziale. Bianchi e neri sono divisi in ogni attività quotidiana della società civile: si acquista in supermercati e negozi diversi, si mangia in ristoranti separati, si soggiorna in hotel distinti, le scuole sono diverse: bianchi e neri sono diversi, pertanto non possono stare insieme o, se stanno insieme, i neri devono comunque essere riverenti, portare rispetto ai bianchi e seguire certe regole.
ALCUNI FATTI
Uno degli attacchi più significativi sferrato a questo status quo parte dal sistema educativo: nella speranza che scuole per bianchi e per neri non vengano unificate, gli stati del sud, dove il problema è più sentito, investono, negli anni ‘50, somme ingenti per migliorare il livello di istruzione dei neri. Tali iniziative non servono comunque allo scopo prefissato, in quanto il movimento contro la segregazione nelle scuole parte da Washington per allargarsi poi a tutta la nazione.
La decisione emanata dalla Corte Suprema il 17 maggio 1954 nel caso Brown contro il Ministero dell’Istruzione resta una delle sentenze più significative del XX secolo; in quell’occasione viene dichiarato: "...nulla è più importante per la nostra democrazia della decisione unanime della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America che la segregazione razziale viola lo spirito della nostra costituzione."
Nonostante ciò molti degli stati del Sud perseverano nella pratica della segregazione razziale: pareva che il sistema avesse comunque il sopravvento. Ma un altro evento, non meno significativo, avviene il 1 dicembre 1955 quando la signora Rosa Parks di Montgomery, Alabama, si rifiuta di cedere il posto da lei occupato, su di un autobus extraurbano, ad un uomo bianco. Rosa Parks viene arrestata e accusata di aver violato una delle ordinanze sulla segregazione della città. In risposta a tale evento, un allora sconosciuto Martin Luther King organizza un boicottaggio pacifico delle autolinee di Montgomery, per protestare contro la segregazione razziale. La comunità di colore di Montgomery non prenderà gli autobus per spostarsi quotidianamente per ben 381 giorni. M.L.King viene arrestato in quell’occasione insieme ad altre 90 persone di colore con l’accusa di aver intralciato un servizio pubblico, King ricorre in appello e vince. Il 4 giugno 1956, una corte distrettuale degli Stati Uniti d’America emana la sentenza che la segregazione razziale sugli autobus di linea urbana è anticostituzionale. La resistenza pacifica del reverendo M.L.King e della comunità di Montgomery non solo aveva causato l’emanazione di quella sentenza, ma aveva anche dimostrato che il boicottaggio era un valido ed efficace strumento di lotta.
LA POSIZIONE DEGLI STATI UNITI NEGLI ANNI ‘60
Tuttavia, il non osteggiare una situazione di ingiustizia razziale diventa sempre più difficile in correlazione con la partecipazione degli Stati Uniti d’America -in realtà principali promotori- alla creazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, è particolarmente imbarazzante obiettare alle ingiustizie razziali di paesi di altri continenti, mentre, proprio negli Stati Uniti, si negano palesemente gli stessi diritti ai concittadini di colore. Ma non è questo l’unico motivo che pare accelerare il processo di desegregazione : a partire dal 1957 alcuni degli stati africani raggiungono l’indipendenza e ciò influenza notevolmente la gente di colore degli Stati Uniti che si identificano con le popolazioni africane e vivono con orgoglio questo mutato scenario politico a dimostrazione del fatto che la gente di colore è in grado di assumersi responsabilità ad alto livello.
Intorno agli anni’60 l’esigenza di far riconoscere i diritti civili di tutta la popolazione, senza discriminazioni, si fa sempre più sentita. Proprio in questi anni sia i partiti politici che le istituzioni religiose si battono in favore di tali principi, lentamente si modifica anche l’atteggiamento che i bianchi hanno contro la partecipazione dei cittadini di colore ad alcune attività in settori rilevanti della società. Così, in questi anni, aumenta la percentuale di professori universitari di colore, di stimati avvocati e giudici, di atleti famosi, di artisti e scrittori.
LA RESISTENZA PASSIVA
La linea di pensiero del reverendo Martin Luther King Junior arriva ormai ovunque ed è molto sentita e condivisa in tutta la nazione, il suo credo nel valore e nell’efficacia della resistenza passiva come forma di protesta sociale, spinge alla ribellione la maggior parte della popolazione di colore.
Nel 1960 a Greensboro, nella Carolina del nord, quattro studenti entrano in un supermercatino dove, dopo aver acquistato alcuni articoli, chiedono un caffé al banco, naturalmente la risposta è un netto rifiuto, come di consuetudine, ma loro se ne stanno lì, seduti, fino alla chiusura del negozio; nasce così il sit-in che diviene una forma efficace di protesta contro la segregazione e la discriminazione, basti pensare che immediatamente dopo questo avvenimento la tattica del sit-in viene adottata in ben 15 città di 5 stati del sud.
IL CIVIL RIGHTS ACT DEL 1964
Il movimento verso l’emancipazione della popolazione di colore viene sostenuto dal Presidente allora in carica, John Fitzgerald Kennedy, il quale, nell’aprile del ‘63, chiede al Congresso di emanare leggi che garantiscano ai cittadini uguale accesso ai servizi e alle strutture pubbliche e private, che non sia permessa la discriminazione nelle assunzioni da parte di imprese e istituzioni federali, e che il governo federale non fornisca alcun sostegno finanziario in programmi o attività che riguardino la discriminazione razziale.
Il messaggio del 19 giugno 1963 del presidente Kennedy alla nazione non ha solo un valore storico ma è una pietra miliare nel cammino degli Stati Uniti verso l’uguaglianza. Nel 1964, ad un anno dalla sua morte, il Civil Rights Act diviene legge.
Nell’aprile ‘63, M.L.King organizza una marcia di protesta di 40 giorni nella quale vengono arrestate più di 2500 persone di colore; le manifestazioni si moltiplicano su tutto il territorio degli Stati Uniti, a sud come a nord, ed hanno anche il risultato di attirare l’attenzione sui musulmani di colore (Black Muslims, Nation of Islam) i quali si dichiarano convinti che gli Stati Uniti non concederanno mai l’uguaglianza alla popolazione di colore, pertanto rifiutano ogni tipo di collaborazione dedicandosi allo sviluppo della loro cultura ed istituzioni.
Il 28 agosto del ‘63 vi è una marcia memorabile su Washington contro la discriminazione razziale alla quale partecipano tutte le maggiori associazioni di colore e non , studenti universitari, cittadini qualunque, star del cinema e della canzone, ministri; in quell’occasione ogni attività viene sospesa. L’America guarda l’avvenimento alla televisione, ma tutto il mondo ne viene a conoscenza tramite quotidiani e riviste.
Coloro che marciano a Washington vogliono sottolineare che credono fermamente nelle istituzioni democratiche e nella capacità del potere legislativo di far rispettare la giustizia, ma vogliono anche enfatizzare quanto sia importante la promulgazione del Civil Rights Act.
Quando il Presidente Kennedy viene assassinato il 22 novembre 1963 molti leaders del movimento nero temono che il cammino verso l’uguaglianza e la giustizia subirà un fase di arresto.
LA SITUAZIONE ALL’INDOMANI DEL CIVIL RIGHTS ACT
Nonostante questo fervore di giustizia e uguaglianza che percorre tutta la nazione restano dei notevoli impedimenti in tutti gli stati e a tutti i livelli al processo di desegregazione, tutto procede a passi molto lenti, dal settore dell’educazione a quello dell’occupazione, fino al gesto banale e quotidiano di bersi un caffé. Il tutto è reso più aspro e difficile dal fatto che, in maggiore misura dei bianchi, i neri vivono in estrema povertà; in una società dove l’abbondanza e il lusso imperano, i neri non trovano lavoro, diversamente dai loro coetanei bianchi. Buona parte della popolazione nera riceve sussidi sociali e vive nei ghetti in condizioni inumane, dove spesso l’unica attività possibile è la criminalità. Sebbene la violenza sia limitata e sia da considerarsi marginale, tuttavia persistono avvenimenti drammatici come assassinii e attentati non solo contro neri, ma anche a danno di quei bianchi che hanno fatta loro la lotta alla discriminazione. Organizzazioni quali il Ku Klux Klan o i meno noti White Citizens Councils (Comitati di cittadini bianchi) esistono e sono ancora attivi.
I BLACK MUSLIMS E MALCOLM X
Negli anni ‘60 il movimento di protesta dei neri si sviluppa a tal punto che Martin Luther King ne rappresenta solo una voce, sebbene predominante, rispetto ad altre.
I Black Muslims, un movimento sorto negli anni’30 ad opera di Wallace Fard, sostengono di essere originariamente figli dell’Islam e di avere come loro Dio Allah: se in nome di questa religione i neri americani si uniranno e svolgeranno un ruolo attivo in essa, riusciranno ad acquisire nuovamente il potere perso. I Black Muslims, convinti che la causa principale della discriminazione sia da imputare alla mancanza di potere economico da parte dei neri, cercano di favorire qualsiasi attività in proprio. Nel ‘64 Malcolm X è il leader più significativo del movimento ed il primo a parlare apertamente di Rivoluzione Nera. Lo stesso anno egli si stacca dal movimento per fondarne uno collaterale denominato Organization of Afro-American Unity (Organizzazione dell’unità afroamericana), neppure un anno dopo verrà assassinato. Sebbene Malcolm X abbia avuto una personalità e abbia professato un credo politico e religioso totalmente diverso da M.L.King, egli resta una figura di spicco del movimento nero, anche grazie alla sua autobiografia che ha notevolmente contribuito a renderlo famoso dopo la sua morte.
IL BLACK POWER E IL BLACK PANTHER PARTY
La delusione nelle istituzioni dei bianchi e nella lotta eterna alla discriminazione, spinge i musulmani neri a credere che la strada verso l’eguaglianza sia definitivamente sbarrata per loro; da qui nascono gli atteggiamenti di sfida agli Stati Uniti e alle loro istituzioni. Nasce così, nel 1966, con Stokely Carmichael, il Black Power (Potere Nero). Nella sua accezione più positiva il Potere Nero vuole promuovere l’autodeterminazione, il rispetto di sè e la piena partecipazione alle decisioni riguardanti i neri, Carmichael sostiene che solo il raggiungimento di questi ideali può obbligare i bianchi a trattare con i neri. In realtà questi gruppi associativi, così come la Rivoluzione Nera, sono dei movimenti nazionalisti che originariamente non inneggiano al rovesciamento del sistema politico, economico e sociale, ma che in seguito ne saranno coinvolti. Il più noto e diffuso di questi è il Black Panther Party, fondato nel ‘66 a Oakland, California, da Bobby Seale e Huey P.Newton. La denominazione per esteso del partito, Black Panther Party for Self-Defense, sta ad indicarne la funzione primaria: porre fine alle crudeltà della polizia bianca tramite la organizzazione di gruppi armati di autodifesa all’interno delle comunità nere. Il tutto risulterà in una guerriglia serrata con le forze dell’ordine.
VERSO GLI ANNI ‘70
Gli anni ‘66, ’67’e ‘68 vedono molte ribellioni violente causate dalle condizioni di vita nei ghetti: i neri vogliono un lavoro, case decenti e scuole migliori. Martin Luther King viene assassinato a Memphis il 4 aprile 1968, la sua scomparsa non è solo un evento storico drammatico e deprecabile che sembra indicare la fine di una ribellione non-violenta, ma mostrò, come nel caso dell’assassinio di J.F.Kennedy e del senatore Robert Kennedy, allora candidato alla presidenza, a quanto gli uomini potevano giungere per impedire che si realizassero quegli ideali di giustizia ed uguaglianza fondamentali per una società democratica. In quegli stessi anni l’ indagine Kerner, finanziata dal governo, rivela che il paese si sta dirigendo sempre di più verso due società distinte, separate e diseguali: quella dei bianchi e quella dei neri. I Black Muslims e il Black Power non vogliono l’integrazione pacifica, ma la distinzione netta, i neri non hanno trovato una valida alternativa alla violenza come mezzo per raggiungere dei giusti ideali e il senso di frustrazione che ne è derivato li conduce all’ostilità nei confronti delle istituzioni e del governo.
Il processo di desegregazione tuttavia procede incessantemente e con risultati positivi. Nell’arco di 20 anni (dal ‘50 al ‘70) molte cose sono cambiate per la gente di colore, il Civil Rights Act ha stabilito dei punti di riferimento inamovibili per la lotta all’uguaglianza e alle pari opportunità.
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