Se a Taranto ci rifilassero il Vesuvio
All'attenzione di Antonio Biella
Direttore del Corriere del Giorno
Gentile Direttore,
ho letto il suo articolo "Rigassificatore: 775 metri di follia" in cui vengono più volte evidenziati quei 775 metri che separerebbero il rigassificatore di Taranto dal primo serbatoio dell'Agip. "Insomma – Lei scrive – se un incidente (improbabile quanto volete, ma non impossibile) facesse saltare in aria 280mila metri cubi di gas, lì, a 775 metri di distanza, prenderebbero fuoco milioni di metri cubi di benzina. Taranto, coi suoi duecentomila tarantini, farebbe la fine di Pompei".
Mi ha colpito, gentile direttore, questo paragone fra Taranto e Pompei. Mi ha colpito perché il Vesuvio – se fosse trasferibile da Napoli a Taranto – ce lo verrebbero a rifilare con tanto di propaganda e parere favorevole di questo o quel Comitato Tecnico Locale. "Ma come, non volete il Vesuvio vicino?", ci rimbrotterebbero in malo modo dall'alto. "Siete i soliti prevenuti, non sapete che può portare ricchezza e posti di lavoro. Per un po' di rischio in più non fate gli schizzinosi!" E sono sicuro che se Prodi venisse a Taranto e Bersani bersagliasse di telefonate Florido allora anche i Ds locali cambierebbero idea – così come hanno fatto sul rigassificatore (all'inizio erano "naturalmente contrari") - e ci presenterebbero il Vesuvio come una cosa da considerare "in modo laico" e "senza ideologismo pregiudiziali". Insomma, si potrebbe fare, "sempre tenendo conto della sicurezza della popolazione". Ovviamente, mica sono pazzi. Penserebbero solo al nostro bene e alla possibilità di avere la nostra città con un bel Vesuvio fumante della cartolina "Tanti saluti da Taranto".
E così, se ce ne stessimo zitti zitti si potrebbe trasferire il Vesuvio da Napoli a Taranto grazie ai buoni servigi di quei maestri del trasformismo che riescono a presentare – con un abile gioco di illusionismo - le fregature in opportunità.
Ma perché fare questa tiritera surreale sul Vesuvio? Perché il Vesuvio che ci vogliono trasferire è il rigassificatore di Brindisi: ciò che è un pericolo per Brindisi non lo è più per Taranto.
Se Legambiente a Brindisi è decisamente contraria, invece a Taranto invece discute, valuta, analizza, si interroga.
Gentile Direttore, non occorre essere degli scienziati per capire che tutta questa musica è stonata. Non occorre scomodare la sociologia per capire che su Taranto è in corso un esperimento sociale e politico. La città viene considerata come una portatrice di handicap che si può stuprare, tanto non parla, non protesta e non avverte dolore. Almeno così pensano alcuni nel Palazzo. Gentile Direttore, tutto questo non ha nulla di normale, non ha nulla di accettabile: è solamente terribile. Stanno verificando lo stato di minorità mentale degli indigeni. Ma da quello che vedo e che sento, è vero che siamo frastornati dalla crisi ma non siamo completamente rimbecilliti. Nella mia scuola ho fatto circolare una petizione contro il rigassificatore. L'hanno firmata nove docenti su dieci. E anche per la strada, ovunque capiti, percepisci il malumore dei tarantini. I quali, con tutti i loro difetti, hanno pur sempre quella riserva di buon senso che li pone una spanna al di sopra dei politicanti che sarebbero sempre disposti ad accogliere... il Vesuvio.
Un cordiale saluto
Alessandro Marescotti
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