Chiese scusa ai sopravvissuti

Claude Eatherly, il pilota pentito di Hiroshima

Ecco la storia del pilota che, dopo lo sgancio della bomba atomica, non riuscì più a trovare la pace dell’anima. Famoso il suo carteggio con Günther Anders, il
grande filosofo tedesco che dedicò l'intera sua vita a lottare contro gli orrori di Auschwitz, di Hiroshima e di Nagasaki affinche' non potessero ripetersi mai
piu'.
9 agosto 2004
Redazione

In guerra aveva abbattuto già 33 aerei facendo carriera in un baleno: a 24 anni era già maggiore guadagnandosi la "Dinstinguished Flying Cross" (la decorazione più alta "per piloti vivi"). Venne pertanto scelto per la grande missione di Hiroshima. Gli consegnarono un Boeing 29. Il giorno dell'ora X era lui ad aprire la formazione. Sul suo apparecchio non c'erano bombe. Doveva solo individuare con la massima esattezza il bersaglio e stabilire se le condizioni del tempo permettevano di fare centro su Hiroshima o se era necessario continuare verso altri obiettivi.

Questo è il racconto del pilota Claude Eatherly: "Ho volato su Hiroshima per 15 minuti per studiare i gruppi di nuvole; Il vento le spingeva allontanandole dalla città. Mi pareva il tempo e il luogo ideale, così trasmisi il messaggio in codice e mi allontanai in fretta come mi era stato detto, ma non abbastanza. La potenza della bomba mi terrorizzò. Hiroshima era sparita dentro una nube gialla".

Claude Eatherly chiese di essere congedato. Si meravigliarono un po' tutti: come poteva bruciarsi un futuro pieno di promesse? Gli offersero 237 dollari di pensione al mese. Li rifiutò. Siccome rifiutare non è consentito dal regolamento, dispose che andassero a beneficio dell'associazione per le vedove dei caduti in guerra. Tornò nel Texas. Era nervoso, magro: non rideva più. La notte aveva gli incubi e si svegliava gridando "Gettatevi, gettatevi: arriva la nuvola gialla!". Quattro anni così. Per la moglie un vita d'inferno. Poi, nel 1950, i familiari lo convinsero a farsi ricoverare nell'ospedale psichiatrico di Waco.

Tra le tante lettere ricevute negli anni in cui era in ospedale, Eatherly ne lesse una scritta dal filosofo tedesco Günther Anders e decise di rispondergli. Lo scopo del filosofo era quello di aiutare il pilota ad uscire da lì.
Günther Anders consigliò poi a Eatherly di manifestare il suo pentimento nel giorno della memoria ad Hiroshima, facendo giungere lì una lettera di scuse e di partecipazione addolorata entro il 6 Agosto 1960. Eatherly era effettivamente sconvolto da ciò che aveva compiuto e arrivava a rivivere ogni 6 Agosto, il dramma che ha caratterizzato la sua vita. Dopo aver scritto la sua lettera, i cittadini di Hiroshima gli risposero dicendo che anche lui era stato una vittima della bomba. Riappacificatosi con Hiroshima, Eatherly si sentì sollevato e iniziò nuovamente a vivere, sebbene restando in ospedale, dove morì qualche anno dopo.

Il carteggio fra Anders e Eatherly è su Internet all'indirizzo:
http://www.presentepassato.it/Dossier/900barbaro/hiroshima4_eatherly_anders.htm

Dopo quell'esperienza Günther Anders ha scritto, Der Mann auf der Brueke. Tagebuch aus Hiroshima und Nagasaki, apparso col titolo "Essere o non essere. Diario di Hiroshima e Nagasaki", Einaudi, Torino 1961 (con in appendice le Tesi sull'eta' atomica).

Altro titolo: Güenther Anders e Claude Eatherly, Il pilota di Hiroshima, ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, Linea d'Ombra, Milano 1992.

Ha scritto Anders: "Il 6 agosto 1945, giorno di Hiroshima, è cominciata una nuova era: l'era in cui possiamo trasformare in qualunque momento ogni luogo, anzi la terra intera, in un'altra Hiroshima. Da quel giorno siamo onnipotenti in modo negativo".

Note: Altri piloti non si pentirono. E' il caso di Tibbets che lanciò la bomba su Hiroshima: "Personalmente non ho rimorsi. Mi fu detto - come si ordina a un soldato - di fare una certa cosa. E non parlatemi del numero delle persone uccise. Non sono stato io a volere la morte di nessuno. Guardiamo in faccia alla realtà: quando si combatte, si combatte per vincere, usando tutti i metodi a disposizione. Non mi posi un problema morale: feci quello che mi avevano ordinato di fare. Nelle stesse condizioni lo rifarei."

Il co-pilota del bombardiere "Bockstar" che sganciò la seconda atomica su Nagasaki (un italo-americano con origini toscane) ha detto: "Non mi sono mai pentito di aver buttato la bomba su Nagasaki, obiettivo su cui abbiamo ripiegato non avendo potuto radere al suolo Kokura. Solo un secondo prima di sganciarla ho pensato che stavamo per uccidere vecchi, donne, bambini. Poi mi sono venuti in mente quei bambini e quelle donne giapponesi che andavano incontro ai soldati americani con bastoncini avvelenati nascosti per ucciderli. No, non mi dispiace aver tirato la bomba. Anche perché con questa operazione abbiamo fatto finire la seconda guerra mondiale. Senza l'atomica forse oggi molti bambini americani non ci sarebbero: in caso d'invasione del Giappone i loro nonni sarebbero morti e i loro padri non sarebbero mai nati. E quindi nemmeno loro sarebbero nati". Sono le parole del pilota Fred J. Olivi; la sua testimonianza è su http://www.quotidianiespresso.it/iltirreno/speciali/emigranti/racconti/16.html

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