L'analisi dei "tre pacifismi" del primo Novecento nelle parole di un nazionalista

Enrico Corradini: un discorso del 1913 contro il pacifismo

"Dovere essenziale del nazionalismo è la formazione d'una coscienza guerresca da opporre alla coscienza pacifista".
12 settembre 2004
Documento storico

Chi era Enrico Corradini
Nato a S. Miniatello nel 1865 e morto nel 1931 a Roma.

Uomo politico e scrittore. Sostenitore della guerra libica, aderì poi al fascismo.

Fu esponente nazionalista e intellettuale vissuto a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento. Insieme a Pareto, Prezzolini e Papini fondo' e diresse la rivista il "REGNO" e divenne uno dei leader della corrente nazionalista, fondando nel 1910 l'Associazione Nazionalista Italiana, che ebbe un ruolo determinante per l'inizio della gloriosa impresa libica, con la quale l'Italia si impadroni' della Libia, di Rodi e del Dodecaneso. Nel 1911 con Alfredo Rocco ( futuro ministro fascista della giustizia) e Luigi Federzoni ( futuro capo del Partito Nazionalista Italiano) fondo' "L'Idea Nazionale". Corradini aderi', anche al fascismo, pur mantenendosi in una posizione marginale. Tra i suoi scritti si ricordano "Nazionalismo e Democrazia", "Il Nazionalismo Italiano", e "La riforma politica dell'Europa". Sostenne una politica espansionistica e imperialistica, dichiarando che il vero contrasto non era quello tra classi, ma tra paesi ricchi e paesi poveri, tra "nazioni capitaliste" e "nazioni proletarie", cioè con un'eccedenza di popolazione rispetto alle risorse economiche. Perciò l'Italia si doveva contrapporre alle democrazie occidentali, accrescendo la sua aggressività politico-militare e indirizzando le masse verso obiettivi "imperiali".

Fonte: http://www.an-montelupo.it/Enrico%20Corradini.html
L'essenza del nazionalismo italiano, signore e signori, consiste nel combattere la triplice pacifista.
Tolgo subito i possibili malintesi, spiegandomi.
La triplice pacifista è la collaborazione di tre pacifismi allo stesso compito.
Ma prima una parola. Se io, subito dopo una guerra dell'Italia e due in Europa seguito a combattere il pacifismo, voi penserete: "Che cosa vuole costui? Non è contento ancora? Che esagerazione davvero in questo momento!"

Ascoltatemi sino in fondo e giudicherete.
Venendo dunque ai tre pacifismi, il primo è di origine vetusta e si nutre ancora di rugiade nel regno dei cieli. E' il pacifismo idealista della borghesia colta e cosmopolita dell'Europa contemporanea. Per questo signori borghesi l'ideale della pace è la conseguenza logica di altri due ideali logici; il primo, che tutto si possa sistemare con la ragione; secondo, che si possa sistemare l'unione de popoli. Sistemata questa, la guerra fu.
Il pietismo umanitario fomenta il pacifismo idealista. Un principio, quello che la vita umana è sacra, lo sostiene. E' superfluo aggiungere che in fondo al principio teorico ed etico c'è, o signore e signori, un deposito d'atavica poltronaggine. Per mezzo, cioè, del pacifismo la borghesia colta idealizza, teorizza, eticizza, mi si passino i brutti verbi, estetizza il suo stato d'animo che è di astrazione dalla realtà e di rammollimento di decadenza.
E veniamo al secondo pacifismo.
Questo si nutre di cose più solide ed è il pacifismo di classe, o meglio della lotta di classe. E' il pacifismo socialista. Cioè, quel pacifismo internazionale di cui il socialismo ha bisogno per avere le mani più libere a menare la lotta di classe nazionale. Il socialismo vuole la lotta nazionale e vuole disfare l'unione nazionale; ma siccome ogni azione politica ha bisogno d'idee, d'ideali, di teorie, d'etiche e d'estetiche, il socialismo prende ciò dal suo dabbene avversario, la borghesia. Così anch'esso sospira verso la pace e s'intenerisce per l'unione de' popoli; ma non dice che lo fa per la guerra in casa e la disunione in famiglia. Il pacifismo socialista sta al pacifismo borghese come un furbo a un imbecille.
E c'è finalmente il terzo pacifismo, un pacifismo da noi poco conosciuto sino agli ultimi di settembre dell'anno scorso. E' il pacifismo plutocratico che la guerra libica prima, la guerra balcanica poi trassero dall'ombra alla luce. E' il pacifismo degli uomini d'affari, dei mercanti, dei banchieri, degli impresarii, di quelli che hanno le "concessioni" dai governi degli Stati. E' il pacifismo che vuole la pace per paura che la guerra danneggi gli affari. E' il pacifismo che si fonda sul principio "l'affare è sacro ed è la più importante cosa del mondo", come il pacifismo borghese si fonda sul principio "la vita dell'individuo è sacra ed è la più importante cosa del mondo", e come il pacifismo socialista si fonda sul principio "la lotta di classe è sacra ed è la cosa più importante del mondo". La più importante cosa del mondo era per il pacifismo plutocratico lo statu quo dell'Impero ottomano, campo opimo d'affari. Una guerra d'una nazione europea contro la Turchia era per il pacifismo plutocratico un cattivo affare.
Quando noi movemmo guerra alla Turchia per la Tripolitania, gli affari uscirono dai penetrali dove lavorano, e ci si avventarono contro. E quando stava per scoppiare la guerra balcanica, si videro gli uomini di governo delle nazioni plutocratiche, cioè, degli Stati che hanno una maggior somma di affari di loro cittadini da tutelare, si videro far di tutto per impedirla. E quando fu scoppiata, per troncarla il più presto possibile. Il ministro della nazione più plutocratica, il signor Poincaré, passerà alla storia come agitato e non seguito promotore d'interventi e di conferenze. L'Europa plutocratica cessò, quando vide la guerra spazzar via la Turchia e collocare al suo posto i quattro alleati balcanici. L'Europa allora pensò che anche con questi successori ed eredi avrebbe potuto far buoni affari; lasciò quindi correre la guerra e la Turchia brutalmente fu abbandonata al suo destino, come prima era brutalmente protetta.
Il denaro ora permetteva alla mezzacroce di divorare la mezzaluna.
Orbene, questi tre pacifismi, il pacifismo degli affari che non vogliono essere disturbati, il pacifismo della lotta di classe che vuole operare sola nel mondo, il pacifismo della borghesia idealista che vuole sistemare il genere umano sopra una legge di tenerezza, collaborano fra di loro, come dissi in principio, ed è naturale. Poco importa se con un patto di alleanza o senza, ma è una vera triplice di collaborazione.
Dovere essenziale del nazionalismo è la formazione d'una coscienza guerresca da opporre alla coscienza pacifista. E parlando così, o signore e signori, parlando così non intendiamo di celebrare la guerra come un capitano di ventura del Medioevo.
Intendiamo di riconoscere che la guerra è, come la pace, necessaria e salutare nel mondo. Intendiamo di riconoscere che il mondo si conserva e si sviluppa per azioni di guerra e per azioni di pace concatenate insieme, e che senza questa alterna catena il mondo morirebbe; morrebbe di morte violenta con la guerra sola, morrebbe di sfinimento con la sola pace.

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