Soldato morto, altra indagine
Chi, o cosa ha ucciso Lorenzo Miccoli? A dieci anni didistanza, la morte del giovane soldato di leva di Fragagnano resta ancora avvolta nel mistero. La dolorosa vicenda giudiziaria si trascina oramai da quel drammatico 2 marzo del 1995. Oggi, a dieci anni di distanza, il sostituto procuratore del tribunale Pesaro, Valeria Cigliola, dopo l'ennesima denuncia presentata dalla famiglia della vittima, ha chiesto la riapertura del caso e sta valutando l'ipotesi di procedere anche alla riesumazione del corpo.
In tutti questi anni a tenere alta l'attenzione sul caso sono stati i genitori del soldato di Fragagnano, papà Francesco e mamma Giusy Miccoli; sostenuti anche dal resto della famiglia. «In nome della veritàci siamo rovinati. Sono finito in mano agli usurai per pagare avvocati, periti e spese legali», racconta dolorosamente il padre di Lorenzo. L'uomo, che di mestiere faceva il costruttore e, nel suo campo, era anche molto apprezzato, ha mollato tutto per inseguire la verità. «Ho venduto le proprietà di famìglia e mi sono indebitato fino al collo, ma non mi fermo. Ho fede in Dio e se c'è Dio la verità prima o poi verrà a galla. Mi è rimasta solo una casa in campagna da cui non riuscirò mai a separarmi. L'ho costruita insieme a Lorenzo e ricordo che lui preferiva aitarmi piuttosto che andare a giocare con gli amici». Francesco Miccoli, sostenuto dalle relazioni dei periti di parte (il tossicologo Roberto Gagliano Candela e l'infettivologo Pierfancesco Grima) è convinto che il figlio non sia morto per le complicazioni di un'epatite killer, come riporta il referto dell'ospedale, ma sia stato ucciso. «Mio figlio è stato ricoverato in quello che oramai tutti chiamano l'ospedale degli orrori. Nello stesso reparto dove portarono il mio Lorenzo - racconta Miccoli - hanno accertato che tra il '97 eil '98 morirono 9 persone e per questo il primario è stato indagato per omicidio colposo». Il militare di leva di Fragagnano, in servizio presso il 28° Reggimento di Pesaro, venne ricoverato per una sospetta leucemia acuta linfoblastica di tipo pre-B, a febbraio del 1995 nella divisione di Ematologia dell'ospedale «San Salvatore» di Pesaro, diretto dal professor Guido Lucarelli. Secondo il racconto del padre, Lorenzo contattò la famiglia il 6 febbraio, per comunicàre la notizia del ricovero. «Immediatamente partimmo da Fragagnano per raggiungerlo.
Volevamo accertarci delle sue condizioni. Quando arrivammo a Pesaro era debole, impaurito. Il professor Lucarelli - prosegue Francesco Miccoli - ci rassicurò e disse che si trattava di una forma blanda di leucemia che si sarebbe risolta con una cura adeguata. Ma poco dopo, in un colloquio a tu per tu, un altro medico del reparto, il professor Costante Delfini, ci disse che la situazione era grave e che sarebbe precipitata di lì a poco. Cosa che poi effettivamente fu". Pochi giorni dopo quel colloquio Lorenzo Miccoli entrò in coma e morì. "Mio figlio, prima di entrare in coma, mi disse che gli avevano fatto qualcosa al braccio, un'iniezione. Ma nessuno ha mai accertato che cosa ci fosse in quel flacone. Fatto sta che, dopo qualche ora, il valore delle transaminasi di Lorenzo passò da 40 a 25000. Mio figlio è morto perché il fegato è esploso".
Il calvario della famiglia Miccoli inizia nell'inverno del 1995. Tre anni dopo arriva la prima batosta. Il padre del ragazzo sostiene in alcune denunce che al figlio sia stato iniettato un trattamento chemioterapico in dose eccessiva. La magistratura di Pesaro apre un caso e lo archivia poco dopo. Un anno dopo, nel 1999, la storia si ripete. La famiglia Miccoli insiste. Vuole conoscere la verità. Per sostenere la famiglia e continue spese legalida capogiro, il fratello di Lorenzo rinuncia agli studi a 12 anni e va a lavorare come muratore. «Se vado avanti in questa battaglia è anche grazie a Cataldo» dice il padre. Nel frattempo tutta la storia di Lorenzo Miccoli finisce sul web in un sito (http://www.laveritadelsoldatolorenzomiccoli.it) che racconta la cronaca di quei drammatici fatti. Qualche giorno fa, finalmente, a Fragagnano arriva una buona notizia. Il pm Valeria Cigliola, su richiesta dell'avvocato della famiglia Miccoli, Francesca Conte, ha riaperto il caso. Il consulente di parte della famiglia ha anche avanzato !'ipotesi di una riesumazione del corpo. Il tribunale ha nominato un perito che dovrà stabilire ora se è il caso o meno di procedere. In attesa di conoscere quale sarà l'iter giudiziario, nel registro degli indagati sono stati iscritti in cinque: tre medici del reparto «degli orrori» come lo definisce il padre di Lorenzo, e due medici militari. «Fino a quando il Signore mi darà la forza, io andrò avanti per la mia strada. In nome di mio figlio, e per tutti quelli che hanno trovato la morte come lui, devo sapere se c'è stata volontà di uccidere, imperizia o negligenza. Lorenzo era un soldato, morto in tempo di pace. È giusto che io porti avanti la sua battaglia».
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